mercoledì 13 dicembre 2017

IERI e OGGI



Queste due immagini, apparentemente simili, appartengono non solo a due stagioni diverse, ma anche a due concezioni diverse dell'amministrazione della cosa pubblica e della politica.
Da una parte abbiamo un cinema teatro, rimasto nel cuore e nel ricordo dei cittadini clarensi, che viene buttato giù dall'oggi al domani per costruire al suo posto un mega complesso commerciale che avrebbe dovuto ospitare al suo interno, secondo le parole dell'allora Sindaco Mazzatorta, "il più importante e suggestivo contenitore culturale degli ultimi 50 anni". Il contenitore è morto ancora prima di nascere e con esso i sogni di gloria di una Giunta dissennata e sprecona.
Oggi, al suo posto, c'è un desolato parcheggio, "impreziosito" da un inguardabile "propileo" elevato dai cosiddetti "uomini del fare" a suggello di una stagione di fallimenti. Proporrei di attaccarci una targa commemorativa per ammonire i posteri su quello che non dovrebbe essere mai fatto da un'Amministrazione Comunale.
Nella seconda immagine, c'è sempre una ruspa (tanto cara a Salvini) che movimenta terra in quello che è il più grande cantiere mai aperto a Chiari. Più di 8 milioni di euro investiti per potenziare il complesso scolastico di viale Mellini, utile ai nostri ragazzi e alla città tutta.


Dopo l'ampliamento della mensa e la costruzione di un'area verde esterna a gradoni, si sta ora procedendo all'innalzamento dei piloni prefabbricati del nuovo complesso. La struttura, come è possibile rilevare dalle foto, è imponente.
Cinque, di quegli 8 milioni, vengono da finanziamenti europei a fondo perduto accesi dal  governo Renzi. La Buona Scuola a Chiari ha portato buoni frutti a dispetto di coloro che pensano che in Italia vada tutto male. È possibile realizzare ancora buoni progetti solo se si ha di mira il bene comune  e non le mire speculative dei soliti noti.


venerdì 20 ottobre 2017

MAGLI MASANIELLO

La campagna elettorale che verrà sarà tra le più dure degli ultimi trenta anni. Tutti i partiti stanno affilando le armi e molti quotidiani e giornali si preparano a prendere posizione. 
A Chiari ad accendere le polveri ci ha pensato il Giornale di Chiari e il suo  direttore/editore Massimiliano Magli che in un memorabile editoriale parla in toni sarcastici e corrosivi dello “Ius Soli”.

Estratto dell'editoriale de Il Giornale di Chiari dell'ottobre 2017

Il problema epocale della migrazione di milioni di persone e dell’affermazione dei diritti dei tanti stranieri i cui figli sono nati o cresciuti in Italia, è rappresentato da Magli come una barzelletta. L’intenzione è quella di mettere alla berlina esponenti del PD che si sono permessi di fare lo sciopero della fame per spingere il Parlamento a discutere della questione.

Si capisce però subito che il problema dello Ius Soli è solo un pretesto. L’intento di  Magli è quello di  consumare l’ennesima vendetta nei confronti del PD reo di non si sa quali crimini.
Il direttorone, non ha peli sulla lingua ed entra nella polemica senza timori reverenziali. “Scopriamo le carte. Scopriamo un paese, lasciamo le carte prendiamo i bastoni”. Questa è la mirabile apertura dell’editoriale del novello Masaniello. I bastoni dovrebbero essere alzati contro chi “racconta la storia del Pil che cresce, a dispetto di una povertà che invece aumenta”. Certo, i bastoni sono virtuali e il ricorso alla forza da evitare (per non andare in galera),  ma siamo a Brescia, la città delle dieci giornate, e quei bastoni da “figuràti” potrebbero trasformarsi “chissà” in bastoni “più duri”.  Insomma, una chiamata alle armi in piena regola che riporta alla mente la “rivolta del pane” di manzoniana memoria o la “guerra dei cafoni”. Tutto oro per le bocche buone di Lega e 5 Stelle. 

La rivolta del pane da I Promessi Sposi
E allora - continua Magli - le carte scoperte della politica che abbiamo sono quelle di politici con milioni di redditi nella loro vita, facenti parte peraltro del più «povero» partito d’Italia (il Pd, che invece di milioni di euro ne incassa ogni anno con le nostre tasse), che decidono di fare lo sciopero della fame per lo Ius Soli”.
Lasciando perdere per carità di patria la forma, per Magli gli aderenti al Partito Democratico dovrebbero essere dei nullatenenti, forse anche pezzenti e straccioni. D’altra parte, in altra sede, ebbe a scrivere che non si capacitava di come un partito come il PD non potesse permettersi di pagare uno “spazio autogestito” sul suo giornale. Perché, diciamolo chiaro, il periodico che lui dirige e di cui è anche editore (più raccoglitore di pubblicità che giornale), sopravvive grazie ai soldi sborsati dalle varie Amministrazioni Comunali per avere spazio sia sui giornali della catena che su Brescia Oggi, quotidiano per il quale il nostro scrive. D’altra parte fu lui stesso ad affermarlo rivolto ai sindaci della zona: “Vorremmo essere il vostro megafono”. Basta pagare e Magli diventa il megafono anche del diavolo. Senza quei soldi il suo bel giornale avrebbe qualche difficoltà a sopravvivere. il PD di Chiari che la “marchetta” si è rifiutata di pagarla, ha avuto sempre una pessima stampa. Alla faccia della deontologia professionale. 
Custodisco nel cassetto della mia scrivania il numero dell’ottobre 2013 del Giornale di Chiari in cui il grande direttore dedicò ben tre pagine, dico tre,  del suo fogliaccio a una requisitoria nei confronti del PD.  Il tutto partiva da una conferenza stampa organizzata dal Partito Democratico in avvio della campagna elettorale delle comunali 2014. In quella sede si parlò anche degli arresti di Enio Moretti, accusato e poi condannato in primo grado e in appello per “associazione per delinquere finalizzata alla frode fiscale”. 

Estratto dell'editoriale de Il Giornale di Chiari dell'ottobre 2013
Questo fatto indispettì molto il direttore Magli che sbottò: “Quelli del PD si sono presi una bella giornata di sole, successivamente all’arresto di Enio Moretti…A Moretti gli si potrà dare del delinquente qualora venisse condannato, ma intanto non si può”.
E infatti quelli del PD non dissero né allora né dopo che Moretti era un delinquente, ma sollevarono un problema di opportunità politica, cosa che a Magli diventa abbastanza difficile da capire.  D’altronde, come fa a comprendere queste cose un giornalista che è stato per lunghi anni il “megafono” del Sindaco e Senatore Sandro Mazzatorta al di là di ogni ragionevole decenza?
Fa strano sentir parlare dei redditi milionari dei politici del PD e dei milioni che il PD incassa ogni anno con le tasse dei contribuenti, quando il partito che è stato accusato di aver usato per fini impropri soldi pubblici (ben 48 milioni di euro, non noccioline), è proprio la Lega Nord. Proprio quel partito che Magli ha supportato, appoggiato e sostenuto con i suoi articoli, i suoi editoriali e le sue indimenticabili interviste dalle pagine del Giornale di Chiari e da quelle di Brescia Oggi. 


Ma di questo vero scandalo sul suo giornale non vi è traccia. Quando c’è di mezzo la Lega il nostro Masaniello, il nostro fustigatore dei potenti, diventa afono, si distrae, guarda da un’altra parte.

P.S. 
  1. I soldi che incassa il PD sono sì soldi dei contribuenti, ma solo di coloro che decidono di devolvere il 2 per mille dell’Irpef a questo partito. È una devoluzione libera che può essere fatta nei confronti di qualsiasi partito. Cosa trovi Magli di tanto disdicevole in questo è difficile da comprendere.
  2. Non si riesce a capire perché il PD - fino a prova contraria principale partito della coalizione che governa attualmente Chiari - debba consentire il finanziamento con soldi pubblici del giornale di cui è editore Massimiliano Magli. Tale finanziamento opera sia attraverso la pubblicazione su tale giornale della cosiddetta informazione istituzionale (perché il Comune non usa con più frequenza Amministrazione Trasparente?), sia attraverso la pubblicità di Chiari Servizi. Che interesse può mai avere Chiari Servizi di farsi pubblicità a Chiari, considerato che risulta operatore unico di importanti servizi resi alla popolazione della città? Molti cittadini di Chiari votano PD e non comprendono il motivo per il quale debbano dare i loro soldi a un mensile che periodicamente getta fango addosso al loro partito di riferimento. Qui la libertà di opinione non c’entra proprio niente. C’entrano semmai il risentimento astioso e la ritorsione ingiustificata.

martedì 15 agosto 2017

VICENDA CAMPODONICO

- Non tutto il male viene per nuocere -

Quella che sembrava una brutta pagina, scritta da una politica che quasi sempre dà di sé un’immagine pessima, si è trasformata, nello spazio di pochi giorni, in qualcosa di positivo.
Ieri, su sua espressa richiesta, ho avuto un incontro con il Consigliere Comunale Roberto Campodonico che mi ha porto le sue scuse per le parole offensive pronunciate al mio indirizzo in pubblica piazza, in un attacco d’ira del tutto incontrollato.

Il Consigliere Comunale Roberto Campodonico
Riconoscere i propri errori da parte di uomini che hanno responsabilità politiche, è cosa alquanto rara. Non è mai facile chiedere scusa, meno che meno a un avversario politico che è stato sempre molto critico nei tuoi confronti.
Spero che questa vicenda serva a svelenire il clima politico che negli ultimi tempi a Chiari è stato abbastanza rovente.

Poiché mi è stato chiesto, nei prossimi giorni provvederò a ritirare la querela presentata alla Procura della Repubblica il 10 di questo mese.

sabato 12 agosto 2017

POLO DELLA CULTURA

Goodbye e amen

Ieri ho letto con vivo interesse la lettera indirizzata a Chiariweek dai Consiglieri Comunali Gabriele Zotti e Roberto Campodonico. L’argomento è, tanto per cambiare, il famigerato Polo della Cultura di Chiari.
Evidentemente questo fallimentare progetto, costato alla città una montagna di soldi, grava come un macigno sulla coscienza dei nostri ex amministratori, tanto da diventare ormai un peso insopportabile. L’unico modo per liberarsene è convincersi che se il progetto è fallito miseramente la responsabilità non è loro, ma di altri. Cose già viste e sentite, ma che aggiungono alla narrazione mazzatortiana ulteriori bugie.


Tutto quello che è rimasto del Polo della Cultura
L’ex Sindaco Mazzatorta, asseriva che il suo grandioso progetto era fallito sia per l’opposizione di una sinistra incapace di comprendere la portata della sua rivoluzione amministrativa, sia per il fallimento della Società Eleca. Oggi, i suoi epigoni, riprendendo quel discorso, affermano che il fallimento della Società Eleca è avvenuto 7 anni fa.
Sette anni fa? Sette anni fa si era nel 2010 e in quell’anno fu del tutto evidente che quel progetto non avrebbe mai visto la luce. Anzi, Massimo Ghilardi, in pieno Consiglio Comunale affermò che si era andati alle elezioni (primavera 2009) “consapevoli che ci portavamo appresso un cadavere” in quanto quello del Polo della Cultura era un “progetto morto”. 
Affermare che la Società Eleca fosse già fallita nell’estate del 2010, mette le cose a posto, perché rimuove ogni responsabilità dalle spalle dei nostri ex Amministratori. Ma la Società Eleca è fallita il 4 novembre del 2013, quindi più di tre anni dopo quegli avvenimenti e ben quattro dalle elezioni del 2009. Eppure all’inizio del 2009 Ghilardi era consapevole che il Polo della Cultura era un progetto morto. Lo era Ghilardi e non lo era il Sindaco? Lo era Ghilardi e non lo erano gli altri Amministratori Comunali? Faccio fatica a credere che Ghilardi avesse qualità divinatorie. 
In verità Ghilardi, dopo essere stato muto per tutti i mesi precedenti se ne uscì con quella sparata quando ormai le cose erano evidenti anche ai ciechi. 
I primi articoli scritti sull’InformaChiari relativamente al Polo della Cultura risalgono al 2007. L’esposto alla Corte dei Conti inviato dai Consiglieri comunali del PD risale al 27 dicembre del 2007. Fra il 2008, e il 2009, vennero pubblicati sull’InformaChiari altri articoli. Nelle varie sedi istituzionali e non, il PD avversò sempre la sciagurata scelta della Giunta Mazzatorta. Furono presentate in Consiglio Comunale almeno due mozioni, fatte decine di interpellanze, rilasciate ai giornali locali innumerevoli interviste. Della questione inoltre si polemizzò sia sul Sito che sul Blog del PD ed infine ci si adoperò fattivamente per la raccolta delle firme contro l’ecomostro. Per non parlare infine delle manifestazioni organizzate dal Pd il 6 febbraio e il 26 giugno 2010.


Il naufragio del Polo della Cultura - Elaborazione grafica di Enzo Maragucci

Venire oggi a parlare di “tesoretto” e di “progettualità seria ed efficiente” è veramente insopportabile. Dopo tutti i danni che avete causato, dopo tutti i soldi sprecati, l’unica cosa che vi resta da fare è mettervi in ginocchio e chiedere sommessamente perdono a tutti i cittadini di Chiari. Altro che pretendere scuse come fa il Consigliere Campodonico, altro che conciare di “benefit da usare a vantaggio della città”!  Quei soldi non rappresentano né un tesoretto né un risarcimento. Erano soldi nostri. 1 milione di euro che avete colpevolmente dato alla Eleca senza la garanzia di stati avanzamento lavori. Per non parlare del Cinema che non c’è più e di tutti i soldi spesi per abbatterlo, i soldi per spostare i tigli, per asfaltare il piazzale, per spese legali, per interessi su tutte le somme spese, per mancati introiti, per studi di progettazione, e chi ne più ne metta. Altro che “positiva e trasparente operazione finanziaria”! 
È sperabile solo che su questa sciagurata vicenda scenda il silenzio e la si consegni agli annali della nostra storia cittadina che la inscriveranno sicuramente fra le cose peggiori fatte dal dopoguerra a oggi.

giovedì 10 agosto 2017

CAMPODONICO COME IVAN DRAGO

Alla fine di una passeggiata mattutina, quando nelle orecchie risuona ancora l’eco del canto degli uccelli e gli occhi sono  pieni delle immagini bucoliche della nostra campagna, non capita tutti i giorni di essere accolti in pieno centro cittadino, da una persona che ti spara in pieno viso una frase del tipo: “Faccia di merda ti spacco la faccia”.
A me è capitato ieri mattina e la volgare frase non è stata pronunciata da un cittadino qualunque con il quale io avessi un qualche diverbio per motivi condominiali o altro. No, quella frase è stata pronunciata dal Consigliere Comunale Roberto Campodonico, novello Ivan Drago, per motivi io presumo squisitamente politici.

Il Consigliere Comunale di Chiari Roberto Campodonico
Probabilmente il soggetto mal sopporta le critiche che il sottoscritto rivolge da anni al partito della Lega Nord e ai suoi rappresentanti. Critiche, è bene precisarlo, argomentate  e motivate.
È dal 2008 che su Chiari Blog scrivo delle belle imprese di Mazzatorta e soci. Ho seguito passo passo i lavori miseramente falliti del Polo della Cultura, le elucubrazioni sulla Caserma dei Carabinieri che non hanno portato a niente, i tentativi per realizzare un Polo scolastico a nord di Chiari, anche qui niente, per non parlare delle  secolari Fondazioni ridotte ormai a scatole vuote.
Ebbene, nel corso degli anni questi signori hanno covato nel proprio intimo odio e rancore che ogni tanto emergono in modo violento e incontrollato. È già capitato in passato. 
Per una polemica del tutto innocua sul voto referendario mi sono stati rivolti insulti a valanga. Li avrei dovuti giudicare come medaglie, ma viste le persone che me li avevano indirizzati, li ho considerati come semplici patacche. Ma erano offese rivoltemi da semplici cittadini convinti che la discussione politica debba svolgersi solo con argomentazioni grevi e triviali. D’altra parte  gli esempi sono quelli.
In questo caso però la cosa cambia. Qui non si tratta del semplice cittadino. Qui abbiamo un Consigliere Comunale, già Assessore del Comune di Chiari. Un rappresentante delle Istituzioni quindi, che dovrebbe avere un atteggiamento consono alla carica che ricopre e un decoro non solo nei rapporti politici, ma anche e soprattutto nei rapporti con i cittadini.
Io non so quale sia il motivo preciso che ha spinto il Consigliere Campodonico a dire quello che ha detto ieri mattina. Nella concitazione del momento sono andato verso di lui, dicendogli: “Aspetta, vediamo se ne sei capace”. Si fosse fermato avrei capito le sue reali intenzioni e forse anche il motivo di quel gesto. Ma Campodonico ha ingranato la prima ed è fuggito via più veloce di una lepre.
Peccato! Si fosse fermato forse avremmo fatto una litigata e sarebbe finita lì. 
Ora forse sarà costretto a giustificare il proprio comportamento davanti ai Carabinieri e all’Autorità Giudiziaria, perché c’è un limite a tutto, anche alla maleducazione.

P.S. Oggi è stata presentata querela-denuncia alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Brescia, per il tramite la Legione Carabinieri Lombardia - Stazione CC Chiari per minacceingiurie e diffamazione.

sabato 5 agosto 2017

ACCUSE VERGOGNOSE

Sono andato a leggermi l’intervista del Presidente Napolitano a la Repubblica e mi sono convinto che se tutti i suoi detrattori avessero un decimo della sua lucidità e del suo acume, forse sarebbero in grado di formulare un discorso politico di qualche valore. Invece solo fango. La destra incapace e becera si permette di dire che Napolitano è un ballista e un coniglio e che è stato il mandante e il regista della rovina dell’Italia. Accuse vergognose che, guarda caso, arrivano proprio da coloro che l’Italia l’hanno mandata veramente in fallimento. 

Il Presidente Emerito della Repubblica Giorgio Napolitano

Salvini arriva addirittura ad affermare che Napolitano “non dovrebbe essere intervistato, pagato e scortato, ma dovrebbe essere processato”. Ad essere processato invece è stato il suo predecessore Umberto Bossi e l’ex tesoriere della Lega Francesco Belsito, riconosciuti colpevoli di truffa ai danni dello Stato per la bella cifra di 56 milioni di euro. Poiché si è trattato di “indebite appropriazioni di soldi pubblici”, il tribunale di Genova ha  disposto la confisca di fondi della Lega Nord per la cifra di 48 milioni di euro. Paghi Salvini prima di blaterare!
Ma Salvini non ha occhi per piangere ed è forse per questo che le spara sempre più grosse. La verità però sta nelle parole e non nelle fantasiose ricostruzioni dei vari rappresentanti della destra.
E quali sono queste parole? 
  1. In Libia c'era stato dapprima un intervento unilaterale francese con l'appoggio inglese.
  2. Le Nazioni Unite affrontarono la situazione in Libia approvando due risoluzioni; con la prima intimarono al colonnello Gheddafi di cessare le violenze contro il proprio popolo, con la seconda, in considerazione del fatto che i precedenti appelli al governo libico non erano stati raccolti, si autorizzò e sollecitò un intervento armato in Libia ai sensi del capitolo settimo della Carta dell’Onu.
  3. Il Consiglio Supremo di Difesa tenne una consultazione informale al Teatro dell’Opera di Roma in occasione dei festeggiamenti dell’Unità d’Italia, presenti fra gli altri il Capo dello Stato, il Presidente del Consiglio, il Ministro della Difesa. Il Capo dello Stato e il Ministro della Difesa erano favorevoli all’intervento, il Presidente del Consiglio era “riluttante”.
  4. La decisione di partecipare all’operazione fu presa dal Governo in armonia con il Parlamento ai sensi dell’art. 78 della Costituzione. In Parlamento, con il voto dell’allora opposizione di centrosinistra, furono votate a grandissima maggioranza due risoluzioni.
  5. La legittimazione di quella scelta da parte italiana fu dunque massima al livello internazionale e nazionale.

Questa la ricostruzione di Napolitano. Ditemi, cosa c'è che non corrisponde alla verità? 

Oggi, molti esponenti di centrodestra si affannano a rappresentare un Berlusconi costretto ad accettare i diktat di Napolitano, arrivando a dire, come fa Giorgia Meloni, che “quella guerra insensata fatta contro gli interessi nazionali italiani è stata voluta e incoraggiata dall'allora Capo dello Stato, dal Pd e dal solito circo mediatico”. Dal PD? Come si fa a dire una scempiaggine del genere? Allora il Governo era di centrodestra, il Presidente del Consiglio era Berlusconi, il Ministro della Difesa era un compagno di partito della Meloni, in Parlamento la destra godeva di una maggioranza schiacciante. Se avessero voluto dire “no” a una “guerra insensata” avrebbero avuto tutti i mezzi e le possibilità per farlo. Hanno detto invece “sì”. Perché? La risposta ce la fornisce la stessa Meloni: “Il Governo, apertamente contrario ad azioni ostili contro Gheddafi, è stato costretto a intervenire militarmente dopo le azioni unilaterali di Francia e Regno Unito per non escludere l'Italia dai nuovi equilibri libici”. Questa è la verità e tutte le parole di giornali amici e  dementi mediatici sono solo parole buttate al vento.

mercoledì 26 luglio 2017

POLO DELLA CULTURA -

Game over - 

Pensavo che sull’argomento Polo della Cultura non ci fosse ormai più nulla da scrivere. I fiumi di parole spesi per raccontare, quasi in cronaca diretta,  quella disastrosa e fallimentare operazione potevano essere sufficienti per inchiodare alle loro responsabilità i protagonisti della vicenda (leggi qui). 


E invece no. Gli ex Amministratori Comunali affermano che qualcuno deve chiedere scusa a Mazzatorta. Motivo? I 468mila euro recuperati rappresentano un “tesoretto”, frutto dell’ottimo lavoro della precedente Amministrazione, mentre la differenza fra il milione di euro a suo tempo versato alla Eleca e la somma recuperata rappresentano il valore dei lavori eseguiti per alcuni sottoservizi. Peccato però che i 468mila euro se ne siano andati per pagare avvocati e periti, mentre i sottoservizi resteranno inutilizzati sotto terra a futura memoria di questo capolavoro amministrativo.
Il danno effettivo subito dalla città si avvicina ai 2 milioni e mezzo di euro. Altro che tesoretto!
Il Consigliere Campodonico, incurante di tutto, perfino del ridicolo, pretende scuse e incalza indignato affermando che contro questa “brillante operazione” furono gettate accuse infamanti. Vero, tutto vero. Non solo sull’operazione, ma anche su coloro che l’hanno ideata e portata avanti. Mi ricordo infatti le parole, pesanti come pietre, pronunciate in pieno Consiglio Comunale da Massimo Ghilardi, autorevole rappresentante della maggioranza di allora. Le riporto testualmente a beneficio del Consigliere Campodonico: “Andammo alle elezioni con un progetto morto, consapevoli che ci portavamo appresso un cadavere… Mi sarei aspettato che il responsabile, cioè il Sindaco, facesse un passo avanti e si assumesse la responsabilità di quello che è a tutti gli effetti un fallimento politico. Se non lo farà, lascerà a noi il peso di questa testardaggine. Io non posso accettare di vedermi addossare la stessa identica responsabilità che ha il Sindaco. Io non accetto questa chiamata di correità”.

Ha ragione Campodonico, sono parole infamanti. Parole che però non hanno avuto seguito, forse perché rappresentano l’incontrovertibile verità su questa sciagurata operazione: il più grande fallimento politico-amministrativo della storia recente della città di Chiari.


mercoledì 21 giugno 2017

Le "faccie" della vecchia politica

OVVERO LA SINDROME DI SATURNO

Chi è affetto dalla sindrome di Saturno divora il tempo, lo mangia, lo congela, lo ferma perché non vuole essere sostituito dal Nuovo, dal Prossimo, dal Figlio. E così il portatore della sindrome costringe una fetta di vita a bloccarsi, silurando il futuro con la coccarda costantemente rammendata del passato. La sindrome di Saturno non permette a chi si affaccia dalla balaustra della vita, di essere e divenire”.
Francisco Goya - Saturno divora i suoi figli
Un paese del continuo ritorno al passato, un paese che non vuole cambiare, un paese che, nonostante le badilate del Pierino di Rignano, non vuole rinnovare la propria classe dirigente. Ecco l’Italia del 2017. Uscita trionfante dalla prova referendaria del 4 dicembre 2016, si è trovata presto impantanata in una fetida palude. La fine ingloriosa dell’Italicum e della blanda riforma Costituzionale ha fatto uscire da quel pantano i vecchi arnesi di sempre: famelici alligatori sempre alla ricerca di qualche tana dove acquattarsi. Adusi a galleggiare in tutte le putride acque della politica, si fanno avanti con ferina cautela, dichiarandosi disposti al sacrificio se l’Italia e gli italiani glielo dovessero chiedere. Ed ecco avanzarsi D’Alema che la politica la fa da quando aveva i calzoncini corti. Si considerava un innovatore negli anni ’80, salvo poi scoprire, salito il più alto scranno del potere, di essere l’innovatore del nulla. Affetto da manie saturnine come nessun altro, ha divorato uno dopo l’altro tutti i figli nati nel grembo della negletta sinistra italiana negli ultimi 30 anni. Dopo essersi fatto da parte volontariamente, ora sente l’urgenza di un nuovo impegno, certo, se i cittadini pugliesi glielo dovessero chiedere. State certi che glielo chiederanno, fossero anche soltanto quelli della sua cerchia.

D'Alema-Berlusconi-Bossi-De Mita
De Mita non è da meno e lasciate le carte del tressette e la poltrona di sindaco della sua amata Nusco, alla bella età di 89 anni parte, magari con il suo fido Pagliuca,  per scovare, ovunque essi si trovino, tutti democristiani d’Italia. il Paese chiama e il novello Don Quijote è pronto a montare il suo Ronzinante, sognando gli antichi splendori di una politica ormai morta e sepolta. I mulini a vento sono ancora lontani, ma l'hidalgo Ciriaco è già pronto alla tenzone.
Neppure Bossi, nonostante i problemi di salute, disdegna una sua nuova investitura. Quel Salvini non ha la stoffa del leader e quel che è peggio, è che per accaparrarsi una manciata di voti di qualche terrone, ha perso di vista il fine ultimo dell’impegno politico della Lega: l’indipendenza da questo Stato di ladroni, la secessione.
L’eterno è però Berlusconi. Per la sua ennesima discesa in campo sembra si sia inventato “L’albero della libertà". Il logo è già pronto: un frondoso albero con profonde radici e frutti succosi. Le radici sono i principi: libertà, democrazia, valori occidentali. I rami sono i problemi, i frutti le soluzioni. Insomma l’ennesima operazione di maquillage, di quelle che l’hanno reso un morto vivente, una mummia che non vuole saperne di mollare la presa, di lasciare ad altri la fatica e la gioia di proseguire il viaggio. E questo, nonostante la legge Severino, gli scandali di olgettine, papi e nipoti di Mubarak, i disastri governativi che hanno portato l'Italia al fallimento. 

L’Italia di oggi sembra sentire forte un desiderio di morte. Ma un Paese che guarda solo al passato, che non lascia andare via i morti, non vive, non ha speranza, non ha futuro.

martedì 30 maggio 2017

CASO MORETTI -

Ovvero il male oscuro dell'Italia -

Strana città Chiari. Accade un fatto di una gravità assoluta, qualcosa che avrebbe dovuto riempire per giorni le bacheche di politici e semplici cittadini, eppure nessuno ne parla. Non dico dei leghisti per i quali è moralmente più grave che un extracomunitario rubi una mela di quanto non lo sia una truffa di 20 milioni ai danni dello Stato da parte di un italiano. 

Enio Moretti

Eppure la condanna in appello di colui che assieme all’ex Sindaco e Senatore è stato il dominus della politica clarense per oltre un decennio, qualche riflessione avrebbe dovuto sollecitarla. 
Forse è passato il concetto tanto caro ai rappresentanti leghisti che in ogni caso si tratta di fatti privati e nessuno deve avere il diritto di parlarne, di farne una questione di polemica politica. Io, che di quei proclami me ne infischio, dico che la condanna in appello di Ennio Moretti è la cosa politicamente più rilevante avvenuta a Chiari negli ultimi 30 anni. 

L'ex Sindaco di Chiari Sandro Mazzatorta e Enio Moretti
Ancora più grave del fallimento del Polo della Cultura, ancora più grave del fallimento delle Fondazioni clarensi. Fatti per i quali, è bene ricordarlo, non ci sono parole per esprimere il disprezzo e la condanna nei confronti di coloro che hanno sperperato soldi pubblici e dissipato gli ingenti patrimoni lasciatici dai nostri padri per provvedere alle esigenze dei più deboli fra i cittadini clarensi. 
Tutto tace. Oramai siamo così assuefatti alla corruzione e al malaffare che tutto sembra rientrare nell’ordinaria amministrazione. “L’Italia di oggi è così, cosa ci possiamo fare?” No signori, qualcosa si può  fare, a iniziare da una sana e civile ribellione contro quello che è, assieme allo strapotere mafioso, il male oscuro dell’Italia.

mercoledì 12 aprile 2017

Tessoro

Nell’aprile del 2010 il Consigliere Comunale del PD Federico Lorini, elaborò una tabella in cui venivano elencati dettagliatamente i costi fino ad allora sostenuti per il fantomatico Polo della Cultura. Le cifre erano impressionanti. 
Da InformaChiari dell'aprile 2010

A distanza di sette anni quel conto, già salatissimo, dovrebbe essere aggiornato. Vanno aggiunti infatti i soldi per spese legali e perizie tecniche e gli interessi su tutte le somme impegnate dal Comune. Arriveremmo senza alcun dubbio alla cifra “monstre” di circa 3 milioni di euro.  
Ammesso e non concesso che l’Amministrazione di Chiari riesca a portare a casa 470 mila euro, più spese legali e interessi, così come previsto nella sentenza del Tribunale di Brescia, quanto sarà grande il buco lasciatoci dalle Giunte dell’ex Senatore Mazzatorta? Probabilmente parliamo di una cifra che si avvicina ai 2milioni e mezzo di euro.

Il cantiere del Polo della Cultura

Ebbene, di fronte a questo disastro finanziario che avrebbe sotterrato qualsiasi amministrazione comunale e costretto i responsabili a fare i conti con la giustizia, qualcuno oggi gioisce e sproloquia di tesoretti trovati sotto il campo dei miracoli del Polo della Cultura e di pioggia di soldi che cadono dal cielo sulla testa degli attuali amministratori.
Ora secondo il nostro Codice Civile (art. 932), “tesoro” è “qualunque cosa mobile di pregio, nascosta o sotterrata, di cui nessuno può provare di essere proprietario”. Il Comune di Chiari quei denari non li trova fra le macerie del Polo della Cultura. Erano denari che appartenevano alla città, ai suoi cittadini. Denari versati a fondo perduto dalla Giunta Mazzatorta nelle casse della società Eleca per i lavori del Polo della Cultura. Nessun tesoro quindi, ma soldi anticipati che devono rientrare nella disponibilità del Comune dopo la fine ingloriosa di quella operazione, definita da un rappresentante dell’allora maggioranza “un progetto morto, un cadavere da tumulare”. 

Le macerie del Cinema Comunale


Dopo quasi dieci anni non si è ancora riusciti a mettere la parola fine a questo disastroso fallimento che resterà nella storia della nostra città come il suggello di una stagione dissennata e sprecona. Gli eredi di quella “politica del fare disastri” e i loro corifei sempre pronti a reggere loro la coda, sono ancora lì ad abbaiare alla luna, sognando tesoretti e pioggia di denari quasi a voler esorcizzare il grave danno che hanno arrecato alla città.