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mercoledì 21 giugno 2017

Le "faccie" della vecchia politica

OVVERO LA SINDROME DI SATURNO

Chi è affetto dalla sindrome di Saturno divora il tempo, lo mangia, lo congela, lo ferma perché non vuole essere sostituito dal Nuovo, dal Prossimo, dal Figlio. E così il portatore della sindrome costringe una fetta di vita a bloccarsi, silurando il futuro con la coccarda costantemente rammendata del passato. La sindrome di Saturno non permette a chi si affaccia dalla balaustra della vita, di essere e divenire”.
Francisco Goya - Saturno divora i suoi figli
Un paese del continuo ritorno al passato, un paese che non vuole cambiare, un paese che, nonostante le badilate del Pierino di Rignano, non vuole rinnovare la propria classe dirigente. Ecco l’Italia del 2017. Uscita trionfante dalla prova referendaria del 4 dicembre 2016, si è trovata presto impantanata in una fetida palude. La fine ingloriosa dell’Italicum e della blanda riforma Costituzionale ha fatto uscire da quel pantano i vecchi arnesi di sempre: famelici alligatori sempre alla ricerca di qualche tana dove acquattarsi. Adusi a galleggiare in tutte le putride acque della politica, si fanno avanti con ferina cautela, dichiarandosi disposti al sacrificio se l’Italia e gli italiani glielo dovessero chiedere. Ed ecco avanzarsi D’Alema che la politica la fa da quando aveva i calzoncini corti. Si considerava un innovatore negli anni ’80, salvo poi scoprire, salito il più alto scranno del potere, di essere l’innovatore del nulla. Affetto da manie saturnine come nessun altro, ha divorato uno dopo l’altro tutti i figli nati nel grembo della negletta sinistra italiana negli ultimi 30 anni. Dopo essersi fatto da parte volontariamente, ora sente l’urgenza di un nuovo impegno, certo, se i cittadini pugliesi glielo dovessero chiedere. State certi che glielo chiederanno, fossero anche soltanto quelli della sua cerchia.

D'Alema-Berlusconi-Bossi-De Mita
De Mita non è da meno e lasciate le carte del tressette e la poltrona di sindaco della sua amata Nusco, alla bella età di 89 anni parte, magari con il suo fido Pagliuca,  per scovare, ovunque essi si trovino, tutti democristiani d’Italia. il Paese chiama e il novello Don Quijote è pronto a montare il suo Ronzinante, sognando gli antichi splendori di una politica ormai morta e sepolta. I mulini a vento sono ancora lontani, ma l'hidalgo Ciriaco è già pronto alla tenzone.
Neppure Bossi, nonostante i problemi di salute, disdegna una sua nuova investitura. Quel Salvini non ha la stoffa del leader e quel che è peggio, è che per accaparrarsi una manciata di voti di qualche terrone, ha perso di vista il fine ultimo dell’impegno politico della Lega: l’indipendenza da questo Stato di ladroni, la secessione.
L’eterno è però Berlusconi. Per la sua ennesima discesa in campo sembra si sia inventato “L’albero della libertà". Il logo è già pronto: un frondoso albero con profonde radici e frutti succosi. Le radici sono i principi: libertà, democrazia, valori occidentali. I rami sono i problemi, i frutti le soluzioni. Insomma l’ennesima operazione di maquillage, di quelle che l’hanno reso un morto vivente, una mummia che non vuole saperne di mollare la presa, di lasciare ad altri la fatica e la gioia di proseguire il viaggio. E questo, nonostante la legge Severino, gli scandali di olgettine, papi e nipoti di Mubarak, i disastri governativi che hanno portato l'Italia al fallimento. 

L’Italia di oggi sembra sentire forte un desiderio di morte. Ma un Paese che guarda solo al passato, che non lascia andare via i morti, non vive, non ha speranza, non ha futuro.

venerdì 18 novembre 2011

Il vero miracolo italiano

Nel famoso discorso della “discesa in campo Berlusconi aveva fatto intravedere un sogno:
la copertina di Time
”Vi dico che è possibile realizzare insieme un grande sogno: quello di un'Italia più giusta, più generosa verso chi ha bisogno, più prospera e serena, più moderna ed efficiente, protagonista in Europa e nel mondo. Vi dico che possiamo, vi dico che dobbiamo costruire insieme per noi e per i nostri figli, un nuovo miracolo italiano.”
Certo è facile oggi comparare  le parole dette con le cose fatte. Di quei sogni di prosperità, di modernità, di efficienza, di giustizia, non è rimasto niente di niente e oggi ci troviamo un Paese ripiegato su se stesso e sull’orlo di un baratro finanziario, sociale e politico.
Eppurre, Berlusconi un miracolo è riuscito a farlo.
Nonostante il Paese sia in rovina, nonostante abbia utilizzato governo e parlamento solo per difendere i suoi interessi, nonostante la sua vita privata l’abbia reso uno zimbello planetario, rifuggito come la peste da tutte le cancellerie e gli uomini politici del mondo, Berlusconi riesce a mantenere quasi alterato il suo consenso. Ancora oggi un italiano su quattro crede in lui.
Com’è possibile che succeda un fatto del genere? Com’è possibile che si sia dovuto dimettere non per una rivolta popolare, non per una sfiducia del parlamento o del suo partito, ma semplicemente per il precipitare della situazione finanziaria? Com’è possibile che sia ancora in campo a dettare le sue condizioni a  Napolitano, a  Monti, a tutte le altre forze politiche?
Un altro uomo politico, al suo posto, sarebbe “già morto e sotterrato”, politicamente s’intende, da anni. Berlusconi invece no. Lui è sempre in pista, dimostrando così di essere riuscito a creare un articolato sistema di potere e di consenso che sarà molto difficile da abbattere.

domenica 30 ottobre 2011

Il circo e il clown

Silvio Berlusconi
Mentre buona parte d’Italia affondava nel fango e splendide perle della costa ligure venivano sfregiate da violente quanto improvvise “bombe d’acqua” che hanno stravolto forse irrimediabilmente il territorio e il paesaggio, il “Palazzo” della politica e il circo mediatico al seguito, si è affannato a correre dietro alla “lettera a Babbo Natale” redatta diligentemente dallo “scolaro” Berlusconi, e alle sue irresponsabili dichiarazioni sull’euro, fatte la mattina e immancabilmente smentite la sera.
Berlusconi è tornato da Bruxelles con l’aria del cavaliere vittorioso. La lettera redatta in tutta fretta dagli ambienti governativi italiani e firmata di proprio pugno da “Silvio”, conteneva una somma di buone intenzioni valide per il futuro, proprio come fanno i bambini discoli che  promettono a Babbo Natale di fare i buoni in cambio di luccicanti regali. Berlusconi però è sembrato certo di aver convinto i suoi partner europei. Si trattava solo di mettere in pratica quanto scritto: una semplice formalità.
da Economist
Che quelle promesse fossero scritte sull’acqua i maggiorenti europei lo sapevano benissimo. Erano promesse scritte da una persona che ha fatto della menzogna il suo abito mentale e nei confronti del quale il Times di Londra, qualche giorno prima, aveva avuto parole quanto mai lusinghiere: "L'Europa è nauseata da questo clownesco primo ministro la cui noncuranza, irresponsabilità e codardia politica ha tanto esacerbato la crisi attuale". Una lisciatina mica da ridere, no?
All’Europa in questo momento cosa interessava? Interessava risolvere il problema più spinoso che è quello della Grecia e dei suoi titoli tossici, di cui sono pieni i forzieri delle banche tedesche e francesi. Si trattava quindi di risolvere questa spinosa questione: salvare la Grecia per salvare le banche di questi due paesi.
L’operazione è andata in porto in due mosse: svalutazione del 50% del debito greco, ricapitalizzazione delle banche europee. La Grecia non è strangolata e i maggiori istituti di credito europei evitano il fallimento.

risolini
In tutto questo, l’Italia risultava un convitato non gradito. Se l’Europa doveva prendersi carico anche di questo paese, andava a finire che saltava quel fragile accordo sulla Grecia cercato affannosamente fra la Merkel e Sarkosy. Occorreva tamponare il caso Italia, metterlo in stand-by. Dare a Berlusconi i compiti da fare a casa e fargli credere che un tema sgrammaticato e inconcludente fosse un pezzo di alta letteratura. Il tutto per prendere tempo, per lasciar passare la buriana, per cercare di raffreddare la febbre dei mercati.
Berlusconi ha pensato bene che le sue capacità di persuasione avessero fatto il miracolo e soddisfatto per la pacca sulle spalle ricevuta dalla Merkel, è tornato a casa tutto gongolante, rilasciando interviste a destra e a manca e propinandoci le sue “sciocchezze” sulla moneta unica, naturalmente fraintese.
Ora, le cose non sono come ce le vuole presentare il cavaliere di Arcore e la sua corte di “liberi servi”. Non basta un po’ di buona volontà e il famoso stellone che ci ha sempre aiutato. E’ l’ora in cui occorre prendere provvedimenti decisivi per il futuro del nostro Paese. Ma può questo premier impresentabile e questo governo che si regge sul voto dei tanti Scilipoti presenti in parlamento varare riforme strutturali ancorchè inique? No, non può.
Non ci resta che vedere il liquefarsi di questa orribile stagione politica, sperando di non fare la fine di Borghetto Vara, Monterosso e Vernazza.

sabato 3 settembre 2011

Il tempo della responsabilità nazionale

Come riconosciuto dallo stesso Bossi, se non fosse intervenuta la Bce a comprare i nostri titoli in scadenza, oggi saremmo in una situazione di "default", che vuol dire semplicemente "fallimento". A fronte di questo intervento, ci sono state chieste misure di rigore contabile che portassero al pareggio di Bilancio entro il 2014. Questo Governo ha varato una furbesca manovra a luglio che rimandava  il grosso degli interventi  al 2013-14. Un modo come un altro per dire "se la sbroglino altri". Ma per i mercati le furbate servono a poco e siamo stati puniti severamente. Per evitare guai più seri, l’Europa ci ha chiesto (sarebbe meglio dire “imposto”), di anticipare gli interventi, esigendo misure strutturali per il contenimento del deficit e misure per la crescita.
E’ stata proposta allora una manovra che nelle intenzioni avrebbe dovuto consentire minori spese e maggiori entrate per 45 miliardi (alcuni parlano di 55 miliardi) in due anni. Una manovra frutto certo della crisi, ma anche della sua sottovalutazione da parte del premier e del suo sgangherato governo.
Tagliare però non è facile e richiede senso di responsabilità, cosa di cui questo governo difetta. Innanzitutto si è partiti dal presupposto che a pagare dovessero essere le fasce sociali non appartenenti al proprio recinto elettorale: in primis pensionati e dipendenti pubblici. Siccome però la Lega ha un elettorato popolare poco disposto a subire, è iniziato un balletto non ancora concluso  di ritocchi e aggiustamenti, con provvedimenti che escono la sera e ricompaiono la mattina, con conti che non quadrano, con rassicurazioni che non rassicurano nessuno e meno che meno i mercati. Insomma un caos indescrivibile che espone il nostro Paese a un rischio gravissimo. Eppure il nostro Presidente del Consiglio approfitta di una tribuna internazionale per dire che è tutta colpa di un’opposizione criminale e anti-italiana.
   



Chissà perchè  il Wall Street Journal  scrive che “In passato le buffonate di Silvio Berlusconi hanno danneggiato l’Italia. Oggi rischiano di fare lo stesso con l’intera Eurolandia. L’Europa potrebbe finire per pagare a caro prezzo il teatrino politico italiano”
E’ venuto il tempo della resposabilità nazionale, il tempo di assumere iniziative che ci portino fuori da questo pantano. Dobbiamo prendere decisioni dolorose che non guardino al tornaconto elettorale immediato. Questo governo ha dimostrato di non saper assumere questa responsabilità. E’ necessario che si faccia da parte, assieme al suo squalificato premier.

domenica 29 maggio 2011

Per andare dove dobbiamo andare...

Ormai Berlusconi e Bossi sono come Totò e Peppino a Milano, non “si raccapezzano” (vedi qui). Non sanno in che direzione dirigersi e per avere qualche informazione utile si rivolgono a un vigile, il famoso ghisa, prendendolo per un generale austriaco: “Noio volevon savuar...per andare dove dobbiamo andare, per dove dobbiamo andare?”.
Berlusconi con Obama
Berlusconi è così suonato che in importante consesso come il G8 si permette di importunare il Presidente degli Stati Uniti per riferirgli che “noi in Italia, in questo momento, abbiamo quasi una dittatura dei giudici di sinistra”. Mi chiedo cosa abbia mai potuto pensare  Obama, di fronte ai piagnistei  di uno degli uomini più ricchi del globo, proprietario di un impero mediatico inimmaginabile in qualsiasi altro paese, Presidente del Consiglio, padrone indiscusso della politica, del governo, del parlamento italiani,  uomo capace di corrompere giudici, di comprare parlamentari, di confezionarsi perfino leggi necessarie a sfuggire ai suoi processi, persona che ha accumulato un potere così vasto e pervasivo da permettersi ogni abuso, raccontare ogni frottola e perfino farci credere  che Ruby è la nipote di Mubarak. Non credo di essere fuori dalla realtà se dico che Obama può aver pensato  “ma questo qui è fuori di testa!".
Umberto Bossi
Ebbene quel fuori di testa lì è il nostro Presidente del Consiglio, colui che dovrebbe guidare un paese come l’Italia, ma che si lascia trasportare solo dalle sue ossessioni, divenute ormai argomento di politica internazionale. 
Qualcuno, per carità di patria, dovrebbe staccare la spina. Purtroppo quel qualcuno ha ridotto la sua politica a pernacchie, esibizione di diti medi e frasi scurrili, per cui sarà difficile che spontaneamente si assuma questa responsabilità. A meno che domani non arrivi dal Paese un messaggio chiaro e preciso.

sabato 28 maggio 2011

La splendida avventura

Berlusconi-Bossi
A guardare come si sta concludendo la vicenda politica di Berlusconi e Bossi  c’è da rimanere esterefatti. L’uno era il campione dell’economia dinamica lombarda, che partendo dal niente era riuscito in poco tempo e con metodi magari non ortodossi, a divenire il capo di un impero. L’altro, al grido di “padroni a casa nostra”, lanciava dalle valli bergamasche e varesine un’offensiva micidiale allo Stato accentratore, covo di una burocrazia assistenzialista, parassitaria e sprecona.
La scesa nell’agone politico di Berlusconi, al di là delle ragioni di carattere giudiziale, portava con sè un’aspettativa rivoluzionaria. Svecchiare la classe dirigente, cambiare i riti consunti della vecchia politica per rendere il momento decisionale rapido ed efficace. Il campione del capitalismo padano,  si alleava con il campione delle partite Iva, per cambiare in breve tempo e radicalmente un  Paese fiacco e demotivato.
A distanza di 17 anni dall’inizio della splendida avventura, il Paese non solo è ancora fiacco e demotivato, ma la società risulta sfilacciata, disgregata, divisa. L’economia è in crisi, l’apparato produttivo incapace di  competere con quello dei più importanti paesi mondiali, mentre gli indici che misurano la qualità della vita ci attestano agli ultimi posti fra i paesi più sviluppati. In tutto questo la corruzione ha continuato a dilagare e la politica, sempre più referenziale, è stata incapace di ideare un progetto di sviluppo per il Paese.
Berlusconi, che in passato aveva criticato aspramente i riti della politica politicante e le liturgie del bizantinismo parlamentare, oggi, pur di rimanere attaccato alla cadrega, è costretto a usare in modo spregiudicato quegli stessi metodi, mentre Bossi che tuonava su “Roma ladrona” oggi  chiede lo spostamento di qualche ministero a Milano per tacitare in qualche modo il popolo padano, sempre più insofferente di fronte a scandali, corruzione e bunga bunga.
Coloro che si dicevano orgogliosi della diversità nordica che nulla chiedeva allo Stato e facevano sempre da soli, coloro che dileggiavano la Comunità Europea covo di burocrati che “mischiano vini e misurano banane”, oggi organizzano convegni in cui si danno le giuste dritte su come usare le vie burocratiche europee per strappare qualche incarico, qualche posto, qualche stage.
Certo, in momenti di crisi anche lo stage targato Ue va bene, come non è da disprezzare un incarico a tempo determinato in qualche ufficio dell’amministrazione statale. Ma ci chiediamo, “che fine ha fatto la luminosa rivoluzione che avrebbe dovuto riformare dalle fondamenta questo nostro malconcio Paese”?      

domenica 10 aprile 2011

"Abbiamo fermato l'invasione"

migranti albanesi
Il centrosinistra è stato varie volte al governo e ha affrontato crisi umanitarie pari a questa o anche peggiori. L'ha fatto cercando di risolvere i problemi e non di acutizzarli. L’ha fatto con senso di umanità e nel rispetto delle leggi. L’ha fatto mettendo in campo politiche di integrazione e di confronto. L’ha fatto cercando accordi con i paesi di provenienza dei migranti. L’ha fatto con la collaborazione dell’Europa e non contro.  L’ha fatto certamente con errori e ritardi, ma principalmente con la consapevolezza che questo è, in ogni caso, un problema di difficile soluzione e che non esistono bacchette magiche pronte all’uso.
manifesto della Lega
La Lega ha sempre detto che questo modo di fare è stato un disastro perchè ha permesso a milioni di extracomunitari di entrare nel nostro paese. Su questo blog si sta portando avanti la tesi che quando si muovono i popoli spinti dalla necessità, non c’è niente che li possa fermare. Si possono in parte contenere, governare, limitare, ma fermare impossibile. E infatti, negli ultimi 20 anni la presenza straniera in Italia è costantentemente aumentata sia che governasse la destra, sia che governasse la sinistra. Anche perchè la maggior parte degli stranieri che entrano in Italia e poi si fermano, non vengono dal mare, ma entrano regolarmente o no dalle frontiere.
Quello che in questi anni ha fatto la Lega è solo propaganda per bassi interessi di bottega. Si è speculato sulle disgrazie dei disperati della terra. Si sono alimentate paure e odio solo per ricavarne un vantaggio elettorale. Si sono varate leggi e  presi provvedimenti che avessero come unico scopo quello di mettere in difficoltà e in una situazione di minorità, gli stranieri presenti in Italia. Chiari col suo Sindaco Senatore non è stata da meno. Anzi.
Mi pare che questa crisi abbia dimostrato ampiamente quanto poco credibili siano certi proclami . "Abbiamo fermato l’invasione” si leggeva sino a ieri su tutti i muri delle nostre città, ma appena si sono create le condizioni l’invasione ha ripreso quanto e più di prima. Con l’aggravante che le politiche xenofobe portate avanti in questi anni ci hanno screditato agli occhi degli altri paesi europei, che noto, sono anch’essi governati da partiti di destra. Per cui oggi dobbiamo subire l’umiliante “no” dei francesi e il “nein” dei tedeschi. Maroni è così in difficoltà che a difendere le posizioni dell’Italia, stante che il premier pensa solo ai cazzi suoi e a raccontare barzellette sconce (come quella che a questo punto sarebbe meglio rompere il patto che lega i paesi dell’Unione Europea), deve intervenire il Capo dello Stato, cencando di convincere l’Europa ad assumere un atteggiamento più collaborativo.

Il Ministro Roberto Maroni
Maroni poi, è contestato perfino dal suo stesso partito, perchè gli viene rimproverato di essere troppo permissivo e dialogante. Da parte sua Bossi, mentre lancia idiozie del tipo “föra di ball” o “chiudere il rubinetto...svuotare la vasca”, buone solo per esorcizzare il problema e  tenere caldi i cuori degli intrepidi padani, cerca di tenersi buono Maroni, perchè le sue dimissioni sarebbero uno smacco per la Lega e la certificazione della sua incapacità a governare.
 Non c’è chi non veda in questo una profonda contraddizione fra la necessità di governare i processi e la tentazione di strumentalizzarli per ricavarne una rendita elettorale.

Il Ministro Umberto Bossi
Temo purtroppo che questa situazione sia destinata ad aggravarsi. All’orizzonte, oltre la fortezza Bastiani-Lampedusa, non premono solo tunisini, con i quali abbiamo firmato un patto di collaborazione, c’è una moltitudine di persone proveniente dalle più disparate aree di crisi. Uomini, donne e bambini che scappano da guerre e disordini e per i quali vale lo status di “rifugiati”. Sarà difficile mandarli indietro.
Riuscirà la Lega a sopportare questa reale invasione? La saprà governare senza perdere la testa? Saprà dare risposte che non siano quelle di rimuovere il problema? Lo vedremo nelle prossime settimane. In ogni caso le scorte di manifesti con su scritto “Abbiamo fermato l’invasione” si possono buttare nel cesso.

lunedì 21 marzo 2011

La guerra è orrenda. I dittatori pure

Muammar Gheddafi
La guerra è orrenda. La guerra fa danni, crea sofferenze, dilania i paesi. I dittatori pure.
Anzi si può dire che molto spesso le guerre sono generate dalla necessità di abbattere dittatori sanguinari che invece di dare prosperità al proprio paese lo governano con pugno di ferro, utilizzando tutte le atrocità che la mente umana può concepire per mantenere il proprio potere. Lo fanno contro gli oppositori, o presunti tali, lo fanno contro il loro stesso popolo. (leggi tutto)

lunedì 8 novembre 2010

Il Paese sta andando a puttane

Caravaggio - Giuditta e Oloferne
Il nostro Paese sta andando letteralmente a puttane.
I segni evidenti ci sono tutti.
Il dissesto idrogeologico, il deperimento dei beni culturali, lo scandalo dei rifiuti, l’inquinamento ambientale, le morti sul lavoro, la disoccupazione sempre più preoccupante.
Da quando però governa Berlusconi anche la credibilità del nostro Paese sta andando a puttane. Anzi le puttane sono assurte a vere e proprie protagoniste della nostra vita politica.
Considerate dagli uomini di potere come innocui passatempi da dimenticare dopo la “fruizione finale”, splendida tappezzeria per illuminare i loro festini, graziosi ninnoli da esporre nelle loro sfarzose residenze, confinate insomma in un ruolo subalterno e di contorno, oggi si prendono la rivincita emergendo dal buio in cui sono state cacciate con tutto il loro bagaglio di richieste, rancori e ricatti.
Ne avevamo avuto un anticipo al tempo della famosa telefonata fra Berlusconi ed Agostino Saccà. Silvio si preoccupava di tacitare le richieste petulanti di due veri talenti dello spettaculo: Elena Russo e Evelina Manna.
Poi arrivò Veronica Lario a dirci che suo marito era malato e che se la faceva con le minorenni. Letizia Noemi da Casoria era una di queste. Anche lei era  tutta vogliosa di lanciarsi nel mondo di Papi fatto di spettacolo e politica, tenuto conto che sia spettacolo che politica fanno ridere allo stesso modo.
Poi furono Barbara Montereale e Lucia Rossini a immeterci nelle segrete stanze di Palazzo Grazioli.
Oggi c’è Ruby, altra minorenne.
Quella però che ci ha permesso di penetrare nei recessi del Palazzo è stata Patrizia D’addario. Quando verrà scritta la storia di questo periodo, si dirà che il declino della stella di Berlusconi è iniziato proprio nel letto di Putin con la D’addario novella Giuditta.
Non si riesce perciò a capire l’atteggiamento dei simpatizzanti di Fini che hanno cacciato in malo modo la D’addario dalla loro convention. La bella Patrizia pare sia andata via mormorando fra le lacrime “irriconoscenti”.
E come darle torto. Se oggi Fini può permettersi il lusso di tenere sulla graticola Berlusconi, gran parte del merito va dato a Patrizia D’Addario. E’ lei che ci ha svelato che il re è nudo, è lei che ci ha portato le prove della sua vita dissipata e libertina, è lei che ha smontato l’impalcatura di ipocrito perbenismo che reggeva la figura del premier.
Certo, la presenza della D’Addario alla convention di Firenze le avrebbe dato la ribalta, togliendo un po’ di luce a Fini. Ma se io fossi in lui le manderei un mazzo di fiori, per scusarmi del trattamento ricevuto e per ringraziarla.

venerdì 5 novembre 2010

4 novembre

Giannelli
dal Corriere della Sera
Già alcuni commentatori politici incominciavano a interrogarsi sul contenuto del fitto dialogo avvenuto ieri fra Berlusconi e Fini all’Altare della Patria.
Molti parlavano di riapertura del dialogo dopo mesi di tensioni, di riavvicinamento fra nemici giurati, di colloquio decisivo per le sorti del nostro Paese.
L’illusione è durata il tempo di un baleno.
Berlusconi non parlava dei destini dell’Italia e dei tanti suoi gravosi problemi. No, parlava semplicemente della sua “troietta” creduta “maggiorenne” e “incensurata, come gliela avevano descritta Lele Mora e Emilio Fede, persone come noto del tutto affidabili.
Gianfranco Fini ascoltava imbarazzato, annuendo distratto come in genere si fa con le persone anziane e un po’ rimbambite.
Nel frattempo il Milite ignoto, che pure ne ha viste tante, si rivoltava sconsolato nella tomba.

lunedì 14 dicembre 2009

Ferma condanna senza se e senza ma

“Un gesto inqualificabile che va fermamente condannato”.Così il segretario del Pd Pier Luigi Bersani ha commentato l’episodio di violenza di cui è stato vittima il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ad opera di Massimo Tartaglia, 42 anni, finora sconosciuto alla Digos, ma noto da anni al reparto psichiatrico del Policlinico.
Il segretario del Pd sì è poi recato in visita del premier all'ospedale San Raffaele dove ha ribadito che "va condannato senza se e senza ma ogni gesto di violenza". "L'ho trovato bene - ha detto Bersani, parlando di Berlusconi - è di buon umore. E' importante ristabilire la civiltà politica della buona educazione
Al Presidente Berlusconi la mia personale solidarietà e quella del Pd per l'aggressione subita questa sera al termine del suo discorso a Milano. Il Pd rifiuta e condanna ogni forma di violenza, anche politica, e resta fermamente ancorato ai valori delle libertà costituzionali” ha dichiarato la presidente dell’Assemblea nazionale del Pd, Rosy Bindi.
Tutti i principali rappresentanti del Pd hanno espresso la loro personale condanna del folle gesto e la piena solidarietà al premier per l’aggressione subita.
Anche la sezione di Chiari del Pd si unisce nella ferma condanna di ogni forma di violenza che niente ha a che vedere con la politica, auspicando altresì il ristabilimento di una sana dialettica basata sul chiaro confronto delle idee e delle proposte.

domenica 27 settembre 2009

25 luglio


Ormai appare del tutto evidente che il permanere di Berlusconi a capo del Governo, sta creando problemi non solo a livello interno, ma anche e soprattutto a livello internazionale.
Mai il prestigio dell’Italia si è trovato a un punto così basso.
Berlusconi è ormai del tutto squalificato e instabile e a niente valgono gli appelli della moglie o di qualche suo attento suggeritore. Egli è come prigioniero del proprio personaggio che lo costringe a recitare una parte da cui non riesce a uscire. Un misto di simpatia e atteggiamenti guasconi che potevano andare bene quando il vento era favorevole. Ora, dopo lo scandalo delle escort e iniziative governative che hanno precipitato il nostro Paese in un fondo fatto di razzismo, xenofobia, omofobia, cattiveria, mancanza di solidarietà ecc., egli è visto dalle cancellerie di mezzo mondo come il fumo negli occhi.
L’ultima performance davanti a Obama e sua moglie Michelle, ha gettato vergogna su se stesso e sul nostro paese.
Occorre fermarlo prima che sia troppo tardi.
Qualche giorno fa Brunetta diceva che sono in atto manovre per portare a termine un colpo di stato. Io non so se questo sia vero, certo è che in questo momento, per il bene del nostro Paese, c’è bisogno di un nuovo 25 luglio. C’è bisogno di un nuovo Dino Grandi che elabori un ordine del giorno che chieda a Berlusconi di farsi da parte.
Quel che mi chiedo è se all’interno del PdL ci sia qualcuno abbastanza autonomo da cogliere questa necessità e da coagulare attorno a sé uno schieramento parlamentare che arrivi a una sfiducia costruttiva.
La nostra Carta Costituzionale e il nostro ordinamento di Repubblica parlamentare, danno al Capo dello Stato la possibilità di conferire l’incarico di formare un governo di unità nazionale a un’alta personalità che si prefigga di realizzare in tempi abbastanza brevi un programma di pochi punti programmatici, fra i quali ci devono essere:
- una nuova legge elettorale sul modello francese o tedesco, che ridia agli elettori il diritto di scegliere i propri rappresentanti in parlamento;
- la modifica dei regolamenti parlamentari che consentano un più rapido iter parlamentare delle leggi;
- una legge sul conflitto d’interessi e una legge antitrust;
- misure a sostegno delle fasce più deboli della popolazione, misure a sostegno delle imprese.

Se ciò non avviene, ci attende una lunga nottata che non preannuncia nulla di buono.

martedì 1 settembre 2009

Terra bruciata

A proposito del caso Boffo. Feltri dice di avere agito di testa sua. Berlusconi ne prende le distanze. Ma come è possibile che Feltri lanci un attacco così violento e brutale nei confronti del direttore dell’Avvenire senza che ci sia stato un placet di Berlusconi? Se l’ha fatto (di testa sua dico) è un pazzo e andrebbe sostituito su due piedi. In Italia non si punta la Chiesa a testa bassa senza subirne le conseguenze. Ho come l’impressione che una discussione in merito fra i due ci sia stata e abbia convinto Feltri a credere che Berlusconi volesse forzare il gioco nei confronti di alcuni settori della Chiesa che ultimamente si sono dimostrati particolarmente critici nei confronti del Governo e di Berlusconi in particolare. Berlusconi potrebbe aver capito che un gioco così spregiudicato potesse essere gradito alle alte gerarchie ecclesiastiche che si sarebbero così liberate di alcuni personaggi (in particolare i direttori di Avvenire e Famiglia Cristiana) ritenuti invisi al Papa e alla Curia di Roma in quanto in grado di esprimere pareri difformi rispetto alle posizioni ufficiali della Chiesa. Errore di valutazione gravissimo. Significa non aver capito che un conto sono le posizioni diplomatiche fra i due Stati e un conto sono le valutazioni politiche che i vari ambienti ecclesiali possono esprimere nei confronti delle attività del Governo.
Continuando così Berlusconi non fa che creare terra bruciata fra sé e le cancellerie di mezzo mondo, Vaticano compreso. Gli unici leaders con cui si trova in sintonia sono Gheddafi e Putin. Proprio una bella accoppiata.

domenica 30 agosto 2009

Una fogna maleodorante


"Il potere che ci governa raccoglie dalla burocrazia della sicurezza dossier velenosi che possano alimentare campagne di denigrazione degli avversari politici. Stiamo al "caso Boffo". La scena è questa. C'è un giornalista che, rispettando le ragioni del suo mestiere, dà conto - con prudenza e misura - del disagio che nelle parrocchie, nei ceti più popolari del cattolicesimo italiano, provoca la vita disordinata del capo del governo, il suo modello culturale, il suo esempio di vita. È un grave smacco per il presidente del Consiglio che vede compromessa credibilità e affidabilità in un mondo che pretende elettoralmente, indiscutibilmente suo. È un inciampo che può deteriorare anche i buoni rapporti con la Santa Sede o addirittura pregiudicare il sostegno del Vaticano al suo governo. Lo sappiamo, con la fine dell'estate Berlusconi decide di cambiare passo: dal muto imbarazzo all' aggressione brutale di chi dissente. Chiede o fa chiedere (o spontaneamente gli vengono offerte da burocrati genuflessi e ambiziosissimi) "notizie riservate" che, manipolate con perizia, arrangiate e distorte per l'occasione, possono distruggere la reputazione dei non-conformi e intimidire di riflesso i poteri - in questo caso, la gerarchia della Chiesa - con cui Berlusconi deve fare i conti. Quelle notizie vengono poi passate - magari nella forma della "lettera anonima" redatta da collaboratori dei servizi - ai giornali direttamente o indirettamente controllati dal capo del governo. In redazione se ne trucca la cornice, l'attendibilità, la provenienza. Quei dossier taroccati diventano così l'arma di una bastonatura brutale che deve eliminare gli scomodi, spaventare chi dissente, "educare" i perplessi. A chi altro toccherà dopo Dino Boffo? Quanti sono i dossier che il potere che ci governa ha ordinato di raccogliere? E contro chi? E, concluso il lavoro sporco con i giornalisti che hanno rispetto di se stessi, a chi altro toccherà nel mondo della politica, dell'impresa, della cultura, della società?" (estratto dell'articolo di Giuseppe D'Avanzo - la Repubblica 30.8.2009)

Muoia Sansone...


Un assaggio della guerra che ci aspetta in autunno. Non sporca, lercia. La battaglia finale di un uomo malato, barricato nel delirio senile di onnipotenza che sta trascinando al collasso della democrazia un paese incapace di reagire: un uomo che ha comprato col denaro, nei decenni, cose e persone, magistrati, politici e giornalisti, che ha visto fiorire la sua impunità e i suoi affari dispensando come oppio l'illusione di un benessere collettivo mai realizzato. Dall'estero guardano all'Italia come un esempio di declino della democrazia, una dittatura plutocratica costruita a colpi di leggi su misura e di cavalli eletti senatori. Vent'anni di incultura televisiva - l'unico pane per milioni - hanno preparato il terreno. Demolita la scuola, la ricerca, il sapere. Distrutte l'etica e le regole. Alimentata la paura. Aggrediti i deboli.
È una povera Italia, un piccolo paese quello che assiste impotente all'assalto finale alle voci del dissenso condotto da un manipolo di body guard del premier armate di ministeri, di aziende e di giornali. L'ultimo assunto ha avuto il mandato di distruggere la reputazione del "nemico". Scovare tra le carte gentilmente messe a disposizione dei servizi segreti, controllati dal premier medesimo, dossier personali che raccontino di figli illegittimi e di amanti, di relazioni omosessuali, come se fosse interessante per qualcuno sapere cosa accade nella vita di un imprenditore, di un direttore di giornale, di un libero cittadino. Come se non ci fosse differenza tra il ruolo di un uomo pubblico, presidente del Consiglio, un uomo che del suo "romanzo popolare" di buon padre di famiglia ha fatto bandiera elettorale gabbando milioni di italiani e chi, finito di svolgere il suo lavoro, va a letto con chi vuole - maggiorenne, sì - in vacanza con chi crede. La battaglia d'autunno sarà questa: indurre gli italiani a pensare che non c'è differenza tra il sultano e i suoi sudditi, tra il caudillo e i suoi oppositori. Non è così: la parte sana di questo paese lo sa benissimo.(Concita De Gregorio - l'Unità 29.08.2009)

sabato 10 gennaio 2009

Il risolutore


Parlare di Alitalia in un blog dove si vuole discutere di fatti che riguardano Chiari non è un fuori luogo. Non lo è perché Alitalia riguarda tutti gli italiani e in particolare quelli che abitano in Lombardia sul cui territorio insiste Malpensa e un sistema aeroportuale di tutto rispetto.
Berlusconi, il risolutore, fa ogni sforzo per convincerci che la soluzione data alla questione è ottima. Perché si è salvata l’italianità di una società strategica, perchè non si è svenduta un’azienda italiana, perché lo Stato non sarà più costretto a rimetterci dei soldi, perché si è salvaguardato il ruolo di Malpensa.
Balle. Balle che hanno la pretesa di nascondere il fallimento della linea Berlusconi-Lega..
Italianità. Nel 2007 su 85 milioni di italiani che hanno preso l’aereo, solo 25 milioni hanno utilizzato voli Alitalia: una minoranza. Dal 13 gennaio la nuova Alitalia effettuerà 99 voli settimanali da Milano e Roma per Parigi. Il che vuol dire che negli orari di punta ci sarà un aereo ogni ora che porterà i passeggeri italiani all’aeroporto Charles De Gaulle per “consegnarli” ai voli intercontinentali di Air France. Con un investimento in Cai di 350 milioni euro, Air France ne diventa il maggior azionista. In grado quindi di decidere gli indirizzi strategici della compagnia e di acquisire in pochi anni l’effettiva proprietà di Alitalia.
Svendità. Berlusconi e il suo governo hanno svenduto Alitalia a Cai, cioè a un gruppo di imprenditori in evidente conflitto di interessi. Per proteggere questa società è stata cambiata la normativa antitrust in modo che alla nuova Alitalia venisse garantito per tre anni il monopolio sulla tratta Milano-Roma a tutto danno dei passeggeri-consumatori.
Stato. Lo Stato, cioè noi, si sobbarca tutti gli oneri dell’operazione. 4 miliardi di debiti di Alitalia sulle spalle degli italiani e un costo sociale rappresentato da quasi 8 mila posti di lavoro persi.
E Malpensa? Ridimensionato drasticamente con soli 3 voli intercontinentali. Sparirà Alitalia Cargo, mettendo a rischio oltre mille posti di lavoro e le imprese lombarde costrette a trasportare le loro merci su gomma fino ad Amsterdam per spedirle poi con Klm.
Un grande risultato, non c’è che dire.