venerdì 1 maggio 2015

Profughi e fanatismo

Caro Sindaco, spero che uno di questi profughi scappi, ti ammazzi la famiglia e ti stupri la moglie”.
Questo commento, apparso sul profilo FB del Consigliere Comunale Campodonico, è una summa di vergogna e infamia. Diventa difficile capire in quale fondo di turpitudine germinano idee come queste, in quali famiglie crescono persone che esprimono queste nefandezze. Se ci fossero dei genitori all’altezza del loro compito porterebbero i loro figli a calci nel sedere a chiedere scusa al Sindaco e alla sua famiglia. 
Purtroppo questo vile messaggio non è il solo. In quella fogna maleodorante che è diventata la rete  circolano parole che offendono e infamano le persone, quando non sono vere e proprie istigazioni alla violenza. 


E’ giunta l’ora di dire basta! La rete, Facebook non possono essere un porto franco dove ognuno scarica impunemente i propri scazzi senza  poi rispondere delle parole che scrive. 
E’ una deriva  purtroppo alimentata da giornali accondiscendenti che scambiano l’informazione per una ghigliottina, un tritacarne dove gettare chiunque non corrisponda ai canoni delle loro miserevoli linee editoriali. I siti e profili canaglia in questi anni si sono moltiplicati in misura esponenziale. La libertà di parola e di opinione non c’entra proprio niente. In Italia ognuno è libero di esprimere le proprie idee, ma la dignità della persona va salvaguardata e a nessuno è consentito infangare o, peggio, incitare alla violenza.
Si dice “La gente è esasperata, non ne può più”. Possono mai essere le accuse infamanti e le violenze gratuite una risposta a una situazione di difficoltà? Anche perché queste violenze sono  spesso messe in atto da persone che le difficoltà della vita non le conoscono. Il motore che alimenta queste manifestazioni violente è quasi sempre il fanatismo e una bestiale idea di intendere la politica, non più confronto anche aspro sui problemi, ma invettiva, offesa, turpiloquio, violenza verbale.


Per rimanere nel nostro piccolo ambito, quel messaggio non è una cosa isolata. A Chiari, sulla questione profughi, si sta intessendo da mesi una polemica ossessiva che ultimamente ha assunto caratteri di vera e propria isteria. Se quel commento è a dir poco raccapricciante non lo sono da meno altri che inneggiano ai “forni”, ai “lanciafiamme”, alle “ruspe”, da usare naturalmente per far fuori i profughi che arrivano da lidi lontani. Atteggiamenti di stampo fascista che certamente non sono attenuati da prese di distanza ipocrite e tardive. Quando si hanno responsabilità istituzionali occorrerebbe avere senso della misura, mentre certi rappresentanti leghisti attizzano tutti i giorni la canea, salvo poi nascondere la mano quando le cose si mettono male e le parole diventano pietre. Alzare le mani per dire io non c’entro serve solo a rendere ancora più manifesta la responsabilità di questi dirigenti. 
A seguito della batosta elettorale certi personaggi hanno pensato bene di alzare il livello della polemica per recuperare alla loro causa quell’elettorato deluso da una gestione decennale fatta di inaudito spreco di denaro pubblico e di clamorosi fallimenti. Chiari viene dipinta come una novella Beirut, una casba dove imperversano bande di tagliagole. E’ una visione del tutto falsa, creata ad arte per generare in menti impressionabili uno stato di tensione e di paura. 
Ognuno è libero di dipingere la realtà come meglio crede. Se la polemica rimane nell’ambito del confronto democratico seppure aspro, nulla da dire. Se trascende in vera e propria istigazione a delinquere, allora del fatto non si dovrà interessare solo la politica, ma dovrà essere chiamata in causa anche la magistratura.

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