Sul sito di Chiari del PD ho pubblicato il seguente post
Vergogna. Questo è il sentimento che provo dopo che ieri il Partito Democratico ha scritto una delle pagine più nere della storia del nostro Paese, richiamando alla mente i tempi peggiori della prima Repubblica.
Il partito che avrebbe dovuto rappresentare per molti cittadini la possibilità di rinascita dell’Italia è ormai preda di correnti e consorterie in feroce lotta fra di loro.
Gli atti indecorosi messi in atto da una parte dei parlamentari che hanno prima impallinato un galantuomo come Marini e subito dopo Romano Prodi, uno dei fondatori del PD e bandiera per molti democratici, dimostrano che il senso di “onore e disciplina” che dovrebbe sorreggere ogni rappresentante del popolo nell’esercizio delle sue funzioni è smarrito per non dire assente.
La dirigenza, chiusa all’interno del palazzo, è del tutto incapace di ascoltare il vero sentimento del suo popolo. Se ci fosse stata sintonia tanti errori si sarebbero evitati. Il PD invece ha continuato a portare avanti ostinatamente una politica votata al fallimento: prima accettando i provvedimenti varati dal governo Monti che hanno pesato duramente sulla parte più debole della popolazione, poi rifiutandosi di prendere in mano la bandiera del rinnovamento della politica, incominciando da una drastica riduzione dei suoi costi.
Bersani si è dimostrato debole e sicuramente non in grado di governare i processi di profondo cambiamento necessari in questa fase storica. L’atteggiamento fiacco con cui ha affrontato la campagna elettorale è stato uno dei motivi del deludente risultato.
La situazione emersa dalle urne era complicata e sicuramente di difficile soluzione viste le posizioni in campo. Forse per questo sarebbero state necessarie decisioni chiare e comprensibili. Incaponirsi nel portare avanti una trattativa nonostante gli sberleffi di Grillo ha esposto Bersani, e con lui il PD, al dileggio di tanta parte dell’opinione pubblica. L’autorevolezza dei comportamenti è il requisito essenziale di una buona politica. Bersani avrebbe dovuto rimettere il mandato ricevuto e condizionare la nascita di un governo del Presidente sulle questioni programmatiche.
Ora ci troviamo di fronte a una situazione paradossale: il PD non riesce a decidere. La strada maestra, suggerita a gran voce dalla sua base, indicava in Stefano Rodotà il candidato naturale per rivestire la carica di Presidente della Repubblica. Non si è capito il perchè la dirigenza del PD si sia rifiutata di imboccarla.
Oggi, dopo il fallimento delle candidature Marini e Prodi, il PD è costretto a elemosinare un accordo con altri partiti. Un’impietosa dichiarazione di fallimento di una politica e di una dirigenza.
Di fronte a questo disastro leggo prese di posizioni deliranti. La preoccupazione principale di molti dirigenti e dei loro supporter è quella di lanciarsi accuse reciproche, di tradimento, di intelligenza con il nemico, di doppio gioco. E’ uno spettacolo indecoroso che genera solo disgusto.
In questa situazione caotica si scontrano disegni contrapposti: accelerare la crisi per determinare il tramonto della vecchia dirigenza e frapporre ostacoli per impedire l’avvento di una nuova. Nel caos che si è determinato il PD è imploso e non c’è niente che lo possa salvare.
L’invito in extremis rivolto a Napolitano di accettare per la seconda volta la candidatura alla Presidenza della Repubblica sta determinando situazioni del tutto nuove. Il Presidente giustamente chiede precise assicurazioni sulla sua certa rielezione e pretende il varo di un governo con a capo una persona di sua fiducia. E’ chiaro a tutti che in questo modo l’arbitro unico della situazione diventa Napolitano, prefigurando di fatto una Repubblica Presidenziale.
A questo punto il PD è da considerarsi alla stregua di un partito commissariato, il che vuol dire che non è più in grado di svolgere funzioni politiche autonome, dovendo sottostare alle inappellabili decisioni del Capo dello Stato.
Sino a ieri ero convinto che il PD fosse sì un partito arruffone, incerto e diviso, ma in ogni caso un partito dove fosse ancora possibile una dialettica libera e proficua. Oggi devo prendere atto che quel partito è morto.
Con le decisioni assunte ieri da 101 franchi tiratori è stato inferto un colpo mortale alle speranze di milioni di cittadini che avevano creduto in un partito nuovo, un partito che servisse a riformare la politica e a rinnovare l’Italia. Queste persone si sono assunte la responsabilità di consegnare il Paese a Grillo e Berlusconi.
Di fronte alla nuova situazione occorre prendere decisioni ferme e irrevocabili. La funzione di cittadinanza attiva si può tranquillamente svolgere anche al di fuori dei partiti. Perdere il proprio tempo per dare la possibilità a degli inutili cialtroni di condurre miserevoli e sporchi giochi di potere è diventato per me non più sopportabile.