mercoledì 14 luglio 2010

Polo della Cultura: un cadavere da tumulare

Il Consigliere Comunale
Massimo Ghilardi
“Andammo alle elezioni con un progetto morto, consapevoli che ci portavamo appresso un cadavere” . Queste parole, pronunciate dal Consigliere Comunale del Pdl Massimo Ghilardi in relazione al Polo della Cultura, fanno giustizia di tutta la montagna di falsità che si è costruita attorno a questo progetto. Fiore all’occhiello della Giunta Mazzatorta, sintesi più alta della sua sedicente capacità progettuale, punto focale del programma elettorale del Sindaco, alla fine si rivela per quello che è: un vero e proprio cadavere da tumulare.
L’avesse pronunciata un rappresentante della minoranza, sarebbe stato tacciato di faziosità e indicato al pubblico disprezzo. Esposta da un rappresentante autorevole della maggioranza, rappresenta una dichiarazione di fallimento di tutta una politica.
La requisitoria del Consigliere Ghilardi (che avrebbe potuto essere detta da un rappresentante della minoranza, in quanto ne ricalca in modo puntuale tutti i temi sin qui esposti su questo progetto), viene pronunciata in una seduta di Consiglio Comunale, riunito per discutere su una richiesta dell’opposizione di costituire una Commissione Consiliare d’indagine sul Polo della Cultura.
Il sen.Sindaco
Avv. Sandro Mazzatorta
Essa, oltre a indicare precise responsabilità politiche nella figura del Senatore Sindaco, cerca di marcare precise distanze da questo progetto: “Mi sarei aspettato che il responsabile, cioè il Sindaco, facesse un passo avanti e si assumesse la responsabilità di quello che è, a tutti gli effetti, un fallimento politico. Se non lo farà, lascerà a noi il peso di questa testardaggine. Io non posso accettare di vedermi addossare la stessa identica responsabilità che ha il Sindaco. Io non accetto questa chiamata di correità”.
Parole pesanti, che fanno capire come all’interno dell’Amministrazione Comunale si sia aperta una vera e propria “redde rationem”, una resa dei conti finale il cui esito non è per nulla scontato.
Ormai siamo alla lotta feroce anche all’interno degli stessi partiti. E se la Lega per bocca dei suoi rappresentanti fa muro attorno al Sindaco, all’interno del Pdl si scatena la bagarre fra Ghilardi e Seneci, accusato quest’ultimo di essere caduto nell’astuta rete tesa dal Sindaco che ha affidato proprio al Pdl la delega per la realizzazione del Polo della Cultura: “il sindaco assegnò a Seneci il compito di tumulare il cadavere, perchè era appunto un progetto morto”.
Ma il tentativo di marcare le distanze risulta abbastanza difficile da realizzare. Se il primo responsabile è il Sindaco, nessuno può chiamarsi fuori, perchè come dice Moretti “su questo argomento se mancava un assessore non si decideva nulla. Si aspettava di essere al completo e si decideva all’interno di un assise plenaria” .
Come si uscirà da questo “cul de sac”? Nessuno lo sa di preciso, anche se il rischio è quello che sul cadavere del Polo della Cultura si giochi la solita sporca partita delle poltrone. Il Pdl è consapevole della debolezza attuale del sindaco. Oggi egli non si può più permettere il bel gesto fatto nel 2007. La retorica dell’uomo del fare che non si piega ai bizantinismi dei politicanti questa volta ci sarà risparmiata. Egli oggi è Senatore della Repubblica e sa benissimo che eventuali sue dimissioni costituirebbero un grosso problema per la sua carriera politica. Il Pdl quindi, forzando un po’ la mano, potrebbe riuscire a imporgli un rimpasto di giunta, per portare a casa qualche assessorato che, ne siamo sicuri, farebbe di colpo passare il mal di pancia a molti soggetti.
Il cantiere del Polo della Cultura
Questo è uno dei motivi per cui i rappresentanti del Pdl non hanno votato per la costituzione della Commissione Consiliare d’inchiesta, dichiarando nei fatti che il pronunciamento aveva altri scopi che non quello di mettere il Sindaco di fronte alle sue responsabilità.
Questi è abbastanza scaltro da capire il gioco e accettare un simile ricatto. Un male minore, un salvacondotto per uscire dall’angolo in cui si è ficcato. Per il resto, non mancherà certo la capacità retorica di addossare al “nemico” (il Pd, Lorini, la Marella, il Lupo Mannaro) la responsabilità di questo suo clamoroso fallimento. D’altra parte il Sindaco stesso, in pieno Consiglio, ne ha dato un ampio assaggio quando ha inveito in modo violento e disgustoso, non contro Ghilardi che lo aveva attaccato e accusato pesantemente, ma contro Lorini, reo su questo argomento, di averlo tenuto costantemente sulla corda e di aver sistematicamente messo in evidenza le innumerevoli contraddizioni di questo progetto, finalmente riconosciute ufficialmente anche dalla maggioranza.
Egli ha ribadito il concetto che la politica è sangue e merda. E dove c’è sangue e merda la morale si lascia da parte e per andare avanti e per tenere stretta la “cadrega”, si possono tranquillamente utilizzare in modo sistematico menzogne e falsità, come quella di raccontare la bella favola di un grandioso progetto che doveva dare a Chiari il più importante e suggestivo contenitore degli ultimi 50 anni e che era invece semplicemente un cadavere, buono solo per essere tumulato.



giovedì 8 luglio 2010

Crescere ad arte

Laura Fiorini
 Le esperienze vissute dai ragazzi delle scuole primarie Turla e Pedersoli e narrate da Laura Fiorini nel suo bel libro “Crescere ad arte”, devono essere state sicuramente entusiasmanti.
In questo saggio, presentato al Salone Internazionale del Libro di Torino 2010 e a Chiari presso la Fondazione Morcelli-Repossi, l’autrice ci conduce in un percorso che prima che didattico è emozionale. L’intento è quello di imparare ad accostarsi all’opera d’arte per conoscerla, interpretarla e viverla. Quest’esperienza non solo ha fornito ai ragazzi apporti educativi duraturi, ma più di ogni altra cosa ha generato in loro benessere e piacere.
La strada per arrivare a questo è stata complessa e ha avuto bisogno di una base scientifica solida e meditata.
Tutto parte all’interno delle classi dove si scoprono gli elementi del linguaggio figurativo.
Ogni dipinto ti osserva e ti attira e poi svela e accende i tuoi pensieri”. Questa è l’idea che hanno i ragazzi quando l’immagine ha smesso di essere una forma muta ed è invece diventata qualcosa con cui dialogare, uno spazio e un tempo dove entrare per capirne i più intimi significati.
Le opere analizzate sono capolavori della nostra arte: la Venere di Urbino di Tiziano, la Primavera del Botticelli, l’Annunciazione di Leonardo, il Tondo Doni di Michelangelo, ecc.
Dopo l’osservazione attenta del quadro, emergono domande a cui seguono risposte immediate e poi idee e concetti. Ma per creare un nesso emotivo con l’opera d’arte occorre qualcosa che la richiami e la trattenga nella mente. Questo qualcosa è il dettaglio, il particolare.
E’ questa la parte più interessante del saggio. Qui vengono proposte le opere prodotte dai ragazzi attraverso l’elaborazione mentale del colore, la scomposizione degli elementi dei quadri, la loro ricomposizione in nuove produzioni che danno il senso di una capacità cognitiva e creativa non banale.
A questo lavoro preparatorio, segue la visita al museo e il contatto visivo con l’opera d’arte che genera sempre sorpresa e stupore inaspettati. Vi è un desiderio di vicinanza (prossemica), quasi un’aspirazione a entrare nel quadro, “luogo reale e magico di tutte le possibilità”.
Molto suggestivo è il capitolo dedicato all’arte dal rifiuto. Opere realizzate dai ragazzi con l’uso di materiali di consumo quotidiano. E’ sorprendente vedere i risultati che si possono raggiungere con materiali di scarto (bottiglie, forchette, bicchieri e tappi di plastica o di sughero). L’oggetto d’indagine qui è la statua, con la sua forma, le sue geometrie, le linee direttrici al suo interno, la sua tridimensionalità che cattura e trattiene la luce. Alcune realizzazioni, come il Galata morente o Paolina Bonaparte, dimostrano un’approfondita indagine estetica e psicologica del personaggio e una capacità realizzativa straordinarie.
Alla fine di questo percorso, quando tutto è stato interiorizzato, i bambini diventano loro stessi statue, imitandone i movimenti e le posture, le tensioni e gli abbandoni. E’ un metodo che consente di conoscere le potenzialità del proprio corpo e la forza delle emozioni, creando al tempo stesso un rapporto di cooperazione e fiducia fra i ragazzi. E’ la premessa perchè l’arte diventi azione teatrale. Quindi non più rappresentazione del corpo, ma corpo stesso che si fa arte.
Bel libro. Libro che suggerirei non solo agli insegnanti per tutte le informazioni che esso fornisce sulla didattica e i rapporti con i ragazzi, ma anche a chi vuole accostarsi all’arte in modo del tutto nuovo, vale a dire lontano da metodi esclusivamente informativi e descrittivi.

lunedì 5 luglio 2010

Logica e politica

Pretendere dai nostri politici e pubblici amministratori una logica nei loro atti, è cosa del tutto auspicabile, ma difficilmente realizzabile.
rappresentanti Acsu
Prendiamo ad esempio la questione Acsu, vale a dire le ronde padane di Chiari.
Da questo blog, mesi addietro, avevamo sollevato la questione dell’occupazione, da parte di questi “osservatori”, di un distaccamento di Polizia Locale, dietro l’autorizzazione del Sindaco Senatore e il sostanziale nulla osta del Comandante dei Vigili Urbani. Secondo il nostro giudizio l’occupazione era del tutto illegittima perchè contraria nella lettera e nella sostanza al Decreto Maroni dell’8 agosto 2009 che ne regola la materia.
Che la questione da noi sollevata non fosse peregrina, è testimoniato anche dalla presentazione di un’interrogazione parlamentare da parte del Senatore Guido Galperti del PD(clicca).
La risposta a questa interrogazione(clicca) è arrivata, con i tempi “rapidissimi” del nostro Parlamento, alcuni giorni fa. Risponde il Sottosegretario di Stato Michelino Davico da Bra, manco a farlo apposta rappresentante della Lega Nord.
Sottosegretario di Stato
Michelino Davico
La risposta è quanto di più inutile si possa immaginare e degna di un personaggio passato d’un sol colpo da assessore al Turismo di Bra a Senatore e poi Sottosegretario di Stato del IV Governo Berlusconi. Infatti, invece di entrare nel merito delle questioni sollevate, il Sottosegretario si limita a fare una cronistoria dell’accaduto secondo uno schema probabilmente dettato dal nostro Sindaco Senatore. Essa ha tuttavia il “pregio” di raggiungere alti livelli di esilarante comicità nel punto in cui sta scritto: “L’uso del predetto immobile è stato concesso per due ore settimanali, a condizione che venisse impiegato per le riunioni associative del venerdì sera e ne fosse consentito l’utilizzo anche al Corpo di Polizia Locale e alla Polizia Ferroviaria”. Grandioso!
Facciamo un’ipotesi. Domani costituisco una ronda democratica e dopo averne avuto autorizzazione secondo la normativa in vigore, mi premuro di chiedere l’uso della sede dei Carabinieri per le nostre riunioni associative che si svolgono di solito il giovedì sera, direttamente al Comandante della Compagnia di Chiari dell’Arma e per conoscenza al Sindaco. Aggiungo anche che per gli altri giorni della settimana potremmo presenziare nei locali della Compagnia in orari vari a seconda della disponibilità dei nostri volontari. Poichè sono certo che la mia richiesta verrà accolta, concludo la mia lettera restando in attesa di avere una copia della chiave di accesso alla Caserma e porgo distinti saluti. Cosa pensate che succeda? Pensate forse che il Sindaco dia la sua autorizzazione? Che il Comandante della Compagnia si precipiti a consegnarmi le chiavi del suo Comando? Nessuno con un po’ di ragionevole buon senso in zucca lo può pensare. Eppure a Chiari questo è avvenuto, con l’autorizzazione del Senatore Sindaco, col “nulla osta” del Comandante dei Vigili, col beneplacito “a posteriori” del Sottosegretario di Stato al Ministero dell’Interno Michelino Davico da Bra e contraddicendo la stessa legge votata dal centro destra e voluta fortissimamente dalla Lega. L'auspicio è che la Magistratura, alla quale abbiamo presentato l'esposto, intervenga per evitare che l'interpretazione leghista della gestione del bene pubblico diventi una prassi costantemente impunita.

venerdì 2 luglio 2010

Le buone ragioni

La manifestazione di sabato 26 giugno sul Polo della Cultura è partita con uno slogan Idee in cammino – Camminiamo per dimostrare le nostre ragioni”. Organizzata da un Comitato di cittadini presenti in partiti, associazioni e sindacati aveva come obiettivo quello di chiedere la liberazione di Chiari dal cantiere del Polo della Cultura. Per qualche commentatore la manifestazione è stata un flop? Pochi politici, pochissimi cittadini, ammesso che questa distinzione abbia un senso, poca partecipazione.
Eppure il tema non è di poco conto. Si tratta della struttura che doveva costituire il fiore all’occhiello di questa amministrazione, il sugello della sua politica amministrativa, la sintesi di cosa voglia dire “la politica del fare”.
La politica del fare invece si è disfatta e delle tante promesse roboanti e straordinarie sono rimaste in gobba ai clarensi un mucchio di soldi spesi per il niente, un cantiere aperto ormai da 16 mesi che crea disagi infiniti ai residenti e problemi al traffico e un possibile contenzioso con il concessionario che può costare molto caro.
Quindi problemi reali, problemi ancora sul tappeto, problemi che se anche vogliamo girare la testa dall’altra parte ce li troviamo sempre in mezzo, come le rotonde scassate o il museo della città mai finito.
 Dice: “ma voi sapete solo protestare?” . Chi afferma questo non tiene conto di quello che sulla specifica materia è stato detto in particolare dal PD, non tiene conto delle proposte alternative fatte in piena campagna elettorale, non tiene conto che protestare per una cosa che non convince costituisce l’essenza della democrazia. Solo i sudditi accettano supinamente quello che decide il potere. I cittadini, se non sono d’accordo, manifestano la loro contrarietà, esprimono il loro dissenso nelle forme e nei modi consentiti.
Nel caso specifico si è voluto inaugurare un metodo che per noi è inconsueto, ma non lo è per l’opinione pubblica americana, per esempio. “Camminare” appunto “per dimostrare le proprie ragioni”. Con un cartello in mano, con una frase che è una richiesta, un appunto, uno sberleffo. In America si vedono spesso poche persone, i cosiddetti “sandwich men” che protestano davanti alla Casa Bianca. Mai nessuno ha avuto niente da ridire. Anzi quell’atto di protesta quasi individuale viene assunto come il sommo della democrazia: il singolo cittadino che si oppone con le armi della pacifica protesta alla forza del potere. Non si creda che sia cosa facile, impugnare un cartello e metterci sotto la propria faccia. E’ un fatto che ci mette in vista, che ci espone alla pubblica approvazione, ma anche al pubblico biasimo. E’ un atto che ci può causare del male.
Quindi non mi meraviglio che dietro queste forme di protesta non ci siano le folle. E’ molto più facile mugugnare, brontolare, lagnarsi per le tante cose che non vanno, ma molto più difficile dare un senso politico (brrr.. che brutte parole!) alla propria protesta.
Per avere le folle non sempre bastano le buone ragioni.