mercoledì 2 novembre 2011

PD a corrente alternata


Ultimamente sembra che l’occupazione principale di molti rappresentanti del Partito Democratico sia quella di dividersi in correnti. Certo, la parola corrente non è mai usata, si preferisce parlare di componenti o centri di iniziative politiche e culturali, di fondazioni. Appare chiaro però che queste componenti, centri o fondazioni che siano, sono i modi attraverso cui il partito cerca di organizzarsi  in correnti. Lo capisce anche un bambino.
Qualcuno ne ha contate ben 17, numero che potrebbe far impallidire quello in cui era divisa la defunta Democrazia Cristiana.
Ora se tutto questo darsi da fare fosse indirizzato a rendere più forte e democratico il partito, forse non ci sarebbe molto da dire. Un grande partito è un monolito solo nei regimi autoritari e forse neanche in quelli. Diciamo che all’interno di un grande partito ci sono diverse sensibilità che è bene che si esprimano perchè costituiscono una ricchezza.
I problemi sorgono quando queste correnti nascono  dall’incapacità di avere un progetto unitario e condiviso. Perchè il problema di fondo che deve risolvere il PD è proprio questo: esiste un progetto unitario e condiviso a cui tutte le componenti fanno riferimento?
Sicuramente questo progetto non può essere l’antiberlusconismo, per il semplice motivo che venendo meno Berlusconi (prima o poi) verrebbe anche meno la necessità e l’interesse a stare insieme.
Sicuramente non può essere la gestione del potere, perchè questo sarebbe in contraddizione con l’esigenza per cui è nato il PD, cioè la necessità di avere un partito che rompa i vecchi schemi partitici del 20° secolo e affronti in modo completamente nuovo le sfide che si stanno aprendo. E queste sfide sono quelle che riguardano la terza rivoluzione industriale che è alle porte, riguardano un nuovo modo di comunicare, riguardano il rapporto fra partito e cittadini.
Rinchiudersi in ghetti all’interno dei quali sentirsi appagati e protetti, è il modo peggiore per affrontare queste sfide. Restare all’interno del proprio recinto, scrutando con fare torvo e minaccioso chi sta oltre la palizzata, aspettando il momento giusto per impallinarlo, non rappresenta ciò per cui milioni di persone hanno speso il loro tempo per costruire il PD, non solo attraverso le primarie, ma anche e soprattutto con un lavoro giornaliero e appassionato nei circoli e nei vari ambiti di partito.
Mi sembra che molto spesso si giudichino le persone non per quello che hanno da dire e possono fare, ma per come sono schierate in campo. E’ un modo miope di ragionare. La domanda da porre non è “dove ti collochi?” ma piuttosto “quali sono le tue idee, quali sono le tue proposte?”. Se si ragiona sui problemi, forse ci accorgeremo che non siamo poi così distanti. E in ogni caso, per le cose che ci dividono, si attua la sana regola della democrazia, dove la maggioranza fa valere la sua proposta e quella si porta avanti unitariamente, facendo salvo il diritto di critica all’interno del partito. 
Rompiamo gli steccati che sono ancora in piedi, abbandoniamo i nostri recinti e cerchiamo di guardare un po’ più lontano. Anche perchè il partito è esso stesso “parte” e non c’è certo bisogno di ulteriori frazionamenti. Le micro distinzioni per cui ogni giorno uno sente la necessità di creare un micro gruppo, non hanno ragione di essere.  Il Paese è andato allo sfascio per questa mania della distinzione ad ogni costo.
Oggi la tecnologia ci offre possibilità prima impensabili. Innanzitutto di comunicazione. E noi questa comunicazione la dobbiamo utilizzare non solo per affermare il nostro pensiero, ma anche per capire il pensiero degli altri.
Il PD può svolgere appieno la sua funzione se è capace di ascoltare. Ascoltare cosa hanno da dire i cittadini, per lo più giovani, che stanno sperimentando un nuovo modo di intendere la partecipazione.
Il fenomeno degli “indignados” è proprio questo. Una forma forse approssimativa, anarchica, poco organizzata di partecipare, ma capace di condizionare i governi in un momento difficile com’è quello che stiamo vivendo.
Attenzione però, perchè questi giovani sono indignati in particolare verso una politica sempre più autoreferenziale, una politica incapace di risolvere i veri nodi che sono alla base della crisi che sta vivendo oggi il mondo occidentale: eccessivo peso della finanza nel processo economico, forte disparità fra chi è ricco e chi è povero, riduzione della classe media sempre più spinta verso nuove forme di povertà, mancanza di lavoro e quindi di futuro per le giovani generazioni, e su scala più ampia, lo squilibrio inammissibile fra paesi ricchi e paesi poveri. Il vero scandalo dei nostri tempi è che ci sia un miliardo di persone che soffrono la fame mentre un terzo della popolazione mondiale spreca immani risorse.
Occorre non farsi  condizionare dagli schemi che hanno inchiodato la storia recente. E’ necessario considerare le buone proposte da qualunque parte esse arrivino. Abbiamo bisogno di buone pratiche e di buoni esempi. Ne ha bisogno questo Paese dilaniato e sfregiato dalla lunga stagione berlusconiana.  Il PD deve decidere se vuole essere protagonista del  prossimo cambiamento o accontentarsi di rimanere parte minoritaria e subalterna, destinata prima o poi a sparire.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Il PdL è ormai allo sbando, l'Italia sta per fare la fine del Titanic, e il Pd, ma tutta la sinistra in generale cosa fa? Chiede le dimissioni del Berlusca, chiede un governo tecnico (non legittimato dagli elettori, sigh!)per affrontare i problemi del Paese... la Legge elettorale!!!. E per il resto, la patrmoniale (OK) e poi? Buoni propositi come quelli di Silvio ma che a conti fatti sono il nulla per i cittadini e lo Stato.
Non se ne può più, dobbiamo mandarli a casa tutti questi "dinosauri".

Tino ha detto...

Caro Enzo,
ho letto con interesse l'articolo che hai pubblicato "Pd a corrente alternata". Sicuramente nel partito convivono personaggi con diverse sensibilità e questo, in un partito pluralista, è un aspetto positivo, purchè nel rispetto delle regole...
A mio pare però, la voglia di distinguersi pubblicamente è dovuta al desiderio di visibilità e di protagonismo. Purtroppo, questa tendenza è comune a gran parte dei nostri rappresentanti, vecchi e nuovi. Uno per tutti... Renzi!
Abbiamo bisogno di tornare alla politica intesa come servizio e non come mestiere...

Tino

Anonimo ha detto...

Guarda Tino, te lo dico per esperienza diretta: i personaggi loschi sono ben altri e non certamente Renzi che della visibilità se fa un baffo. Domandiamoci invece come mai Bersani non è mai andato ad uno di questi convegni di Civati o di Renzi ? Secondo me è qui che Enzo ha ragione. Ma il problema non è solo nazionale perchè è la stessa identica cosa che è capitata a me nel nostro piccolo circolo del PD dove è impossibile avere idee, impossibile portarle avanti se no si diventa "troppo" visibile ed i vecchi del partito non lo accettano. Vorrebbero solo che tu partorissi idee che poi vadano a loro beneficio personale. Una vera porcheria.