Del rapporto fra informazione e potere ci siamo occupati varie volte, mettendo in evidenza l’inclinazione degli uomini di potere di utilizzare i mezzi di comunicazione di massa per fini propri e la disponibilità di molti giornalisti di farsi utilizzare. Se non si ha schiena dritta e capacità di resistere alle sirene molto convincenti del potere, la stampa cessa di essere il mezzo attraverso cui la società civile controlla il potere stesso e diventa semplicemente un “porta voce”. Anzi, in molti casi il giornalista si trasforma in promotore di consenso. E più potente è il mezzo che utilizza, più forte è il potere di persuasione nei confronti di cittadini che non sempre hanno mezzi adeguati di analisi e di critica della realtà.
Siamo l’unico paese in cui il Presidente del Consiglio dei Ministri è proprietario direttamente di tre televisioni nazionali e indirettamente delle altre tre, di numerosi giornali e riviste, di canali radio e di intrattenimento. Una singolare anomalia, inconcepibile in qualsiasi altra democrazia occidentale. Eppure questo fatto è visto da molti come naturale.
Purtroppo questa tesi è talmente diffusa, che anche in ambito locale è passata ormai la teoria che i mezzi di comunicazione di massa debbano essere a disposizione del potere. Con i soldi dei cittadini vengono comprate intere pagine di giornali per pubblicare quella che un po’ ipocritamente viene definita come “informazione istituzionale”. Si realizza così un duplice interesse: quello dell’amministrazione politica di avere una vetrina in cui esporre idee, progetti e realizzazioni, quello della testata giornalistica di avere una fonte di entrata certa.
Però, quello che apparentemente potrebbe essere motivo di orgoglio, col tempo rischia di diventare una trappola. Gradualmente si perde capacità di critica e la realtà non è più quella che i fatti raccontano, ma solo quella che la narrazione politica vuole fare emergere.
Arrivati a un certo punto non è neppure necessario che il politico intervenga direttamente. Il giornalista segue lo schema indicato con diligente disciplina.
Qualcosa di simile sta avvenendo a Chiari e i fatti emersi negli ultimi giorni, ci danno un esempio di cosa voglia significare la parola “commistione” (leggi qui).
Il fatto è assolutamente inaudito. Forse siamo l’unico posto al mondo in cui il “diritto di replica” è a pagamento.