Mi piacerebbe che i Consiglieri Comunali di minoranza che giornalmente scrivono con molta passione su quella “interessante” pagina che è “In piazza a Chiari”, dedicassero una piccola parte del loro tempo per trattare, con dati di fatto alla mano, di una questione che riguarda da vicino la nostra Città, cioè dello stato delle antiche Fondazioni di Chiari. Questione non piccola, tenuto conto dei patrimoni di cui sono titolari questi enti e dell’importante attività che dovrebbero svolgere in campo socio-assistenziale.
A seguito del rinnovo dei CdA della Fondazione Bertinotti Formenti (leggi qui) e dell’Opera Pia Bettolini, i nuovi amministratori hanno cercato di capire quale fosse lo stato dell’arte, cioè quale fosse la situazione economico-finanziaria delle due Fondazioni. Della terza, l’Istituto Morcelliano, si sa poco e quello che si sa è filtrato da narrazioni giornalistiche di seconda e terza mano.
La situazione, peraltro parziale per carenza di documentazione, è stata illustrata davanti alla competente Commissione Consiliare, nel corso di distinte audizioni pubbliche. A queste audizioni non ha partecipato la Fondazione Istituto Morcelliano.
Il quadro che emerge è allarmante e conferma quanto scritto su questo blog da cinque anni a questa parte. Gli amministratori che si sono succeduti nel corso dei dieci anni dell’Amministrazione Mazzatorta erano animati da un unico obiettivo, quello della trasformazione dei cespiti facenti parte del patrimonio dei vari enti per renderli, si diceva, più remunerativi. La parola magica usata è stata “valorizzazione”. Cioè dare maggior valore a terreni, cascine, caseggiati la cui redditività era molto bassa. Una valorizzazione dei cespiti e quindi una loro migliore redditività, avrebbe consentito di svolgere con maggiore efficacia le finalità proprie delle Fondazioni. Principio giusto e condivisibile se a gestire questo passaggio fossero state chiamate persone capaci e accorte. Ma così non è stato.
Si trattava di gestire una fase molto delicata, in cui dovevano essere contemperate due esigenze: la trasformazione del patrimonio che per forza di cose doveva avvenire in modo graduale e la continuazione della “mission” dei vari enti che era, non dimentichiamolo, quella di carattere socio-assistenziale.
Gli amministratori però, aperti i forzieri e visto che in essi erano contenuti “patrimoni sterminati”, per usare le parole dell’ex Sindaco Mazzatorta, hanno perso il lume della ragione. Sollecitati da Prevosto e Sindaco, in breve volgere di tempo hanno avviato spregiudicate operazioni immobiliari volte alla vendita di buona parte del patrimonio dei vari enti da cui, come è facile supporre, sono derivate lucrose mediazioni. Ma poiché i soldi ricavati non erano sufficienti per ristrutturare le antiche sedi o avviare gli ambiziosi progetti, essi hanno acceso mutui e prestiti che hanno appesantito in modo insostenibile la situazione debitoria di tutte le Fondazioni.
Quanto sia stata proficua l’opera di valorizzazione dei patrimoni ce lo può chiarire la seguente slide che è stata redatta sulla base dei dati forniti in sede di audizione presso la competente Commissione Consiliare dal Presidente della Fondazione Opera Pia Bettolini
Come si vede nell’arco di 10 anni il patrimonio delle ente è diminuito di 2milioni 673 mila euro e i debiti verso le banche sono passati da zero a 3milioni e 43mila euro. Il fatto grave è che tale situazione si è determinata solo negli ultimi due anni, cioè a partire dal progetto di trasformazione del patrimonio esistente nell’unità immobiliare di viale Cadeo. Insomma, l’Opera Pia Bettolini da Fondazione ricca è stata ridotta, in breve volgere di tempo, a una
scatola vuota ormai priva di valore.
Non è però un fatto isolato.
La situazione della Fondazione Bertinotti Formenti apparentemente sembra meno compromessa, ma è solo un’impressione. Il patrimonio è sì aumentato di valore a seguito della ristrutturazione del complesso di via Rangoni, ma sono lievitati esponenzialmente anche i debiti e quel che più conta, anno con anno si stanno accumulando perdite che riducono drasticamente il Patrimonio Netto.
La Fondazione non ha entrate sufficienti per far fronte regolarmente al pagamento delle rate di mutuo e sono già stati notificati alcuni decreti ingiuntivi per lavori, prestazioni e imposte e tasse non pagate.
La cosa più incredibile è che il costo della ristrutturazione della storica sede di via Rangoni è lievitato del 100%. Da un preventivo iniziale di 1 milione e 500 mila euro, si è passati a un costo, non ancora definitivo di 3 milioni di euro. Purtroppo i lavori non sono ancora terminati e una parte dello stabile risulta ancora da ristrutturare.
Parlare di questo immane dissesto esigerebbe ben più di un articolo, anche perché ci sono questioni che richiederebbero una trattazione a parte: mi riferisco alla vicenda del Bocciodromo e a quella paradossale del Cinema S.Orsola. Per non parlare poi della organizzazione interna delle Fondazioni, dei conflitti di interesse esistenti, della documentazione relativa a importanti operazioni carente o addirittura inesistente, delle operazioni avulse dall’attività propria degli enti.
Come definire tutto questo? A voler essere benevoli si potrebbe parlare di sciatteria e superficialità, ma a essere benevoli si rischia di essere conniventi. Anche perché non si tratta di situazioni in qualche modo risolvibili. Qui ne va della vita stessa delle Fondazioni.
Spero che i cosiddetti “uomini del fare” si rendano conto dei danni arrecati alla Città, ma a giudicare dalle prime reazioni sembrerebbe proprio di no.
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