Visualizzazione post con etichetta Eleca. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Eleca. Mostra tutti i post

domenica 14 ottobre 2012

Requiescat in pace


Vicenda Polo della Cultura - Eleca chiede il Concordato Preventivo

La vicenda del Polo della Cultura è tutt’altro che chiusa. Siamo invece arrivati al punto che abbiamo sempre paventato e che mette la Giunta Mazzatorta in profondo imbarazzo. La Eleca Spa il contraente dell’operazione da 20 milioni di euro che avrebbe dovuto offrire “a Chiari il più importante e suggestivo contenitore culturale degli ultimi 50 anni”, ha presentato domanda di concordato preventivo, stremata al pari di altre aziende del settore da una crisi che sembra non  finire mai.
Se “pietra tombale” deve essere posta, la si deve mettere alla progettualità di questo Sindaco e di questa Giunta, caratterizzata da superficialità e pressapochismo.  Altro che piagnucolare sui modi “a dir poco scorretti” dell’opposizione!  Qui se c’è uno che è stato scorretto quello è stato il Sindaco Sandro Mazzatorta. E non glielo dice “un povero cristo” che scrive su un piccolo blog,  glielo ha detto in sede più prestigiosa il principale esponente della sua stessa maggioranza, salito ora a più alti incarichi. Sì, parliamo di Massimo Ghilardi che in una drammatica riunione del Consiglio Comunale di Chiari ebbe a dire “Andammo alle elezioni con un progetto morto, consapevoli che ci portavamo appresso un cadavere” . E poi “Mi sarei aspettato che il responsabile, cioè il Sindaco, facesse un passo avanti e si assumesse la responsabilità di quello che è, a tutti gli effetti, un fallimento politico”.  Parole pesanti come macigni che ci fanno intendere di chi sia effettivamente la responsabilità di questa sciagurata operazione. Altro che  “operazione fallita  a causa dei problemi incontrati dalla società di Cantù” ! 
Sede della Eleca di Cantù

Oggi i principali artefici di questo capolavoro, sostenuti dai soliti megafoni, cercano delle scusanti, nel vano tentativo che questo disastro di natura economica e politica e le relative responsabilità siano stornati dalle loro teste.
E allora ascoltiamo attoniti l’accorato lamento del Sindaco che dice “Quando incontri sulla tua strada una società che presenta carte ottime, ma che poi nel retrobottega conserva cattive sorprese, ci si può fare ben poco. Certamente la crisi ha pesato, ma poi evidentemente Eleca ci ha tenuti all´oscuro di elementi di fragilità che diversamente ci avrebbero spinto altrove” (Brescia Oggi 10/10/2012). 
Ma te pensa..! E chi era che frequentava quel “retrobottega” ? Eleca non era forse quell’azienda, tanto decantata dal sior Sindaco,  disposta a investire a Chiari la bella cifra di 17 milioni di euro?  Eleca non era quella azienda strutturata in più  divisioni operative per offrire quello che  si definisce servizio “chiavi in mano”? Eleca non era quell’azienda, affiliata alla Compagnia delle Opere, che ha lavorato per Regione Lombardia, Ferrovie Nord, Velodromo di Montichiari, Palazzo del Ghiaccio di Courmayeur, Stadio delle Alpi di Torino, Complesso Immobiliare Ripamonti di Milano ecc. ecc. ? Tutti progetti prestigiosi che non potevano certo essere portati a termine da un’azienducola qualsiasi. Come mai ora esce questa storia  che la “Eleca ci ha tenuti all´oscuro di elementi di fragilità che diversamente ci avrebbero spinto altrove”?  Si vuole con questo affermare che c’è stato dolo da parte del contraente e che le responsabilità del fallimento del Polo della Cultura sono da attribuire  esclusivamente ad Eleca, i cui presunti  elementi di fragilità sono stati tenuti nascosti?
Il cantiere del Polo della Cultura

E no, non ce la potete venire a raccontare così. Voi eravate perfettamente al corrente delle potenzialità della Eleca Spa, alla quale avete chiesto di confezionare un progetto da 20 milioni di euro che ha triplicato i volumi previsti dal progetto Caputo. Per realizzare questa bella speculazione edilizia e commerciale, avete concesso al contraente ogni beneficio possibile e immaginabile, di cui abbiamo più e più volte parlato (leggi qui). Eppure il progetto è saltato.
Sì c’entra la crisi, ma la crisi non spiega tutto. Forse sarebbe il caso che qualcuno finalmente ci venisse a spiegare chi stava dietro quella Fiduciaria Svizzera che deteneva di fatto il capitale della Eleca Chiari Srl.  E’ vero o non è vero che l’impalcatura ha incominciato a scricchilare nel momento in cui questo “piccolo” particolare è diventato di pubblico dominio ? 
Questa del Polo della Cultura di Chiari è come un gioco degli specchi, in cui le immagini dei protagonisti  si riflettono e si rimandano  in un alternarsi continuo di scenari cangianti. Esistono protagonisti ed esistono comprimari.  E se il protagonista principale e quindi il maggior responsabile è il nostro Sindaco, vi sono anche comprimari che via via hanno assunto un ruolo di primo piano.  Parliamo dell’Architetto Aldo Maifreni, responsabile primo dell’abbattimento del Cinema Teatro Comunale e collaboratore stretto di Mazzatorta in tutta la vicenda.  A sentire le sue parole “la fideiussione è stata firmata con la società assicurativa Elvethia che garantirà il pagamento anche in caso di insolvenza della società messa in liquidazione”,  viene da sbellicarsi dalle risate.  Maifreni è quello delle frasi famose. E’ sua per esempio la perla delle rotonde realizzate “in prezioso materiale lapideo”.  Come per le rotonde fatte e rifatte, anche questa della fideiussione sarà l’ennesima bufala. Non solo non tutela il Comune da ogni rischio di insolvenza, ma è stata attivata per un importo di poco superiore ai 400 mila euro, a fronte di 1,5 milioni sborsati dal Comune e senza contare il valore del Cinema Comunale.
L'ex Cinema Teatro Comunale in fase di demolizione

I nostri amministratori pensano che l’avvio della procedura concorsuale li metta al riparo da ulteriori sorprese? Si sbagliano di grosso!
Non c’è niente da fare questa vicenda del Polo della Cultura è nata male e si sta concludendo anche peggio. Quello che doveva essere un faro luminoso acceso sulla sonnolenta Chiari, si è tramutato nel tempo in un lumino da cimitero. D’altra parte la vicenda ha sempre richiamato immagini raccapriccianti: progetto morto, cadavere da tumulare e ora, per finire, pietra tombale. Requiescat in pace e amen.

martedì 28 settembre 2010

Paralipomeni del Polo della Cultura

Ho letto con attenzione il ricorso al Tar presentato da Eleca e sono rimasto estasiato dai livelli cui può arrivare la prosa forense. 
Al di là comunque dei termini eruditi (note prodromiche ne è solo un esempio), il ricorso è stato presentato per dichiarare  l’inefficacia” della nota  con la quale il Comune ha rigettato in data 09.07.2010 la domanda di revisione del Piano Economico Finanziario (P.E.F.) e ha disposto unilateralmente la risoluzione del contratto. 
Esso dice  cose che possono precisare alcuni dei punti ancora poco chiari di tutta la vicenda.
Innanzitutto il perché Eleca abbia deciso di rinunciare a questa commessa, nonostante i larghi benefici offerti dal Sindaco e dalla sua Giunta. E’ uno dei capi di difesa di Mazzatorta. Se Eleca ha rinunciato, significa che non è vero quanto sempre affermato dai rappresentati del Pd.  Cioè non è vero che ad Eleca sono stati concessi larghi benefici, è vero semmai l‘incontrario.
Ora a parte che la Convenzione è lì a testimoniare che alla controparte i larghi benefici sono stati concessi al di là di ogni ragionevole decenza, il ricorso  dice una cosa che a me pare illuminante. In esso infatti è affermato che a seguito della presentazione dei ricorsi giudiziali da parte dei proprietari confinanti, le banche hanno ritenuto che quell’investimento fosse a rischio e pertanto non hanno aderito a una ulteriore richiesta di allargamento delle linee di credito.

Esiste un rapporto di causa-effetto fra ricorsi giudiziali e atteggiamento più intransigente delle banche nei confronti di Eleca? Sarei più propenso ad affermare che esistono più cause. Certamente i ricorsi dei proprietari confinanti devono aver allarmato le banche, ma deve averle preoccupate anche la spinosa questione  della  proprietà di Eleca Chiari Srl  passata di fatto nelle mani di una società anonima svizzera, questione ormai divenuta di pubblico dominio. La faccenda  più importante   riguardava però gli aspetti finanziari del progetto. Per portare avanti  il piano occorrevano ingenti capitali. I maggiori costi derivanti dalle prescrizioni dei Vigili del Fuoco richiedevano ulteriori finanziamenti che le banche  non erano più disposte a concedere. A crisi di sistema ormai scoppiata, risultava difficile credere in un ritorno abbastanza rapido del capitale investito.
Il traccheggiamento di Eleca, da marzo 2009 a dicembre dello stesso anno, ha avuto il solo  scopo di far trascorrere i due anni necessari per chiedere la revisione del Piano Economico Finanziario, così come previsto dalla Convenzione. Insomma, per iniziare i lavori, la società chiedeva altri 2 milioni di euro (esattamente 1 milione e 935 mila euro).  L’Amministrazione Comunale, dopo aver deliberato in un primo momento di accordare ad Eleca altri  960 mila euro, successivamente ritorna sui suoi passi.
Quale è il motivo di questo ripensamento? La pressione dell’opinione pubblica che forse non avrebbe capito perché  per un auditorium del valore di 1 milioni e 300 mila euro si andava a spendere la bella somma di 1 milione e 960 mila euro più il resto? Oppure la presa d’atto del definitivo fallimento del progetto? 
Sta di fatto che a gennaio 2010 le due parti si incontrano e decidono di abbandonare il progetto seguendo la strada di un accordo bonario.
La strada però risulta subito accidentata, perché grande è la distanza fra l’importo richiesto da Eleca e quello riconosciuto dal Comune.
Si è ormai allo stallo e la partita viene giocata a botte di reciproche intimazioni e recriminazioni, senza riuscire a trovare un’ apprezzabile soluzione.
L’Amministrazione Comunale con due lettere inviate in aprile e maggio 2010 chiede inspiegabilmente a Eleca di riprendere i lavori. Ciò avviene subito dopo che gli Uffici Comunali entrano misteriosamente in  possesso dell’originale della garanzia fideiussoria prestata da Eleca. Infine il 9 luglio 2010, viene rigettata la domanda di revisione del PEF e si procede alla risoluzione del  contratto. A questa iniziativa segue in agosto l’occupazione coatta del cantiere che decreta il definitivo affondamento del progetto.

Il ricorso al Tar da parte di Eleca ha un chiaro intento: quello di far dichiarare l’inefficacia della nota del 9.7.2010 del Comune e quindi l’improponibilità dell’escussione  presso la società assicuratrice Helvetia della garanzia di 1 milione e mezzo di euro. Non siamo ancora al processo civile, ma il ricorso ha lo stesso un valore rilevante.
Se il Tar dovesse dichiarare legittima la posizione dell‘Amministrazione Comunale, la stessa potrebbe chiedere il pagamento della fideiussione con conseguente grave pregiudizio per Eleca, chiamata a corrispondere a Helvetia la somma richiesta dal Comune. Eleca a questo punto rischierebbe il dissesto finanziario e quindi il fallimento.
Alcune domande sono d’obbligo:
- perché il Comune, subito dopo l’apertura del cantiere, non ha preteso l’avvio immediato dei lavori
- Perché, di fronte all’atteggiamento attendista di Eleca, non ha subito messo in mora la società?
- Perché ha avviato un procedimento di accordo bonario con Eleca per poi disattenderlo senza una precisa ragione?
- Eleca accusa il Comune di aver fatto “affermazioni gravemente mendaci” e che è stato prodotto un presunto verbale della riunione del 29.01.2010 per Eleca mai sottoscritto dai suoi rappresentati e privo di numero di protocollo. E’ vero quanto afferma Eleca?
- Perché Eleca, a fronte della inadempienza del Comune di  provvedere al riequilibrio dei costi già approvati (per 960 mila euro), non ha provveduto, subito dopo il dicembre 2009, a impugnare di fronte al Tar la Delibera di Giunta 2/2009? 
- Perché Eleca usa la frase “confidando nella buona fede del Comune…”, locuzione del tutto impropria nel mondo degli affari?  
- Perché Eleca ha consegnato al Comune l’originale della fideiussione proprio nel momento in cui si stava per aprire il contenzioso?  Lo ha fatto nella convinzione che quella garanzia non sarebbe mai stata attivata in quanto c’era stata  promessa di pervenire a un accordo bonario?

Come si vede, più si va avanti più questa vicenda apre nuovi scenari del tutto imprevedibili. E siamo solo all’inizio, anzi, ai prodromi.


lunedì 31 maggio 2010

Tangenziale nord

Sottopasso via Brescia
Collegherà le tangenziali nord ed est
Il Giornale di Brescia di mercoledì 12 maggio ci informava che ci sono buone notizie per la tangenziale nord.
Del valore economico di 4 milioni di euro, l’opera verrà progettata e costruita dal Comune di Chiari, ma finanziata completamente dalla Bre.Be.Mi. secondo criteri stabiliti in apposita convenzione.
I pagamenti verranno effettuati in relazione allo stato avanzamento lavori e cioè:
- il 10% all’atto della sottoscrizione della convenzione;
- il 25% in fase di avvio dei lavori;
- un altro 25% quando l’opera sarà eseguita al 50%;
- il saldo (40%) a collaudo definitivo.
Vi prego di fare attenzione a questi dati e di volerli confrontare con quelli stabiliti nella convenzione stipulata fra Comune ed Eleca per la costruzione del cosiddetto Polo della Cultura. Qui sta scritto:
Il Concedente (Comune) corrisponderà al Concessionario (Eleca) un contributo pubblico a fondo perduto di 1.000.000 di euro una tantum che verrà erogato secondo le seguenti modalità e precisamente:
- il 50% entro e non oltre 6 mesi dalla firma della presente convenzione;
- il rimanente 50% a saldo entro i successivi 6 mesi.

Nulla si dice di apertura del cantiere, di stato avanzamento lavori, di collaudo definitivo. Si dà una paccata di soldi pubblici a una società privata e questo è tutto. Di clausole di salvaguardia, neppure l’ombra, di pagamenti da effettuarsi secondo l’andamento dei lavori neanche a parlarne.
Voi direte, “avremo sicuramente in mano una fidejussione che ci possa garantire in caso di inadempienza”. Certo, la fidejussione era prevista in convenzione, ma i nostri pubblici amministratori, accidenti, si sono “dimenticati” di acquisirla in originale. Scusate, non è che uno può pensare a tutto, eh! Ora parlano di escuterla. Si spera almeno che siano riusciti ad acquisire l’originale della garanzia, altrimenti ti saluto!

In questi giorni in Comune si sta esaminando attentamente la bozza di Convenzione con Bre.Be.Mi., messa punto da Bre.Be.Mi. I nostri pubblici amministratori hanno già fatto sapere che sarà un esame scientifico, cioè come al solito accurato e severo, essendo intenzionati a controllare tutte le clausole del contratto. E che caspita, non è che ti siedi, ti mettono la penna in mano e tu firmi senza controllare! Qui si controlla tutto e se c’è qualcosa che non va, fosse una virgola, non si firma. Parola di Sindaco.

domenica 10 gennaio 2010

Amnesia


Poichè è già stata pubblicata sotto il titolo "Il Senatore e la sede della Fiamme Gialle", riporto una mia lettera indirizzata al Giornale di Chiari :


Caro Direttore,
voglio ringraziarla per aver pubblicato l’interrogazione parlamentare presentata dal Sen. Sandro Mazzatorta in ordine alla nota questione della caserma della Guardia di Finanza di Chiari.
Il fatto ci fa capire, al di là di ogni ragionevole dubbio, quanto importante sia avere un Sindaco Senatore che rappresenta per la nostra realtà un vero e proprio “valore aggiunto”. Egli, nonostante gli impegni di un gravoso lavoro parlamentare che l’ha visto protagonista di una “illuminata” legislazione in materia di immigrazione, ha sentito come suo preciso dovere quello di difendere gli interessi della nostra cittadina dalle “oscure trame” della pretenziosa Rovato.
Per far capire quanto fosse assurda e improponibile una diversa localizzazione del Comando della Guardia di Finanza, forse sarebbe bastato affermare semplicemente che esso è a Chiari da sempre e che spostarlo a Rovato significherebbe solo spreco di tempo e di denari pubblici.
Il nostro Sindaco Senatore invece non si è accontentato di questo e ha pensato giusto evidenziare un fatto che ha a che vedere con la morale e con l’alta missione istituzionale affidata alla Guardia di Finanza. Egli chiede al Ministro su per giù questo: come fa un Corpo dello Stato, che ha come missione il controllo fiscale, a occupare una caserma costruita a Rovato da una società detenuta in passato al 95% da una “Limited Liability Company” del Delaware, poi da una società – la Real Estate Inc - del Wyoming, entrambi Stati degli USA dove società di questo tipo sono esenti da imposte sugli utili, ma soprattutto sono “opache, ossia il nome dei soci non viene mai reso pubblico?”
Caspita, che interrogativo!
Forse nel momento in cui redigeva la sua interrogazione il nostro Sen. Sindaco ha avuto un momento di amnesia. Forse si è dimenticato che la stessa cosa, se non peggio, sta avvenendo a Chiari con la Eleca, la società che 8 mesi fa ha aperto un cantiere per la costruzione del cosiddetto Polo della Cultura e che ancora non ha messo su un mattone, sebbene le abbiamo già dato la bella sommetta di 1milione di euro e gli introiti dei parcheggi a pagamento a partire dal dicembre 2007.
Per chi ancora non conoscesse la questione, la riassumo brevemente.
Per la costruzione del cosiddetto Polo della Cultura (ex Cinema Comunale) il Comune di Chiari stipula una convenzione con Eleca Spa di Cantù. A distanza di qualche mese si istituisce una nuova società la Eleca Chiari Srl che diventa il nuovo contraente del Comune. Passano pochi mesi e il 60% del capitale di Eleca Chiari Srl viene ceduto alla Jolly Immobiliare Spa di Milano. Questa è detenuta all’88,40% da Sole Alto S.A. con sede in Svizzera.
La società Sole Alto S.A. che è di fatto la vera contraente del Comune nell’affare Polo della Cultura è una società anonima, una società “opaca”, una società di cui non conosceremo mai i soci perchè nascosti dietro un discreto velo fiduciario. Questi soci occulti hanno di fatto incassato e incasseranno i nostri soldi: il milione di cui ho parlato prima, il corrispettivo dei parcheggi a pagamento per i prossimi 30 anni e tutte le facilitazioni offerte a piene mani dal Comune.
Al Sindaco è stato più volte chiesto di chiarire chi sta dietro la Sole Alto, ma le risposte sono state sempre evasive. Anzi ambienti a lui vicini hanno chiarito che “ai cittadini di Chiari non deve interessare dove vanno i soldi dei parcheggi... perchè un sindaco non è tenuto a sapere cosa fa un’azienda privata... perchè questo è il mercato”.
Ora siccome il mercato è lo stesso a Chiari come a Rovato, in Svizzera come nel Wyoming, non riesco a capire perchè il Sen. Sindaco si scandalizzi per i fatti di Rovato, ma nulla ha da eccepire sui fatti ben più gravi di Chiari. Perchè sollevi una questione di opportunità per il fatto che l’edificazione della Caserma a Rovato sia proposta dalla Real Estate Int. Srl, società di diritto italiano di cui è nota la proprietà, mentre nulla obietta allorchè la maggioranza del capitale della Eleca Chiari Srl passa in mano a una società anonima di diritto svizzero il cui capitale è in mano a soci il cui nome non verrà mai reso pubblico.
Abbiamo come l’impressione che l’andare avanti e indietro da Roma stia creando nel nostro Sindaco uno sdoppiamento di personalità. Cioè combatte a Roma esattamente quello che fa lui a Chiari.
Ora, piuttosto che muovere guerra a Rovato con argomentazioni poco sostenibili e per una questione che in campagna elettorale davanti a un vasto uditorio ha definito un’emerita “bufala”, forse sarebbe meglio adoperarsi per rassicurare il Comando Provinciale in ordine alla sistemazione della Caserma di Chiari per renderla più adeguata alle esigenze della Guardia di Finanza.
Grazie per la cortesia.

Enzo Maragucci