lunedì 31 agosto 2009

Stampa prostituita




Negli ultimi mesi chiunque non sia particolarmente addentro alla politica ha potuto capire ben poco, in base al "sistema" dei telegiornali allineati, dello scandalo che si stava addensando sul premier. Un'informazione spezzettata, rimontata in modo incomprensibile, privata scientemente delle notizie essenziali, ha occultato gli elementi centrali della vicenda della prostituzione di regime. Allorché alla lunga lo scandalo ha bucato la cortina del silenzio, è scattata la seconda fase, quella dell'intimidazione. L'aggressione contro il direttore di Avvenire, Dino Boffo, risulta a questo punto esemplare: il giornale di famiglia, riportato rapidamente a una funzione di assalto, fa partire il suo siluro; nello stesso tempo l'informazione televisiva, con una farragine di servizi senza capo né coda, rende sostanzialmente incomprensibile il caso.

Basta una scorsa alla più accreditata informazione straniera per rendersi conto del penoso provincialismo con cui questo problema viene trattato qui in Italia, della speciosità delle argomentazioni, del servilismo della destra (un esponente della maggioranza ha dichiarato ai tg che la rinuncia di Berlusconi a partecipare alla Perdonanza, dopo l'attacco del Giornale a Boffo, "disgustoso" per il presidente della Cei Angelo Bagnasco, era un atto "di straordinario valore cristiano"). Oltretutto, risulta insopportabile l'idea che nel nostro futuro, cioè nella nostra politica, nella nostra cultura, nella nostra idea di un paese, ci sia un blocco costituito dall'informazione di potere, un consenso organizzato mediaticamente nella società, e al di fuori di questo perimetro pochi e rischiosi luoghi di dissenso. Questa non è una democrazia. È un regime che non vuole più nemmeno esibire una tolleranza di facciata. Quando tutti se ne renderanno conto sarà sempre troppo tardi. (Edmondo Berselli - la Repubblica del 31.8.09) leggi tutto

domenica 30 agosto 2009

Una fogna maleodorante


"Il potere che ci governa raccoglie dalla burocrazia della sicurezza dossier velenosi che possano alimentare campagne di denigrazione degli avversari politici. Stiamo al "caso Boffo". La scena è questa. C'è un giornalista che, rispettando le ragioni del suo mestiere, dà conto - con prudenza e misura - del disagio che nelle parrocchie, nei ceti più popolari del cattolicesimo italiano, provoca la vita disordinata del capo del governo, il suo modello culturale, il suo esempio di vita. È un grave smacco per il presidente del Consiglio che vede compromessa credibilità e affidabilità in un mondo che pretende elettoralmente, indiscutibilmente suo. È un inciampo che può deteriorare anche i buoni rapporti con la Santa Sede o addirittura pregiudicare il sostegno del Vaticano al suo governo. Lo sappiamo, con la fine dell'estate Berlusconi decide di cambiare passo: dal muto imbarazzo all' aggressione brutale di chi dissente. Chiede o fa chiedere (o spontaneamente gli vengono offerte da burocrati genuflessi e ambiziosissimi) "notizie riservate" che, manipolate con perizia, arrangiate e distorte per l'occasione, possono distruggere la reputazione dei non-conformi e intimidire di riflesso i poteri - in questo caso, la gerarchia della Chiesa - con cui Berlusconi deve fare i conti. Quelle notizie vengono poi passate - magari nella forma della "lettera anonima" redatta da collaboratori dei servizi - ai giornali direttamente o indirettamente controllati dal capo del governo. In redazione se ne trucca la cornice, l'attendibilità, la provenienza. Quei dossier taroccati diventano così l'arma di una bastonatura brutale che deve eliminare gli scomodi, spaventare chi dissente, "educare" i perplessi. A chi altro toccherà dopo Dino Boffo? Quanti sono i dossier che il potere che ci governa ha ordinato di raccogliere? E contro chi? E, concluso il lavoro sporco con i giornalisti che hanno rispetto di se stessi, a chi altro toccherà nel mondo della politica, dell'impresa, della cultura, della società?" (estratto dell'articolo di Giuseppe D'Avanzo - la Repubblica 30.8.2009)

Muoia Sansone...


Un assaggio della guerra che ci aspetta in autunno. Non sporca, lercia. La battaglia finale di un uomo malato, barricato nel delirio senile di onnipotenza che sta trascinando al collasso della democrazia un paese incapace di reagire: un uomo che ha comprato col denaro, nei decenni, cose e persone, magistrati, politici e giornalisti, che ha visto fiorire la sua impunità e i suoi affari dispensando come oppio l'illusione di un benessere collettivo mai realizzato. Dall'estero guardano all'Italia come un esempio di declino della democrazia, una dittatura plutocratica costruita a colpi di leggi su misura e di cavalli eletti senatori. Vent'anni di incultura televisiva - l'unico pane per milioni - hanno preparato il terreno. Demolita la scuola, la ricerca, il sapere. Distrutte l'etica e le regole. Alimentata la paura. Aggrediti i deboli.
È una povera Italia, un piccolo paese quello che assiste impotente all'assalto finale alle voci del dissenso condotto da un manipolo di body guard del premier armate di ministeri, di aziende e di giornali. L'ultimo assunto ha avuto il mandato di distruggere la reputazione del "nemico". Scovare tra le carte gentilmente messe a disposizione dei servizi segreti, controllati dal premier medesimo, dossier personali che raccontino di figli illegittimi e di amanti, di relazioni omosessuali, come se fosse interessante per qualcuno sapere cosa accade nella vita di un imprenditore, di un direttore di giornale, di un libero cittadino. Come se non ci fosse differenza tra il ruolo di un uomo pubblico, presidente del Consiglio, un uomo che del suo "romanzo popolare" di buon padre di famiglia ha fatto bandiera elettorale gabbando milioni di italiani e chi, finito di svolgere il suo lavoro, va a letto con chi vuole - maggiorenne, sì - in vacanza con chi crede. La battaglia d'autunno sarà questa: indurre gli italiani a pensare che non c'è differenza tra il sultano e i suoi sudditi, tra il caudillo e i suoi oppositori. Non è così: la parte sana di questo paese lo sa benissimo.(Concita De Gregorio - l'Unità 29.08.2009)

mercoledì 26 agosto 2009

Matrix (parte prima)



Saluto caramente Paolo Festa che con il suo commento al post "Uscita di seno" apparso su Chiari tube, mi dà l’opportunità di appuntare qualche riflessione sulla situazione politica locale e nazionale e sullo stato dell’informazione del nostro Paese.
Questo blog è rimasto inattivo per circa due mesi per la ragione che era necessario smaltire le tossine accumulate durante la campagna elettorale. Il risultato per il centrosinistra è stato troppo deludente per continuare il lavoro di informazione politica come se nulla fosse accaduto. Lo scrivere è un’attività che richiede una continua manutenzione per evitare che il meccanismo mentale si inceppi. Per riavviare un motore si parte da giri bassi per poi alzarli gradualmente. Quindi non deve scandalizzare se, complice la calura agostana, si cominci con articoli un po’ leggeri e apparentemente innocui. A volte la satira vale molto di più di certi discorsi ponderosi.
Ma al di là del tono usato, quello che mi ha interessato in questo periodo è il costante degrado della situazione politica generale. Degrado evidenziato in modo particolare dall’attivismo idiota della Lega e da un premier senza vergogna che sta gettando nel discredito il nostro paese di fronte al mondo intero. A questo si aggiunga un conflitto d’interessi così gigantesco da pervadere ormai ogni attività economica di qualche interesse e in particolare quel delicato settore che è il sistema informativo. Oggi in Italia non c’è soltanto un problema di cattiva informazione, non c’è solo un ossequioso tacere sulle turpitudini di un potere senza ritegno che ritiene normale la nomina a Ministri della Repubblica di note e disponibili showgirl (il termine mignottocrazia non mi sembra sia nato a sinistra), che ritiene normale che un premier faccia di una residenza di Stato un casino di Stato, che ritiene normale distorcere i principi su cui si basa la nostra democrazia per interessi personali. (continua sotto)

Matrix (parte seconda)



Oggi c’è di più. C’è il voler costruire un mondo fittizio e scintillante realizzato negli studi televisivi o nelle redazioni di giornali. Una sorta di Matrix destinato a essere specchio per una società frustrata e priva di qualsiasi ideale che non siano i soldi o la carriera. E dove i soldi e la carriera non ci sono, quel mondo diventa una bella favola che incanta e stupisce. Perché siamo arrivati al punto che i poveri, i brutti e i cattivi amano i belli, i buoni e naturalmente i ricchi.
Oggi per pubblicizzare qualsiasi prodotto, qualsiasi trasmissione, qualsiasi causa si ricorre al corpo nudo della donna. L’elemento che scatena le nostre fantasie, che ci tiene incollati al televisore cascasse il bambino dal seggiolone. Mi aspetto solo di vedere una suora in minigonna osè per una campagna per l’8 per mille a favore di una qualche chiesa. La performance di José Maria Lopez non è un fatto accaduto incidentalmente, è una situazione studiata a tavolino per creare un caso, per pubblicizzare una trasmissione che parla di un mondo marciolento che è il calcio. La “battutina” sarà stata forse “pretestuosa” , ma esprime un dato di fatto. D’altra parte basta leggere i giornali esteri per capire come siamo considerati negli altri paesi.
Si chiede giustamente perché ospitare una notizia così su un blog che dovrebbe parlare solo di fatti di Chiari. Bene il presente blog ha cambiato un po’ il suo titolo in quanto vuole cambiare anche il modo di fare informazione. Quel “dintorni” (che verrà ripreso anche da Chiari tube) vuole significare che l‘orizzonte di Chiari non basta. L’analisi politica seguita alle elezioni mi ha portato alla convinzione che non basta parlare di fatti locali legati alla nostra quotidianità. Buona parte dell’elettorato clarense non vota per quello che ha fatto o non fatto l’amministrazione uscente. Ci siamo spesi al limite delle forze per cercare di spiegare ai nostri concittadini cosa comportasse questo o quel progetto, questa o quella decisione, ma per la maggioranza dei clarensi è valso di più uno slogan che ha parlato alla sua pancia e alle sue paure. Ci sarà tempo per parlare dei fatti di Chiari. Lo si deve a quei 4.200 cittadini che hanno votato centrosinistra.
Per finire penso che occorra un lungo lavoro di rinascita culturale per ridare dignità a questo Paese. Non so se il Partito Democratico sia oggi in grado di prendersi sulle spalle questo compito. Vedo troppa timidezza, troppa arrendevolezza e una preoccupante mancanza di iniziativa politica. Ma se non lo fa questo partito chi lo fa allora?

martedì 25 agosto 2009

Chiari Tube

Guarda i video di Chiari Tube

http://chiaritube.blogspot.com/

El Tg lumbard


Ormai è scientificamente provato che le stagioni non sono più quelle di una volta e che l’uomo con le sue diavolerie ha modificato irrimediabilmente il clima della terra. Il sole, la nostra buona stella ai cui raggi una volta ci si esponeva volentieri per abbronzare d’estate la nostra pelle, oggi è fonte delle più perniciose malattie. Non solo malattie della pelle quali dermatosi e cheratosi, ma anche disfunzioni nervose che inducono a dire e pensare le cose più stravaganti.
Certamente i rappresentanti della Lega devono essere afflitti da questa strana sindrome, perché dall’inizio dell’estate fanno a gara a chi la spara più grossa, lanciando senza il minimo senso di vergogna le proposte più stupide e bislacche che si possano pensare.
L’ultima in ordine di tempo è quello del ministro (si fa per dire) Luca Zaia. Quell’elegantone, che non si sposta se non ha a disposizione una telecamera che immortali i suoi storici messaggi alla nazione sul formaggio bagoss, ha proposto di trasmettere giornalmente un telegiornale in dialetto. “Non vedo nulla di sacrilego” ha affermato compunto “nel fatto che le notizie possano essere comunicate nell'idioma regionale”. Detto fatto. I giornalisti del Tgr della Lombardia, tra un’intervista e l’altra a Formigoni, si sono dati subito da fare per preparare un Tg in lombardo. Per iniziare il capo redazione dice:
“Qual è l’idioma regionale?”
“Ma lo sanno anche i pulaster” fa uno di Milano “L’idioma della nostra regione è il milanese, el meneghin”.
“Una bella prugna. “ risponde a tono uno di Sopraceneri del Canton Ticino “il verace idioma lombardo, da cui derivano tutti gli altri dialetti è il lombardo alpino”.
“E dove lo metti il basso lombardo, inteso come idioma s’intende?” dice uno di Lodi.
“Uehi, ma schersiamo” fa il bresciano “e il camuno non è la lingua delle nostre antiche genti?”
“Sì il camuno.” Fa il ticinese “Ma se fino a ieri sapevate fare solo pitoti e per comunicare grugnivate! Il vero dialetto è il nostro”.
“Scusate” fa un canturino “il brianteo è forse da meno del milanese o del ticinese? Qui si sta parlando di una delle parti più produttive della regione”.
“Meniamo poco il torrone” fa indispettito il cremonese “la Lombardia non è solo Milano e il suo hinterland. C’è anche la provincia produttiva”.
“E che producete voi turun, turass e tetass?
“Noi siamo il cuore della Lombardia” fa uno di Rivolta d’Adda “il vero idioma è l’abduano
“L’abduano? Ma che bestia è?”
“Il bergamasco, il bergamasco, la lingua dei mitici Orobj, deve essere l’idioma regionale”
“Sì il bergamasco! So di uno di Bergamo bassa che andando a Bergamo alta l’hanno preso per uno straniero.”
“Uhei pirlotti, ma la vogliamo capire o no che l’idioma che rappresenta la nostra terra è e deve essere il milanese? Solo Milano, il Gran Milan conta più di tre milioni di abitanti e tutti parlano il meneghino”.
“A dire il vero signori” fa l’uomo delle pulizie che lavorando lì vicino non si era perso una virgola del discorso “a dire il vero, Milano a detta di molti è la più grande città del sud. Quindi il vostro telegiornale sarebbe meglio che lo trasmetteste in napoletano”.
Imbarazzo, sconcerto.
“Beh!” fa il capo redazione “propongo di rimandare la discussione a data da destinarsi”.
Approvato. Con buona pace del ministro Zaia.

domenica 23 agosto 2009

Tracotanza e cialtroneria



Pubblico volentieri alcuni stralci dell'articolo di Marina Corradi uscito in questi giorni sull'Avvenire:

"Chi non vuole vedere e chi muore
Sono arrivati in cinque. Erano ischeletriti, cotti dal sole che martella, in agosto, sul canale di Sicilia. Ma il bar­cone, era grande: ce ne stipano ottanta, i trafficanti in Libia, di migranti, su bar­che così. Affastellati uno sull’altro co­me bidoni, schiena a schiena, gli ultimi seduti sui bordi, i piedi che penzolano sull’acqua...
Decine e decine di eritrei inabissati come una povera za­vorra di ossa in fondo a quello stesso mare in cui a Ferragosto incrociano na­vi da crociera, traghetti, e gli yacht dei ricchi. È questo il dato che raggela an­cor più. Perché in venti giorni, nelle acque della Libia e di Malta, e in mare aperto, qualcuno avrà pure incrociato, o almeno intravisto da lontano quel barcone; ma lo ha lasciato andare al suo destino...
Co­me picchi il sole come un fabbro sulle teste, come devasti la sete, come scar­nifichino la pelle le ustioni. Noi del mon­do giusto, che su quelle stesse acque d’a­gosto ci abbronziamo, non sappiamo quale spaventevole nemico siano le on­de, quando il motore è fermo, e l’oriz­zonte una linea vuota e infinita...
Ma c’è almeno un equivoco in cui non è ammissibile cadere. Nessuna politica di controllo della immigrazio­ne consente a una comunità interna­zionale di lasciare una barca carica di naufraghi al suo destino. Esiste una leg­ge del mare, e ben più antica di quella pure codificata dai trattati. E questa leg­ge ordina: in mare si soccorre. Poi, a ter­ra, opereranno altre leggi: diritto d’asi­lo, accoglienza, respingimento. Poi. Ma le vite, si salvano...Quan­do, oggi, leggiamo delle deportazioni degli ebrei sotto il nazismo, ci chiedia­mo: certo, le popolazioni non sapevano; ma quei convogli piombati, le voci, le grida, nelle stazioni di transito nessuno li vedeva e sentiva? Allora erano il tota­litarismo e il terrore, a far chiudere gli oc­chi. Oggi no. Una quieta, rassegnata in­differenza...
Cinque naufra­ghi sono arrivati a dirci di figli e mariti morti di sete dopo giorni di agonia. Nel­lo stesso mare delle nostre vacanze. U­na tomba in fondo al nostro lieto mare. E una legge antica violata, che minac­cia le stesse nostre radici. Le fonda­menta. L’ idea di cos’è un uomo, e di quanto infinitamente vale. (leggi tutto)

Questi i fatti. La risposta di Bossi è stata lapidaria: "Che le porte le apra il Vaticano, che dia lui il buon esempio". Una tracotanza che fa la pari con la cialtroneria del gioco razzista "Rimbalza il clandestino" pubblicato su Facebook dalla Lega e ideato sembra da quel genio di Renzo Bossi. (leggi qui)

sabato 22 agosto 2009

Venghino Sìore e Sìori...ricomincia lo spettacolo


Bisogna ammetterlo, quest’estate la Lega ha dato spettacolo. Mentre gli altri si crogiolavano al sole o si rifugiavano in un Centro Messeguè per tirarsi in linea con qualche “simpatico” massaggio dispensato da professioniste della materia, i rappresentanti della Lega hanno occupato la scena politica da veri protagonisti.
Si è incominciato a maggio con una bella proposta del duo Piccinni/Salvini . Sì Salvini quello dei cori da stadio, quello del "Senti che puzza, scappano anche i cani. Stanno arrivando i napoletani... " La proposta è semplice e “politically correct”. Prevede che alcune carrozze della metropolitana milanese siano riservate alle donne, altre agli extracomunitari. Così, tanto per non discriminare nessuno.
Passando dalla richiesta di ritiro dei nostri ragazzi dall’Afghanistan, la Lega propone di inserire per i professori un “test di dialetto”. Se lavori a Milano devi pur sapere se “ la cadrega” è una sedia o una mela, no?
A fine luglio il Governo sblocca 4.3 miliardi di euro di Fondi Fas a favore della Sicilia, ma i loquaci rappresentanti della Lega diventano di colpo muti. Ma guarda!
Agosto si apre con una stupefacente proposta del presidente del Consiglio Comunale di Sanremo. Udite, udite, una sera del Festival deve essere dedicata alle canzoni dialettali. “El stava semper sul cantun el ghe parlava mai a nissun…”
Ci pensa Calderoli a portare il discorso su proposte serie. Bisogna parametrare le buste paga all’effettivo costo della vita. Ottima proposta. Il giorno dopo però c’è la smentita: “nessuno ha mai parlato di “gabbie salariali”.
La prima settimana di agosto si chiude con la proposta di affiancare alla bandiera italiana quella delle regioni. Al Quirinale per l’alza bandiera si impiegherebbe poco meno di una settimana.
Qualche giorno fa il Presidente della Repubblica Napolitano sollecita il governo a presentare un piano per le celebrazioni del 150° anniversario dell’unità d’Italia, ma il presidente dei deputati della Lega Roberto Cota lo stoppa risentito “ecchecavolo in un momento come questo pensate alle feste? Ci sono ben altre priorità ed esigenze”. “Per esempio?” Per esempio spendere 9 milioni per la Cinecittà Lombarda per raccontare la Padania, il “non luogo”. Perché è ora di finirla col romanesco al cinema. Da oggi si parla bergamasco. “Berghem de hüra o de hota”. “De hota, pota, pota, pota”.
Per finire in bellezza e per ricordarci che le sparate della Lega non sempre sono colpi di sole, vi lasciamo con questo “simpatico” tango.