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domenica 29 maggio 2011

Per andare dove dobbiamo andare...

Ormai Berlusconi e Bossi sono come Totò e Peppino a Milano, non “si raccapezzano” (vedi qui). Non sanno in che direzione dirigersi e per avere qualche informazione utile si rivolgono a un vigile, il famoso ghisa, prendendolo per un generale austriaco: “Noio volevon savuar...per andare dove dobbiamo andare, per dove dobbiamo andare?”.
Berlusconi con Obama
Berlusconi è così suonato che in importante consesso come il G8 si permette di importunare il Presidente degli Stati Uniti per riferirgli che “noi in Italia, in questo momento, abbiamo quasi una dittatura dei giudici di sinistra”. Mi chiedo cosa abbia mai potuto pensare  Obama, di fronte ai piagnistei  di uno degli uomini più ricchi del globo, proprietario di un impero mediatico inimmaginabile in qualsiasi altro paese, Presidente del Consiglio, padrone indiscusso della politica, del governo, del parlamento italiani,  uomo capace di corrompere giudici, di comprare parlamentari, di confezionarsi perfino leggi necessarie a sfuggire ai suoi processi, persona che ha accumulato un potere così vasto e pervasivo da permettersi ogni abuso, raccontare ogni frottola e perfino farci credere  che Ruby è la nipote di Mubarak. Non credo di essere fuori dalla realtà se dico che Obama può aver pensato  “ma questo qui è fuori di testa!".
Umberto Bossi
Ebbene quel fuori di testa lì è il nostro Presidente del Consiglio, colui che dovrebbe guidare un paese come l’Italia, ma che si lascia trasportare solo dalle sue ossessioni, divenute ormai argomento di politica internazionale. 
Qualcuno, per carità di patria, dovrebbe staccare la spina. Purtroppo quel qualcuno ha ridotto la sua politica a pernacchie, esibizione di diti medi e frasi scurrili, per cui sarà difficile che spontaneamente si assuma questa responsabilità. A meno che domani non arrivi dal Paese un messaggio chiaro e preciso.

sabato 28 maggio 2011

La splendida avventura

Berlusconi-Bossi
A guardare come si sta concludendo la vicenda politica di Berlusconi e Bossi  c’è da rimanere esterefatti. L’uno era il campione dell’economia dinamica lombarda, che partendo dal niente era riuscito in poco tempo e con metodi magari non ortodossi, a divenire il capo di un impero. L’altro, al grido di “padroni a casa nostra”, lanciava dalle valli bergamasche e varesine un’offensiva micidiale allo Stato accentratore, covo di una burocrazia assistenzialista, parassitaria e sprecona.
La scesa nell’agone politico di Berlusconi, al di là delle ragioni di carattere giudiziale, portava con sè un’aspettativa rivoluzionaria. Svecchiare la classe dirigente, cambiare i riti consunti della vecchia politica per rendere il momento decisionale rapido ed efficace. Il campione del capitalismo padano,  si alleava con il campione delle partite Iva, per cambiare in breve tempo e radicalmente un  Paese fiacco e demotivato.
A distanza di 17 anni dall’inizio della splendida avventura, il Paese non solo è ancora fiacco e demotivato, ma la società risulta sfilacciata, disgregata, divisa. L’economia è in crisi, l’apparato produttivo incapace di  competere con quello dei più importanti paesi mondiali, mentre gli indici che misurano la qualità della vita ci attestano agli ultimi posti fra i paesi più sviluppati. In tutto questo la corruzione ha continuato a dilagare e la politica, sempre più referenziale, è stata incapace di ideare un progetto di sviluppo per il Paese.
Berlusconi, che in passato aveva criticato aspramente i riti della politica politicante e le liturgie del bizantinismo parlamentare, oggi, pur di rimanere attaccato alla cadrega, è costretto a usare in modo spregiudicato quegli stessi metodi, mentre Bossi che tuonava su “Roma ladrona” oggi  chiede lo spostamento di qualche ministero a Milano per tacitare in qualche modo il popolo padano, sempre più insofferente di fronte a scandali, corruzione e bunga bunga.
Coloro che si dicevano orgogliosi della diversità nordica che nulla chiedeva allo Stato e facevano sempre da soli, coloro che dileggiavano la Comunità Europea covo di burocrati che “mischiano vini e misurano banane”, oggi organizzano convegni in cui si danno le giuste dritte su come usare le vie burocratiche europee per strappare qualche incarico, qualche posto, qualche stage.
Certo, in momenti di crisi anche lo stage targato Ue va bene, come non è da disprezzare un incarico a tempo determinato in qualche ufficio dell’amministrazione statale. Ma ci chiediamo, “che fine ha fatto la luminosa rivoluzione che avrebbe dovuto riformare dalle fondamenta questo nostro malconcio Paese”?      

mercoledì 21 aprile 2010

Ma chi se ne frega

Gigi Riva
Bossi jr, appena eletto consigliere regionale per meriti scolastici, ha pensato bene di rilasciare una dichiarazione a Vanity Fair per esprimere appieno la sua articolata linea politica:
"No, non tifo Italia" pare abbia detto.
Gli ha risposto a stretto giro di posta Gigi Riva il mitico attaccante della Nazionale degli anni '60/70 e attuale dirigente: "Se non sta bene può anche andarsene dall'Italia, nessuno ne farà una malattia..."
E' quello che continuo a dire agli "amici" leghisti. Non vi va bene l'Italia? Andate in Padania "il paese che non c'é". Lì sarete felici e liberi di festeggiare ogni anno tutti i White Christmas che volete. Però mi raccomando, fatevi anche pagare  gli stipendi, dalla Padania.
Al bar dello sport invece, a sentire che l'eccellenza scolastica  non tiferà Italia, sghignazzando dalle risate,  hanno risposto in coro:
"Ma chi se ne frega!"