venerdì 11 settembre 2015

Piccola Atene

Chiari - Centro Storico
  • Dimmi Eumolpo come definiremmo dei pubblici amministratori che promettono di costruire una scuola e poi non la realizzano? Li definiremmo  buoni amministratori o cattivi amministratori?
  • Di certo cattivi amministratori.
  • E pubblici amministratori che dicono di voler costruire un teatro dove i cittadini possano assistere alle opere dei nostri grandi poeti e i giovani possano riunirsi per discutere liberamente  dei problemi della città come li definiremmo.
  • Sicuramente ottimi amministratori.
  • Anche se poi quel teatro non lo costruiscono e anzi distruggono il vecchio e anticipano al costruttore un milione di dracme che appartengono al tesoro della città? Anche in questo caso li definiremmo buoni amministratori?
  • Oh no Enotrio, sarebbero dei pessimi amministratori, non solo da biasimare ma anche da sanzionare severamente per aver dissipato senza costrutto il denaro dei cittadini.
  • E come definiremmo o Eumolpo quegli amministratori che fomentano la folla riguardo la sicurezza della città, affermando che i cittadini non sono sicuri neppure nelle loro case e che ci vuole una nuova caserma per vigilare su malviventi e criminali? Come definiremmo costoro se poi la caserma non la costruissero? Li definiremmo degni di fede?
  • Di certo no. Li definiremmo mestatori inaffidabili. 
    Simposio greco
  • E come chiameremmo quegli amministratori che invece di mettere a posto le strade con giudizio le realizzano con prezioso materiale lapideo che per la pioggia e il continuo passaggio di carri si disconnette e lascia buche che sono voragini? 
  • Li chiameremmo sicuramente incoscienti e poco accorti.
  • E ora dimmi Eumolpo, perché quegli stessi amministratori oggi vogliono insegnarci come si amministra al meglio la città e gridano e strepitano perché i nuovi amministratori stanno facendo esattamente quello che hanno promesso ai cittadini?
  • Perché, caro Enotrio, all’impudenza umana non c’è mai limite.

domenica 6 settembre 2015

O ci salviamo assieme o periremo tutti

Mi chiedo cosa succederà quando l'emozione per la morte del povero Aylan scemerà e tutti saremo presi dai nostri piccoli grandi problemi che ci faranno dimenticare che là fuori c’è un mondo in subbuglio. In questi giorni la morte di quel bambino e le sue immagini terribili ci hanno a tal punto scosso che siamo stati costretti a prendere atto del dramma che si svolgeva sotto i nostri occhi, ma che facevamo di tutto per non vederlo. 
Le immagini hanno la capacità di suscitare emozioni e spesso arrivano dove le parole non ce la fanno. Noi possiamo riempire enciclopedie di parole, possiamo scrivere libri, articoli su giornali, post su siti e blog. Eppure i problemi non ci prendono perché le parole, solo quelle, non riescono a creare la necessaria empatia che ci faccia dire “questo problema è anche mio”. 


Le immagini, quelle sì. Specie se sono immagini vere, cioè immagini che riprendono la pura realtà, quelle che raccontano la storia mentre si sta svolgendo, immagini che non hanno bisogno di artifizi per rappresentare quello che vogliono rappresentare.

L’emozione passerà, ma i problemi continueranno ad assillarci. Saranno talmente duri che faremo di tutto per stornarli da noi. Ci prenderà il timore di non riuscire a governali e forse avranno la meglio i fomentatori di paura, quelli che hanno buon gioco a dire “vedete che avevamo ragione ad avvertirvi che non esiste altra via se non quella di alzare muri?  Siamo due mondi incompatibili: noi la civiltà, loro la barbarie”. 
Siamo a un momento di passaggio. L’umanità è su una barca malferma che fa fatica ad andare e imbarca acqua. O ci salviamo assieme o periremo tutti. Non c’è altra soluzione.

venerdì 4 settembre 2015

Un bambino che scuote le coscienze del mondo

Alcuni si sono chiesti perché l'immagine di un bambino morto su una spiaggia della Turchia ci abbia così commosso sino a scuotere profondamente le nostre coscienze. Perché quella foto e non tante altre che abbiamo visto in questi anni  dove erano pur ritratti bambini morti.
Ci sono delle foto che hanno una forza che dura nel tempo perché sono emblematiche di una situazione, un evento, una storia. Chi non ricorda la bimba che fugge nuda ai bombardamenti al napalm in Vietnam. 


Basta quella immagine per ricordarci quegli eventi drammatici. Quella immagine ha una forza che è più potente di tutti i morti patiti da vietnamiti e americani. Resterà per sempre fissa nella nostra memoria, come il bambino con le mani alzate in un campo di sterminio nazista.
L’immagine di Aylan rimarrà impressa nella nostra memoria perché ognuno di noi ha visto in lui suo figlio, suo nipote. Quel corpicino sbattuto dalle onde ha avuto la capacità di scuoterci dal nostro torpore, di urlare alle nostre coscienze il dramma vissuto da milioni di profughi che stanno abbandonando terre martoriate da guerre, fame, indigenza. 


La sua postura - riverso quasi stesse dormendo - ci ha richiamato alla mente immagini familiari, di bambini che dormono sereni nel letto di casa. Non per nulla un artista l’ha ritratto nella stessa postura, ma in un letto, con giocattoli luminescenti che scendono dal soffitto. 
Tutti abbiamo sentito un moto di protezione verso un bambino che protezione purtroppo non ha ricevuto. Suo papà aveva fatto richiesta di asilo al Canada dove già dimorava la sorella, ma la risposta è stata “no”. Un “no” gridato da molti in Europa, un “no” dettato da paura, dal timore di dover fare i conti con una umanità disperata che turba le nostre vite tranquille e protette.



Un gesto di gentilezza Aylan l’ha avuto dalla guardia turca che l’ha trovato sulla spiaggia di Bodrum. La delicatezza con cui ha sollevato quel piccolo corpo esanime, ci fa dire che la compassione non ci ha abbandonato del tutto e che gesti di “pietas” sono ancora possibili in un mondo in cui sembra smarrita persino la speranza.

giovedì 3 settembre 2015

Tutti colpevoli


Quando vedo un bambino di tre anni sbattuto dalle onde in una spiaggia di Bodrum, mi viene da dire che tutti siamo colpevoli di quella morte. 
TUTTI! 
Di quella morte come della morte di migliaia di bambini a Gaza, in Siria, in Mali, in Somalia, in Congo, in Nigeria. Ovunque una giovane vita viene spenta a causa di guerre o inedia, allora lì ognuno di noi è chiamato a risponderne. Non c’è destra né sinistra, ricco o povero, nord o sud. Tutti siamo responsabili di quelle morti e se c’è un Dio ne risponderemo nel giorno del supremo giudizio e se non c’è ne risponderemo davanti alla storia.



mercoledì 2 settembre 2015

Quei migranti che alimentano le nostre paure

La Lega non vuole i migranti.
Nessuno penso li voglia. Nessuno penso possa essere felice che centinaia di migliaia di persone abbandonino le loro case, le loro città, i loro paesi per fuggire dalla guerra, dalla fame, da una situazione economica disperata.
Eppure i migranti sono qui da noi.  Dire “non li voglio” è un desiderio e nulla più. Non serve girare la testa dall’altra parte, alzare muri, rinchiudersi nelle proprie case, chiamarli “clandestini” per esorcizzarli. 
Quando vediamo persone rinchiuse in valige o nel vano motore di una macchina, allora possiamo capire che il desiderio di fuga da una situazione insostenibile è troppo forte per essere arrestato. L’hanno perfino capito quei capi di Stato che fino a ieri dicevano che il problema profughi era un problema dell’Italia.

Migrante nascosto nel vano motore di una macchina
Il fatto di non volere i migranti non ha impedito agli stessi, nel tempo in cui governava la Lega, di venire in Italia - dall’Albania, dal Marocco, dalla Romania. Non lo ha impedito la Bossi-Fini né tanto meno il reato di clandestinità.
Negli anni di governo della Lega a Chiari gli stranieri sono passati da 1342 a 3242 (anni 2004 - 2011).  Nei due anni successivi questo numero è di certo aumentato. Erano tutti regolari? No, la maggior parte di essi era costituita da cosiddetti “clandestini”. Sono stati rimpatriati? No, sono rimasti qui, hanno trovato un lavoro, sono stati regolarizzati, si sono integrati e ora fanno parte a tutti gli effetti della nostra comunità.
Eppure nei giorni e nei mesi scorsi i rappresentanti della Lega hanno fatto le piazzate per quattro, dico quattro profughi che sono stati ospitati a Chiari da una cooperativa. 
Sono state inscenate manifestazioni, gazebo, blocchi di cascina e altre amenità del genere. Intere ore di Consiglio Comunale sono state dedicate a questo tema, per non parlare dei fiumi di parole che si sono sprecati su Facebook e altri social network.
Come mai 1900 “clandestini” passano inosservati mentre si governa e 4 profughi sono additati come un pericolo estremo quando si sta all’opposizione? Non è una esagerazione per non dire una idiozia? Certo che lo è, ma tutti siamo lì a parlarne come fosse problema serio, anzi il problema principale della nostra città. 

Sbarco di migranti

Siamo così preoccupati da questa situazione che ci affrettiamo a dire che Chiari non ha le strutture per ospitare dei profughi. Non ha le strutture?  Se non fossimo presi dalla paura di perdere qualche voto, se evitassimo di dare credito ai soliti stupidi fomentatori di paure, allora le strutture le troveremmo e potremmo dare accoglienza non a quattro, ma a quaranta profughi. Se solo avessimo coraggio.

Qualche giorno fa il filosofo Zygmunt Bauman affermava: «Questi migranti, non per scelta ma per atroce destino, ci ricordano quanto vulnerabili siano le nostre vite e il nostro benessere. Purtroppo è nell’istinto umano addossare la colpa alle vittime delle sventure del mondo. E così, anche se siamo assolutamente impotenti a imbrigliare le estreme dinamiche della globalizzazione, ci riduciamo a scaricare la nostra rabbia su quelli che arrivano, per alleviare la nostra umiliante incapacità di resistere alla precarietà della nostra società. E nel frattempo alcuni politici o aspiranti tali, il cui unico pensiero sono i voti che prenderanno alle prossime elezioni, continuano a speculare su queste ansie collettive, nonostante sappiano benissimo che non potranno mai mantenere le loro promesseL’umanità è in crisi. E l’unica via di uscita da questa crisi catastrofica sarà una nuova solidarietà tra gli umani»

Molti dei migranti sono bambini