sabato 20 aprile 2013

Vergogna



Sul sito di Chiari del PD ho pubblicato il seguente post



Vergogna. Questo è il sentimento che provo dopo che ieri il  Partito Democratico ha scritto una delle pagine più nere della storia del nostro Paese, richiamando alla mente i tempi peggiori della prima Repubblica.
Il partito che avrebbe dovuto rappresentare per molti cittadini la possibilità di rinascita dell’Italia è ormai preda di correnti e consorterie in feroce lotta fra di loro.
Gli atti indecorosi messi in atto da una parte dei  parlamentari che hanno prima impallinato un galantuomo come Marini e subito dopo Romano Prodi, uno dei fondatori del PD e bandiera per molti democratici, dimostrano che il senso di “onore e disciplina” che dovrebbe sorreggere ogni rappresentante del popolo nell’esercizio delle sue funzioni è smarrito per non dire assente.
La dirigenza, chiusa all’interno del palazzo, è del tutto incapace di ascoltare il vero sentimento del suo popolo. Se ci fosse stata sintonia tanti errori si sarebbero evitati. Il PD invece ha continuato a portare avanti ostinatamente una politica votata al fallimento: prima accettando i provvedimenti varati dal governo Monti che hanno pesato duramente sulla parte più debole della popolazione, poi rifiutandosi di prendere in mano la bandiera del rinnovamento della politica,  incominciando da una drastica riduzione dei suoi costi.


Bersani si è dimostrato debole e sicuramente non in grado di governare i processi di profondo cambiamento necessari in questa fase storica. L’atteggiamento fiacco con cui ha affrontato la campagna elettorale è stato uno dei motivi del deludente risultato.
La situazione emersa dalle urne era complicata e sicuramente di difficile soluzione viste le posizioni in campo. Forse  per questo sarebbero state necessarie decisioni chiare e comprensibili. Incaponirsi nel portare avanti una trattativa nonostante gli sberleffi di Grillo ha esposto Bersani, e con lui il PD, al dileggio di tanta parte dell’opinione pubblica. L’autorevolezza dei comportamenti è il requisito essenziale di una buona politica.  Bersani avrebbe dovuto rimettere il mandato ricevuto e condizionare la nascita di un governo del Presidente sulle questioni programmatiche.
Ora ci troviamo di fronte a una situazione paradossale: il PD non riesce a decidere. La strada maestra, suggerita a gran voce dalla sua base, indicava in Stefano Rodotà il candidato naturale per rivestire la carica di Presidente della Repubblica.  Non si è capito il perchè la dirigenza del PD si sia rifiutata di imboccarla.
Oggi, dopo il fallimento delle candidature Marini e Prodi, il PD è costretto a elemosinare un accordo con altri partiti.  Un’impietosa dichiarazione di fallimento di una politica e di una dirigenza.
Di fronte a questo disastro leggo prese di posizioni deliranti.  La preoccupazione principale di molti dirigenti e dei loro supporter è quella di lanciarsi accuse reciproche, di tradimento, di intelligenza con il nemico, di doppio gioco. E’ uno spettacolo indecoroso che genera solo disgusto.
In questa situazione caotica si scontrano disegni contrapposti: accelerare la crisi per determinare  il tramonto della vecchia dirigenza e frapporre ostacoli per impedire l’avvento di una nuova.  Nel caos che si è determinato il PD è imploso e non c’è niente che lo possa salvare.


L’invito in extremis rivolto a Napolitano di accettare per la seconda volta la candidatura alla Presidenza della Repubblica sta determinando situazioni del tutto nuove. Il Presidente giustamente chiede precise assicurazioni sulla sua certa rielezione e pretende il varo di un governo con a capo una persona di sua fiducia. E’ chiaro a tutti che in questo modo l’arbitro unico della situazione diventa Napolitano, prefigurando di fatto una Repubblica Presidenziale. 
A questo punto il PD è da considerarsi alla stregua di un partito commissariato, il che vuol dire che non è più in grado di svolgere funzioni politiche autonome, dovendo  sottostare alle inappellabili decisioni del Capo dello Stato.
Sino a ieri ero convinto che il PD fosse sì un partito arruffone, incerto e diviso,  ma in ogni caso un partito dove fosse ancora possibile una dialettica libera e proficua. Oggi devo prendere atto che quel partito è morto.
Con le decisioni assunte ieri da 101 franchi tiratori è stato inferto un colpo mortale alle speranze di milioni di cittadini che avevano creduto in un partito nuovo, un partito che servisse a riformare la politica e a rinnovare l’Italia. Queste persone si sono assunte la responsabilità di consegnare il Paese a Grillo e Berlusconi.
Di fronte alla nuova situazione occorre prendere decisioni ferme e irrevocabili. La funzione di cittadinanza attiva si può tranquillamente svolgere anche al di fuori dei partiti. Perdere il proprio tempo per dare la possibilità a degli inutili cialtroni di condurre miserevoli  e  sporchi giochi di potere è diventato per me non più sopportabile.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Anche io ero del PD... però mi sono accorto prima di te che persone sedevano alla dirigenza.
Ora voto Movimento 5 stelle e non leggo più la Repubblica-
Ciao

Anonimo ha detto...

Purtroppo questo è il modus operandi anche di qualche dirigente del PD di Chiari: mai avere un confronto a viso aperto ma accoltellare alle spalle quello che si individua come nemico. Cosa ti aspettavi Enzo ? Qualcosa di diverso ? Io no.

Enzo Maragucci ha detto...

Mi aspettavo di leggere il tuo nome e cognome visto che scrivi cose così infamanti. Il rinnovamento della politica passa anche dalla chiarezza delle posizioni. Non si può accettare che la rete venga utilizzata per consumare le proprie vendette. Lanciare anonimi messaggi come questo più che chiarire le questioni avvelenano ancora di più il clima e non sono onorevoli per chi li scrive.

Anonimo ha detto...

Caro Enzo,
la tua “spietata” lucida analisi stimola alcune riflessioni sulle cause che, a mio avviso, hanno portato alla drammatica situazione in cui si trova il (mi auguro ancora nostro) partito.
Una considerazione, che mi pare ormai assodata, attiene al fatto che, nato notoriamente dall’esigenza di unire due tradizioni e culture politiche diverse, il PD quale partito post ideologico non è mai riuscito a trovare una sintesi superiore, valori condivisi, una identità forte e riconoscibile. Ciò ha portato al prevalere via via di contrapposizioni, a compromessi interni al ribasso, a gruppi dirigenti, a ogni livello, chiusi e autoreferenziali, incapaci di interpretare e, come giustamente scrivi, di “governare i processi di profondo cambiamento necessari in questa fase storica”.
Eppure segnali di tale esigenza si erano manifestati da tempo. Non è una caso, mi pare, che al primo turno delle primarie (il secondo turno fu erroneamente permeato da regole che limitarono ancora di più la partecipazione) Matteo Renzi prevalse in Toscana, Umbria e Marche e cioè in tre regioni su quattro storicamente di sinistra.
Ora, si possono avere opinioni assai critiche su Renzi, ma non può essere onestamente negato che il suo programma, accanto a discutibili opzioni liberiste, contenesse e contenga istanze di profondo rinnovamento e cambiamento della politica e della società, che non hanno trovato ingresso nella disastrosa campagna elettorale di Bersani, per essere poi parzialmente recuperate negli “otto punti”, presentati da Bersani in modo confuso, tardivo e velleitario, nel tentativo di inseguire una forza antisistema come il M5S.
Anteponendo l’ottimismo della volontà, al pessimismo della ragione, credo che vi sia ora lo spazio per una rifondazione del PD, che deve necessariamente passare anche attraverso l’azzeramento dei gruppi dirigenti, a tutti i livelli, per liberare nuove energie, per una nuova forma partito che sia in grado di leggere ”in tempo reale”, senza dover più inseguire, i bisogni di cambiamento e di cogliere i fenomeni nuovi che si agitano nella società.
Una caro saluto.
Emidio Loschi