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sabato 9 luglio 2016

McDonald's a 5 Stelle

Cos’è che ha determinato il successo di McDonald’s in tutto il mondo?
Innanzitutto il prodotto. Il prodotto McDonald’s è fatto per andare incontro ai gusti di una larga platea di possibili clienti. Gli elementi sono semplici: pane morbido e leggermente dolce, carne premacinata che non richiede, al pari del pane, molto sforzo nel masticarla, salse varie per conferire alla stessa un sapore gustoso, insalata, formaggio fuso. 
Il secondo elemento è dato dal ferreo controllo della produzione e della distribuzione. 
Il terzo elemento è la standardizzazione. In qualunque negozio McDonald’s tu entri, troverai sempre gli stessi prodotti che hanno tutti lo stesso sapore. La standardizzazione del prodotto mette il cliente al riparo da brutte sorprese. Quando entri in questi fast food ti aspetti di mangiare quello che poi effettivamente mangerai. Non c’è un panino diverso dall’altro, un servizio diverso secondo il posto. Tutto è omologato.
Il quarto elemento è il prezzo. Un prezzo contenuto che dà la possibilità di soddisfare la fame con poca spesa.
Il quinto elemento è il servizio. È un servizio self-service rapido. Il tempo di decidere cosa prendere e sei subito servito: un Big Mac con patatine e una Coca. Una delizia. 
Il sesto elemento è il marketing. È l’elemento determinante. È quello che permette di vendere un prodotto di scarso valore in tutto il mondo. Il marketing è fatto di marchio. Il marchio McDonald’s lo trovate in tutto il mondo, anche nei posti più sperduti. Poiché è un prodotto indirizzato per lo più a una clientela giovane, tutta l’organizzazione deve rispondere a canoni giovanilistici. E così i dipendenti sono giovani, i negozi  scintillanti, gli incarti e le tovagliette accattivanti. Il cliente McDonald’s è un cliente giovane, che entra in un ambiente dove ci sono giovani. Questo elemento identitario è determinante.

Big Mac a 5 Stelle


Valutate ora quanto affine sia il M5S al mondo McDonald’s.

Prodotto, controllo, standardizzazione e marketing sono elementi che hanno determinato il successo del Movimento.
Anche il M5S elabora prodotti buoni per una certa fascia di mercato. Fascia poco incline a farsi domande sulla qualità del prodotto, ma sicuramente disponibile a consumare idee e proposte preconfezionate.
Il controllo su ciò che si produce (proposta politica - linguaggio)  e su come lo si distribuisce attraverso i vari canali mediatici, per avere valore deve essere ferreo. Affinché non si crei una insopportabile cacofonia, la narrazione deve avere il carattere dell’univocità e rimanere quindi nelle mani di Casaleggio e Grillo. Se non c'è questo viene giù tutto come un castello di carta.
La standardizzazione dell’offerta politica è un tratto distintivo del Movimento. Tutti parlano la stessa lingua, tutti usano gli stessi termini, tutti si muovono nella stessa direzione. Al pari dei McDonald’s, la più grande impresa fordista ancora esistente al mondo, l’attivista del M5S viene istruito rigorosamente. Egli sa perfettamente cosa deve fare, cosa deve dire, dove deve dirlo e il suo lavoro è complementare a quello di tutti gli altri. Non sono ammessi intralci, altrimenti il sistema entra in difficoltà.
Quello che avviene nei McDonald’s, dove i lavoratori vengono tenuti sotto controllo dalle macchine stesse, avviene anche nel M5S. Il controllo è esercitato da Grillo e dalla Casaleggio Associati che funzionano come inibitori. E se lì il dosatore di bibite si ferma automaticamente quando il bicchiere è pieno o la friggitrice avverte quando le patatine sono croccanti, qui Grillo e Casaleggio ti dicono qual è il limite della tua autonomia e quando è arrivato il momento di fermarsi. L’esempio della Raggi a Roma è l’ultimo in ordine di tempo.
La formazione del personale politico non richiede un grande impegno di conoscenza. L’importante è eseguire bene le poche indicazioni date dal Blog che rappresenta agli occhi dei fanatici sostenitori del movimento l’unica fonte di verità.

Virginia Raggi
L’esperienza della Raggi a Roma ha dato la misura di quanto importante sia il  “controllo” e il “marketing”.  Tutto quello che è stato fatto è stato costruito a tavolino attraverso una notevole operazione mediatica che ha messo al centro più che il programma la persona. Le poche proposte fatte dalla candidata del M5S erano risibili. Ella però aveva un valore mediatico innegabile che è stato imposto all’attenzione dell’opinione pubblica attraverso una campagna di marketing mirata e ben orchestrata. Anche l’ultima trovata del bambino portato in Consiglio Comunale risponde a questa esigenza.
C’è chi dice che il marketing non basta a sostenere un prodotto non buono. L’esempio McDonald’s dovrebbe farci capire che non sempre è così.

Resta da capire però se questo meccanismo, che ha in sé i germi di un nuovo tipo di fascismo, possa reggere nei tempi lunghi. Finora ha retto perché il Movimento non ha dovuto affrontare il problema del governo in realtà significative. Oggi si trova a un bivio. Raggi e Appendino devono dimostrare al mondo che al di là delle parole c’è anche la sostanza. Inoltre esse non possono essere controllate in ogni loro decisione, anche perché nelle loro giunte sono presenti personalità non direttamente riconducibili al Movimento. Si riuscirà a trovare una sintesi fra le varie esigenze o le frizioni arriveranno a un punto di rottura irreparabile? Una risposta a questo quesito ce la può dare solo il tempo.

giovedì 30 giugno 2016

Egolatria a 5 Stelle

 "Il desiderio è che da oggi tutti i cittadini siano coinvolti e partecipi nel progetto di cambiamento della città. Per questo motivo creeremo dei sistemi di partecipazione attiva alla vita pubblica, sia attraverso i nuovi strumenti digitali che attraverso il più classico dei modi, ovvero il colloquio personale. Motivo per cui io e la mia Giunta dedicheremo un giorno al mese a ricevere i cittadini che lo richiedono" (Chiara Appendino).


Chiara Appendino non dice nulla di nuovo. Il suo desiderio di vedere “tutti i cittadini coinvolti e partecipi nel progetto di cambiamento della città”, è il desiderio espresso da tutti i sindaci e amministratori di questo mondo all’inizio del loro mandato. Tutti animati dalla voglia di coinvolgere i cittadini nel loro progetto di cambiamento, tutti desiderosi di allargare la base partecipativa delle decisioni. Peccato che poi nella realtà dei fatti, di fronte alla complessità dei problemi, questa voglia viene meno e la partecipazione si riduce a cosa del tutto marginale. È avvenuto in passato, avverrà ancora in futuro.
Chiara Appendino Sindaco di Torino
Questo succede perché all’inizio di ogni esperienza amministrativa il potere è fragile, per cui è necessario avere l’appoggio dei cittadini o almeno di una parte di essi. Quando il potere si assesta allora il desiderio di partecipazione si riduce, tant’è che col passare del tempo emergono atteggiamenti di fastidio per le critiche ricevute. Il potere, grande e piccolo che sia, mal sopporta le critiche, specie quando queste arrivano dalla propria parte. Allora si parla di smarrimento dell’iniziale carica se non di tradimento. Il potere spesso intende la partecipazione come iniziativa a supporto. Infatti si preferiscono i supporter ai cittadini attivi.
Forme di partecipazione diretta dei cittadini sono state sperimentate un po’ ovunque, ma quasi sempre al fervore iniziale sono subentrati stanchezza, apatia e disinteresse. Il fatto non mi meraviglia. La politica è attività complessa e amministrare lo è ancora di più. Pensare di avere un’opinione pubblica in servizio permanente effettivo è fatto del tutto illusorio.
Partecipazione è conoscenza, è responsabilità, è confronto, è rispetto delle idee altrui. In giro io non vedo questo. Vedo anzi una protervia che inquieta, una innata incapacità al confronto, una violenza verbale inaudita.

Parlare di politica partecipativa quando le decisioni vengono prese in ambiti molto ristretti e divulgate attraverso un blog assunto come novella bibbia, è l’esatto contrario della partecipazione. Qui non si vogliono cittadini coscienti dei loro diritti e dei loro doveri, si vogliono piuttosto fanatici adoratori di un feticcio, ottusi replicanti di un verbo osceno, intolleranti fondamentalisti che riempiono delle loro volgari giaculatorie i nuovi templi dei social media. No, mi dispiace, ma in questo non ci trovo nulla di nuovo. È solo l’antico vizio che si ripropone in forme nuove. 

Quando ho visto Grillo affacciarsi alla finestra dell’albergo o quando qualcuno ha parlato di nuova marcia su Roma, mi son venuti i brividi. I tratti di un nuovo fascismo ci sono tutti. Le piazze reali dove una volta convenivano folle oceaniche per osannare il capo, sono state sostituite da piazze virtuali. Il balcone non c’è più, ma in cima al palazzo mediatico, affacciato allo screen invece che alla finestra, il capo è uno solo. Il manganello è stato sostituito dalla parola usata come clava. Il “vaffa” è il grido di guerra dei nuovi rivoluzionari. L’avversario in quanto tale va sbeffeggiato, irriso, distrutto. La volgarità di espressione è il tratto distintivo di questo movimento nato sull’onda di un’antipolitica ottusa e irrazionale, alimentato dai vizi di una politica che fatica a emendarsi, a trovare in sé il senso di una nuova moralità. Dire “noi siamo onesti” non significa niente. Governate prima, affrontate giornalmente i problemi che il governare comporta e poi ne parliamo. Il povero Pizzarotti, persona che io stimo, è stato messo in croce. A governare si sbaglia e anche se sei il sindaco più irreprensibile, non è detto che non ti succeda di ricevere un avviso di garanzia per un’indagine avviata dalla magistratura. Se “bufala” è un termine infelice per definire questo desiderio di partecipazione da parte dei politici all'inizio del loro mandato amministrativo, nel caso specifico dei 5 Stelle forse è più corretto usare il termine “imbroglio”.