Alcuni si sono chiesti perché l'immagine di un bambino morto su una spiaggia della Turchia ci abbia così commosso sino a scuotere profondamente le nostre coscienze. Perché quella foto e non tante altre che abbiamo visto in questi anni dove erano pur ritratti bambini morti.
Ci sono delle foto che hanno una forza che dura nel tempo perché sono emblematiche di una situazione, un evento, una storia. Chi non ricorda la bimba che fugge nuda ai bombardamenti al napalm in Vietnam.
Basta quella immagine per ricordarci quegli eventi drammatici. Quella immagine ha una forza che è più potente di tutti i morti patiti da vietnamiti e americani. Resterà per sempre fissa nella nostra memoria, come il bambino con le mani alzate in un campo di sterminio nazista.
L’immagine di Aylan rimarrà impressa nella nostra memoria perché ognuno di noi ha visto in lui suo figlio, suo nipote. Quel corpicino sbattuto dalle onde ha avuto la capacità di scuoterci dal nostro torpore, di urlare alle nostre coscienze il dramma vissuto da milioni di profughi che stanno abbandonando terre martoriate da guerre, fame, indigenza.
La sua postura - riverso quasi stesse dormendo - ci ha richiamato alla mente immagini familiari, di bambini che dormono sereni nel letto di casa. Non per nulla un artista l’ha ritratto nella stessa postura, ma in un letto, con giocattoli luminescenti che scendono dal soffitto.
Tutti abbiamo sentito un moto di protezione verso un bambino che protezione purtroppo non ha ricevuto. Suo papà aveva fatto richiesta di asilo al Canada dove già dimorava la sorella, ma la risposta è stata “no”. Un “no” gridato da molti in Europa, un “no” dettato da paura, dal timore di dover fare i conti con una umanità disperata che turba le nostre vite tranquille e protette.
Un gesto di gentilezza Aylan l’ha avuto dalla guardia turca che l’ha trovato sulla spiaggia di Bodrum. La delicatezza con cui ha sollevato quel piccolo corpo esanime, ci fa dire che la compassione non ci ha abbandonato del tutto e che gesti di “pietas” sono ancora possibili in un mondo in cui sembra smarrita persino la speranza.
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