lunedì 30 novembre 2015

PAURA


"L'urlo" di Edvard Munch

La sera che i cani abbaiavano, io e mia moglie siamo usciti per andare al Cineforum. A nostro rischio però, perché come tutti sanno Chiari la sera è piena di tagliagole pronti a tutto. Le strade erano deserte. Le uniche persone incontrate sono state un ragazzone nero con uno zaino sulle spalle, sicuramente pieno di refurtiva e un uomo che era appena uscito da uno dei pochi bar aperti e che sicuramente si stava preparando a mettere a segno un colpo in qualche abitazione.

Cineforum d'Autunno a Chiari

Il film, “Freedom writers” parla di “paura” e di “cambiamento”. È la storia di una insegnante che si trova a svolgere il proprio compito in una scuola problematica della California. Animata da grandi ideali, si scontra subito con una situazione insostenibile, dove i ragazzi sono divisi per gruppi etnici e sono tutti l’un contro l’altro armati. Nel vero senso della parola però, tant’è che molti di loro hanno perso amici nelle risse scoppiate per la supremazia di un gruppo sull’altro. 
La paura che attanaglia questi quindicenni è quella di soccombere, quella di non farcela ad arrivare a 18 anni, quella di non riuscire a vivere una vita normale. Questa paura come reazione scatena aggressività e quindi, incapacità di avere rapporti normali con gli altri. In questo contesto la scuola, più che essere il luogo dove stemperare queste tensioni, è il vero e proprio campo di battaglia. 
L’impresa della povera insegnante sembra disperata, anche perché i suoi colleghi sono praticamente insensibili e disinteressati alle vicende dei ragazzi, considerati come semplici teppisti.
Come fare a superare questa situazione di incomunicabilità? Il primo passo è quello del riconoscimento delle loro individualità. Bellissima è la scena in cui i ragazzi, divisi in due gruppi, sono chiamati a rispondere a delle domande in una specie di gioco che si chiama “the line game”. Se rispondono positivamente alla domanda devono avvicinarsi a una linea rossa tracciata sul pavimento e che divide i due gruppi. 
Si comincia con il chiedere se hanno un album del rapper nero Snoop Dogg e poi se hanno  visto il film “Strade violente”, se abitano in una casa popolare, se hanno un amico o parente in riformatorio o prigione, o se loro stessi sono stati in riformatorio, se conoscono qualcuno che fa parte di una gang o se loro stessi fanno parte di una gang, se hanno perso un amico in una scontro fra gang, o due amici o tre o quattro o più. A ogni domanda quasi tutti i ragazzi si avvicinano alla linea rossa e si guardano. Prima con aria di sfida, poi, piano piano sempre più con la coscienza di riconoscersi nell’altro, perché ha gli stessi problemi e vive le stesse esperienze. A quel punto qualcosa si rompe.
Clicca qui per avviare il video
Il passo successivo di questo percorso di autocoscienza è il capire che al di fuori di quel microcosmo c’è dell’altro. Innanzitutto quelli che la storia ha discriminato: le vittime dell’olocausto. Studiare l’olocausto, andare al Museo della Tolleranza di Los Angeles, leggere il “Diario di Anna Frank”, incontrare la donna che ha aiutato sino all’ultimo la famiglia Frank, sono mezzi per aprire la propria mente ad altre storie, storie in cui ognuno di loro si può riconoscere, perché sono storie di reietti. Anzi certe storie sono ancora più crude della loro. E allora per arrivare alla completa autocoscienza occorre parlare di loro, della loro vita, delle loro esperienze. Ognuno è invitato a tenere liberamente un specie di diario, dove scrivere tutti i giorni. Una specie di autoanalisi. Alla fine, quando anche la scuola prende coscienza del percorso fatto dall’irriducibile insegnante, questi scritti entrano a far parte di un libro e l’esperienza della Room 203 diventa paradigmatica.

Locandina di "Freedom writers" di Richard LaGravenese

Film da vedere. Film che parla della paura e del suo superamento, film che parla del cambiamento, della volontà di raggiungere un obiettivo combattendo contro la pigrizia mentale nostra e di chi vuole lasciare le cose come stanno.
La paura, sentimento umanissimo, ci ruba la vita. Ci blocca i movimenti, ci costringe a stare dietro le inferriate a scrutare veri o presunti nemici. La paura ci costringe a vivere una vita piena di ansia, di angosce notturne, di timori, ci mette dentro un recinto dove riconosciamo soltanto quelli del nostro clan, della nostra gang, del nostro ristretto ambiente. La paura più terribile è quella di veder violato questo recinto, la nostra stessa intimità, la nostra casa, luogo inviolabile per eccellenza. 
Cosa possiamo fare per vincere questa paura? Chiedere un maggior presidio alle Forze dell’Ordine, chiedere agli Amministratori Pubblici maggiore impegno? Certo, è bene che lo chiediamo. Ma chiediamoci anche cosa possiamo fare noi.
Oltre alla prudenza e all’accortezza che dobbiamo sempre avere, dobbiamo vivere pienamente la nostra vita. Il che significa che dobbiamo vivere pienamente la nostra città e al Sindaco e ai nostri Pubblici Amministratori dobbiamo chiedere non di fare gli sceriffi con facce truci e fucile in mano, ma di fare di tutto perché noi possiamo vivere al meglio la nostra città.
A quelli che vogliono tenerci chiusi nelle nostre gabbie mentali dobbiamo dire NO!
Le nostre paure sono il loro successo, le nostre paure sono la loro affermazione. Si nutrono delle nostre paure, prosperano dei nostri timori. Non credete a quelli che dicono che questi non sono discorsi politici, perché lo sono, eccome! C’è una politica che alimenta odio e paura perché non ha altro da offrirci. La politica non è questo. La politica è quella che consente al cittadino di vivere appieno la propria vita in armonia con gli altri. Chiediamo momenti di incontro e di partecipazione. Forse ci accorgeremo, avvicinandoci a quella ideale linea rossa, che anche altri hanno gli stessi timori e le stesse paure e forse insieme riusciremo a superarli.

P.S. - Voglio ringraziare i ragazzi di Spazio Giovani e Informagiovani dell’opportunità che mi hanno dato di vedere il bel film di Richard LaGravenese. È stata anche per me l’occasione per uscire per un momento dalla mia gabbia.

sabato 28 novembre 2015

ABBAIANO I CANI: CARABINIERI AVVISATI

Ovvero la Sicurezza ai tempi della Giunta Vizzardi


PROCURATO ALLARME - Art. 658 Codice Penale - 
Chiunque, annunziando disastri, infortuni o pericoli inesistenti, suscita allarme presso l'autorità, o presso enti o persone che esercitano un pubblico servizio, è punito con l'arresto fino a sei mesi o con l'ammenda da euro 10 a euro 516.

Da qualche tempo a questa parte, Chiari sembra essere diventata la patria di ladri assassini e stupratori, sempre pronti ad attentare alla vita e alle cose di innocenti e indifesi cittadini.
Alcuni di questi, stando ben chiusi nelle loro case, continuano a lanciare allarmi attraverso i social network di ladri presenti in una tal zona della città, di persone vestite di nero che scalano palazzi o scendono dai tetti, di uomini mascherati che cercano di forzare porte e cancelli. Insomma una situazione terrificante che dovrebbe indurre ciascuno di noi a stare ben tappato in casa con la carabina a portata di mano.

E’ mai possibile che a lanciare questi allarmi siano sempre le stesse persone? Cavolo, io mi affaccio tutte le sere al balcone più e più volte, ma di ladri veri o presunti neanche l’ombra. Mi capita anche per ragioni varie di uscire la sera, ma di uomini mascherati o gente col grimaldello in mano niente.
Ora, io non mi spiego come faccia una persona, tappata in casa ad affermare che ci sono dei ladri in azione da qualche parte. Li hanno visti loro forzare un cancello, una porta, una finestra ed entrare in un appartamento? Dalle descrizioni che fanno questi signori non si direbbe. Si afferma che i cani abbaiano. Basta un abbaiare di cani per affermare che ci sono in azione dei ladri? Vicino casa mia c’è un cane che abbaia dalla mattina alla sera. Devo arguire che ci sono ladri in azione a tutte le ore del giorno? 
Qualcuno parla di orde di ladri pronte a intervenire, di situazione sicurezza fuori controllo, di Amministrazione Comunale indifferente, di cittadini impauriti e indifesi. Sottovalutare il problema sicurezza è da irresponsabili, ma è altrettanto da irresponsabili ingigantirlo con atteggiamenti isterici che nulla portano alla soluzione dei problemi. Qualcuno vuole una soluzione all’americana, dove i cittadini sono tutti armati e la polizia spara sul primo nero ubriaco che si trova per strada? Qualcuno auspica il coprifuoco serale con Sindaco e Giunta per strada con winchester alla mano?
Tuttavia le preoccupazioni dei cittadini sono comprensibili. La situazione mondiale  e delle città non è tale da indurre a facili ottimismi. Quello che risulta inaccettabile è l’atteggiamento di certi politici che alimentano, per vergognosi interessi personali e di partito, atteggiamenti che si prefigurano come isteria collettiva e vero proprio procurato allarme.

A Chiari questi signori passano il loro tempo a soffiare sul fuoco alimentando paure e odio. Da quando hanno perso le elezioni per il loro scellerato modo di amministrare la Città, non hanno fatto altro che parlare di zingari, Rom, moschee e profughi, come se Chiari facesse parte del Califfato islamico. Non contenti, ultimamente hanno tirato fuori alcuni argomenti su cui farebbero bene a tacere. Uno di questi è la nuova Caserma dei Carabinieri. Dicono che l’Amministrazione Vizzardi non ha intenzione di costruirla. Scusate, ma voi che cosa avete fatto in dieci anni di amministrazione? Della Caserma si è incominciato a parlare nel 2006 (leggi qui). Una montagna di parole e fatti zero. Ora venite a fare coloro che hanno a cuore il decoro e l’agibilità dell’Arma? Ma vergognatevi!


E l’Acsu, le famose Ronde Padane? Raccontano che fossero il presidio del territorio. Da quello che mi ricordo, si facevano la passeggiata in centro la domenica mattina, momento in cui i ladri come si sa escono a frotte, aiutavano quelli della Lega a montare i loro gazebo e quando hanno capito che svolgendo quei compiti non potevano essere remunerati, hanno pensato bene di fare gli accompagnatori ai funerali.

E che dire dei soldi spesi? Per un aereo inutile, il famoso airpol, hanno speso 360 mila euro. Per smantellare il campo nomadi 150 mila euro. Per il famoso distaccamento della Polizia Locale presso la stazione, mai utilizzato, 50 mila euro. E mi fermo qui per carità di patria. La sicurezza dei cittadini è un argomento troppo serio per farne piazzate mediatiche e non.
Sono uscito in balcone, l’aria è frizzante, in cielo c’è una splendida luna, il maledetto cane abbaia, non chiamo i Carabinieri: hanno cose più importanti da fare che seguire l’abbaiare di un cane.

sabato 21 novembre 2015

Scatole vuote

Mi piacerebbe che i Consiglieri Comunali di minoranza che giornalmente scrivono con molta passione su quella “interessante” pagina che è “In piazza a Chiari”, dedicassero una piccola parte del loro tempo per trattare, con dati di fatto alla mano, di una questione che riguarda da vicino la nostra Città, cioè dello stato delle antiche Fondazioni di Chiari.  Questione non piccola, tenuto conto dei patrimoni di cui sono titolari questi enti e dell’importante attività che dovrebbero svolgere in campo socio-assistenziale.
A seguito del rinnovo dei CdA della Fondazione Bertinotti Formenti (leggi qui) e dell’Opera Pia Bettolini, i nuovi amministratori hanno cercato di capire quale fosse lo stato dell’arte, cioè quale fosse la situazione economico-finanziaria delle due Fondazioni. Della terza, l’Istituto Morcelliano, si sa poco e quello che si sa è filtrato da narrazioni giornalistiche di seconda e terza mano.

Chiari - Fondazioni

La situazione, peraltro parziale per carenza di documentazione, è stata illustrata davanti alla competente Commissione Consiliare, nel corso di distinte audizioni pubbliche. A queste audizioni non ha partecipato la Fondazione Istituto Morcelliano.
Il quadro che emerge è allarmante e conferma quanto scritto su questo blog da cinque anni a questa parte. Gli amministratori che si sono succeduti nel corso dei dieci anni dell’Amministrazione Mazzatorta erano animati da un unico obiettivo, quello della trasformazione dei cespiti facenti parte del patrimonio dei vari enti per renderli, si diceva, più remunerativi. La parola magica usata è stata valorizzazione. Cioè dare maggior valore a terreni, cascine, caseggiati la cui redditività era molto bassa. Una valorizzazione dei cespiti e quindi una loro migliore redditività, avrebbe consentito di svolgere con maggiore efficacia le finalità proprie delle Fondazioni. Principio giusto e condivisibile se a gestire questo passaggio fossero state chiamate persone capaci e accorte. Ma così non è stato. 
Si trattava di gestire una fase molto delicata, in cui dovevano essere contemperate due esigenze: la trasformazione del patrimonio che per forza di cose doveva avvenire in modo graduale e la continuazione della “mission” dei vari enti che era, non dimentichiamolo, quella di carattere socio-assistenziale.
Gli amministratori però, aperti i forzieri e visto che in essi erano contenuti “patrimoni sterminati”, per usare le parole dell’ex Sindaco Mazzatorta, hanno perso il lume della ragione. Sollecitati da Prevosto e Sindaco, in breve volgere di tempo hanno avviato spregiudicate operazioni immobiliari volte alla vendita di buona parte del patrimonio dei vari enti da cui, come è facile supporre, sono derivate lucrose mediazioni. Ma poiché i soldi ricavati non erano sufficienti per ristrutturare le antiche sedi o avviare gli ambiziosi progetti, essi hanno acceso mutui e prestiti che hanno appesantito in modo insostenibile la situazione debitoria di tutte le Fondazioni. 
Quanto sia stata proficua l’opera di valorizzazione dei patrimoni ce lo può chiarire la seguente slide che è stata redatta sulla base dei dati forniti in sede di audizione presso la competente Commissione Consiliare dal Presidente della Fondazione Opera Pia Bettolini

Situazione patrimoniale Fondazione Opera Pia Bettolini

Come si vede nell’arco di 10 anni il patrimonio delle ente è diminuito di 2milioni 673 mila euro e i debiti verso le banche sono passati da zero a 3milioni e 43mila euro. Il fatto grave è che tale situazione si è determinata solo negli ultimi due anni, cioè a partire dal progetto di trasformazione del patrimonio esistente nell’unità immobiliare di viale Cadeo. Insomma, l’Opera Pia Bettolini da Fondazione ricca è stata ridotta, in breve volgere di tempo, a una

scatola vuota ormai priva di valore.

Non è però un fatto isolato.
La situazione della Fondazione Bertinotti Formenti apparentemente sembra meno compromessa, ma è solo un’impressione. Il patrimonio è sì aumentato di valore a seguito della ristrutturazione del complesso di via Rangoni, ma sono lievitati esponenzialmente anche i debiti e quel che più conta, anno con anno si stanno accumulando perdite che riducono drasticamente il Patrimonio Netto.  
La Fondazione non ha entrate sufficienti per far fronte regolarmente al pagamento delle rate di mutuo e sono già stati notificati alcuni decreti ingiuntivi per lavori, prestazioni e imposte e tasse non pagate.
La cosa più incredibile è che il costo della ristrutturazione della storica sede di via Rangoni è lievitato del 100%. Da un preventivo iniziale di 1 milione e 500 mila euro, si è passati a un costo, non ancora definitivo di 3 milioni di euro.  Purtroppo i lavori non sono ancora terminati e una parte dello stabile risulta ancora da ristrutturare. 


Parlare di questo immane dissesto esigerebbe ben più di un articolo, anche perché ci sono questioni che richiederebbero una trattazione a parte: mi riferisco alla vicenda del Bocciodromo e a quella paradossale del Cinema S.Orsola. Per non parlare poi della organizzazione interna delle Fondazioni, dei conflitti di interesse esistenti, della documentazione relativa a importanti operazioni carente o addirittura inesistente, delle operazioni avulse dall’attività propria degli enti. 
Come definire tutto questo? A voler essere benevoli si potrebbe parlare di sciatteria e superficialità, ma a essere benevoli si rischia di essere conniventi. Anche perché non si tratta di situazioni in qualche modo risolvibili. Qui ne va della vita stessa delle Fondazioni.   
Spero che i cosiddetti “uomini del fare” si rendano conto dei danni arrecati alla Città, ma a giudicare dalle prime reazioni sembrerebbe proprio di no.

mercoledì 18 novembre 2015

Fondazioni: gusci vuoti

Quando nel gennaio 2012 parlavo di ”terra bruciata” a proposito di Fondazioni, a qualcuno quella espressione era apparsa sproporzionata e dettata da eccessiva vis polemica. A distanza di pochi anni, quella previsione sembra essere fin troppo ottimistica. 


Antiche istituzioni, nate per impulso di una borghesia illuminata e un clero operoso,  rischiano di morire definitivamente per eccesso di debiti e gestioni dissennate. Coloro che erano stati chiamati a gestire ricchi patrimoni al solo scopo di perseguire finalità di solidarietà sociale e beneficienza, hanno pensato bene di trasformarsi in immobiliaristi. Il principio della “valorizzazione” dei patrimoni che avrebbe dovuto ridare nuova linfa agli antichi enti, alla fine ha prodotto solo frutti guasti. Esso si è rivelato per quello che è sempre stato: una foglia di fico dietro cui nascondere inconfessabili speculazioni. 
Oggi, caduti i paraventi dietro cui si nascondeva la vicenda amministrativa, appare in tutta la sua evidenza il dissesto creato negli ultimi due mandati. Verificati i numeri e lette le carte, delle Fondazioni rimane solo un GUSCIO VUOTO. 
Così è per esempio per l’ Opera Pia Bettolini il cui patrimonio, se pur  “trasformato”, non ha più alcun valore. Infatti l’importo con cui è stato postato in bilancio è superato dai debiti e quel che più preoccupa è che non esistono entrate sufficienti per pagare le rate dei mutui in essere. Il rischio concreto è che a distanza di poco tempo l’antico ente venga messo in liquidazione.
Sede Opera Pia Bettolini
Come è mai possibile che si sia arrivati a tanto? Com’è mai possibile che una Fondazione ricca oggi si trovi in una situazione di dissesto, che la Città sia sul punto di perdere un suo asset fondamentale? 
Rivengono in mente le polemiche degli ultimi anni, gli strilli di chi parlava di “accuse infamanti e false”. Quanto fossero infamanti e false quelle accuse oggi lo possono vedere tutti. E siamo solo all’inizio.
Oggi verrà resa nota la situazione della Fondazione Bertinotti Formenti e c’è da scommettere  che le cose non saranno molto diverse. Anzi!
Per l’Istituto Morcelliano c’ è solo da aspettare che si realizzi appieno il progetto Golf e venga costruito con quel che rimane l’Edificio Polivalente. Il “De profùndis” è solo rimandato.