La grandiosa opera di Christo “The Floating Piers” ha destato, com’era prevedibile, molto interesse e molte perplessità. L’interesse è testimoniato dalle tante persone che hanno deciso, nonostante i disagi, di partecipare a questo evento, le perplessità riguardano l’idea che una installazione del genere possa essere considerata opera d’arte. “Come può definirsi opera d’arte qualcosa che non dura nel tempo ed esaurisce la sua funzione in 15 giorni?” Già questo fatto dovrebbe escludere l’opera di Christo dal novero delle opere d’arte. Il Laocoonte, il David di Michelangelo, King and Queen di Henry Moore sono opere destinate a resistere all’usura del tempo e quindi, in quanto immortali, sono considerate opere d’arte.
La durata nel tempo però non può essere il metro per considerare una creazione dell’uomo un’opera d’arte. Anche il Partenone è un’opera d’arte come lo è la Venere di Milo o il Cenacolo di Leonardo. Eppure quelle che noi chiamiamo indiscusse opere d’arte non sono più quelle che all’origine erano state create dalla mente e dalla abilità dell’uomo. Il Partenone non ha più le sue metope e le sue colonne originali, come la Venere di Milo non ha più le sue braccia e il Cenacolo di Leonardo è la parvenza di quello che aveva ideato il grande vinciano. Come si vede, anche le opere nate per durare nel tempo si sono mutate.
Se questo è vero, potremmo tranquillamente affermare che tutta l’arte è effimera. Magari ci vorranno secoli o millenni o centinaia di migliaia di anni, ma alla fine tutto quello che ha creato l’uomo è destinato prima o poi a scomparire.
Quindi, se anche le opere create per durare subiscono le ingiurie del tempo, perché non dovrebbero essere considerate opere d’arte le moderne, molto spesso create con materiale povero e quindi deperibile?
L’effimero è anzi il tratto distintivo dell’opera d’arte moderna e lo è in quanto essa è lo specchio della nostra società, mutevole, inafferrabile, transitoria, liquida. Nessun artista oggi pensa che la sua opera durerà nei secoli. Pensa piuttosto che la sua opera, ambigua e contraddittoria, possa interpretare la realtà dell’oggi.
Guardiamo le città. Non dico le nostre ancorate al concetto del conservare a tutti i costi. Guardiamo le città moderne. Il paesaggio urbano non è mai lo stesso. È mutevole, cangiante, straniante. E lì dove c’era un vecchio quartiere oggi ci sono grattacieli immensi e dove c’era una ferrovia oggi vedi un parco urbano.
La stessa opera architettonica sembra aver perso corporeità. I grandi architetti fanno a gara a chi riesce a rendere la propria opera più leggera e diafana (vedi le nuvole di Fuksas o le creazioni di Zaha Hadid).
Le opere di Christo sono per definizione effimere. La durabilità non è una cosa che lo interessi. Lo interessa di più la provocazione, la meraviglia, lo stupore. Quando solo salito sulla piattaforma, che dico, ancora prima di metterci piede, ho pensato che solo un artista visionario poteva immaginare una cosa simile, solo chi non è ancorato agli schemi vecchi di un’arte che deve seguire determinati canoni. Forse anche i grandi artisti dei tempi passati, coloro che con le loro opere hanno innovato il modo di dipingere, di scolpire o costruire, devono essere apparsi agli occhi di molti loro contemporanei dei pazzi. Il mondo ha bisogno di pazzi per progredire, di persone che sanno vedere al di là delle convenzioni.
La migliore definizione che sono riuscito a trovare per l’opera di Christo è questa: “progetto effimero contemporaneo dalla liquida sostanza performativa”.
Liquida sostanza performativa. La sensazione che si prova sulla piattaforma a piedi nudi è quella della instabilità, la stessa che si prova stando su una barca. Ma sulla barca stai fermo, mentre qui cammini, parli, ammiri, fotografi, mentre avverti questo leggero stato di precarietà di fronte alla mutevolezza del paesaggio. Un’opera d’arte che si fa usare. Certo l’ammiri in tutta la sua stupefacente grandiosità, ma tu sei parte dell’opera. Se fosse una piattaforma galleggiante messa lì per essere vista da lontano, non avrebbe molto senso. Il suo senso è dato dalla sua capacità di essere goduta in tutta la sua discreta pervasività. Questo suo attraversare il lago, entrare nel paese, abbracciare un’isola poi ancora indietro, senza che ciò comporti la minima devastazione ambientale.
“Coscienza dell’effimero”. Se non si ha coscienza dell’effimero non solo non si può capire l’arte moderna, ma neppure la realtà contingente. Mi fa strano che coloro che portano avanti una critica totale alla politica classica, fatta di partiti organizzati, di istituzioni strutturate, non riescano a capire il valore di questa coscienza. La società sta cambiando rapidamente e la politica, come l’economia, le istituzioni, l’istruzione, l’informazione devono adeguarsi di conseguenza. Dobbiamo attrezzarci a governare una realtà mutevole. Rimanere fermi a vecchi schemi è come guardare un’opera d’arte e vederci solo una passerella.
Liquida sostanza performativa. La sensazione che si prova sulla piattaforma a piedi nudi è quella della instabilità, la stessa che si prova stando su una barca. Ma sulla barca stai fermo, mentre qui cammini, parli, ammiri, fotografi, mentre avverti questo leggero stato di precarietà di fronte alla mutevolezza del paesaggio. Un’opera d’arte che si fa usare. Certo l’ammiri in tutta la sua stupefacente grandiosità, ma tu sei parte dell’opera. Se fosse una piattaforma galleggiante messa lì per essere vista da lontano, non avrebbe molto senso. Il suo senso è dato dalla sua capacità di essere goduta in tutta la sua discreta pervasività. Questo suo attraversare il lago, entrare nel paese, abbracciare un’isola poi ancora indietro, senza che ciò comporti la minima devastazione ambientale.
“Coscienza dell’effimero”. Se non si ha coscienza dell’effimero non solo non si può capire l’arte moderna, ma neppure la realtà contingente. Mi fa strano che coloro che portano avanti una critica totale alla politica classica, fatta di partiti organizzati, di istituzioni strutturate, non riescano a capire il valore di questa coscienza. La società sta cambiando rapidamente e la politica, come l’economia, le istituzioni, l’istruzione, l’informazione devono adeguarsi di conseguenza. Dobbiamo attrezzarci a governare una realtà mutevole. Rimanere fermi a vecchi schemi è come guardare un’opera d’arte e vederci solo una passerella.
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