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giovedì 30 agosto 2018

CHE FINE HA FATTO IL GOLF?

L’ultimo mio post relativo alle Fondazioni clarensi si ferma all’ottobre 2016 quando la rutilante mente del geometra Mometti tirò fuori dal cilindro la fantastica proposta di realizzare nell’antica sede del glorioso Istituto Morcelliano la Caserma dei Carabinieri.
La proposta era così bislacca che venne presa in considerazioni solamente dai Consiglieri Zotti e Campodonico, sempre alla ricerca di progetti fallimentari da offrire alla Città. 
Naturalmente se venne fatta quella proposta una ragione c’era. Il bicentenario Istituto, dopo la “valorizzazione” del proprio patrimonio operata dal vulcanico don Alberto, non aveva in cassa il becco di un quattrino, per cui offrire al Comune la sede dell’Istituto per farne la nuova Caserma dei Carabinieri, aveva il solo scopo di ricavare una rendita annuale con cui almeno pagare le bollette della luce.
Non se ne fece niente e il progetto fu messo nel cassetto in attesa di tempi migliori.
Ma che benefici ha portato alle Fondazioni la cosiddetta valorizzazione dei patrimoni? 
Come ho spiegato più volte l’unico beneficio l’hanno ricevuto quegli impresari che in un periodo di mercato immobiliare stagnante hanno avuto la possibilità di lavorare con i soldi altrui e fare affari senza rischi. Le Fondazioni, come ampiamente dimostrato negli ultimi anni, sono ormai dei gusci vuoti. Sedi prestigiose tutte ipotecate e niente soldi per svolgere le attività loro proprie.
Tre cose in particolare sono degne di menzione:
  • La faraonica ristrutturazione della Sede della Fondazione Bertinotti-Formenti;
  • La ristrutturazione della sede della Fondazione Opera Pia Bettolini;
  • Il campo da Golf.
Rimandando ad altro post un approfondimento sulle prime due questioni, avremo presto materia per parlarne, qui mi preme discutere della terza questione.
Che fine ha fatto il Campo da Golf, questione su cui sono stati versati fiumi di inchiostro, su cui si è dibattuto, ci si è scontrati, ci si è divisi?


L’architettura dell’operazione, da cui l’ex Sindaco Mazzatorta sperava di ricavare 2 o 5 milioni di euro per il nuovo Polo scolastico, si reggeva sulla costruzione di villette di lusso in piena campagna di Chiari. Qualcuno sa se qualche villetta sia stata costruita? A quanto mi risulta non è stato alzato neppure un muro e pertanto, si può dire che tutte le obiezioni sollevate a suo tempo da coloro che erano contrari a questa operazione, erano perfettamente valide. Non solo. Non sembra che il numero degli iscritti al Golf permetta anche minimamente un ritorno economico dell’investimento. 

Come si vede tutti i nodi stanno tornando al pettine e a terra non rimangono che i  miseri cocci di una stagione sciagurata.

sabato 21 novembre 2015

Scatole vuote

Mi piacerebbe che i Consiglieri Comunali di minoranza che giornalmente scrivono con molta passione su quella “interessante” pagina che è “In piazza a Chiari”, dedicassero una piccola parte del loro tempo per trattare, con dati di fatto alla mano, di una questione che riguarda da vicino la nostra Città, cioè dello stato delle antiche Fondazioni di Chiari.  Questione non piccola, tenuto conto dei patrimoni di cui sono titolari questi enti e dell’importante attività che dovrebbero svolgere in campo socio-assistenziale.
A seguito del rinnovo dei CdA della Fondazione Bertinotti Formenti (leggi qui) e dell’Opera Pia Bettolini, i nuovi amministratori hanno cercato di capire quale fosse lo stato dell’arte, cioè quale fosse la situazione economico-finanziaria delle due Fondazioni. Della terza, l’Istituto Morcelliano, si sa poco e quello che si sa è filtrato da narrazioni giornalistiche di seconda e terza mano.

Chiari - Fondazioni

La situazione, peraltro parziale per carenza di documentazione, è stata illustrata davanti alla competente Commissione Consiliare, nel corso di distinte audizioni pubbliche. A queste audizioni non ha partecipato la Fondazione Istituto Morcelliano.
Il quadro che emerge è allarmante e conferma quanto scritto su questo blog da cinque anni a questa parte. Gli amministratori che si sono succeduti nel corso dei dieci anni dell’Amministrazione Mazzatorta erano animati da un unico obiettivo, quello della trasformazione dei cespiti facenti parte del patrimonio dei vari enti per renderli, si diceva, più remunerativi. La parola magica usata è stata valorizzazione. Cioè dare maggior valore a terreni, cascine, caseggiati la cui redditività era molto bassa. Una valorizzazione dei cespiti e quindi una loro migliore redditività, avrebbe consentito di svolgere con maggiore efficacia le finalità proprie delle Fondazioni. Principio giusto e condivisibile se a gestire questo passaggio fossero state chiamate persone capaci e accorte. Ma così non è stato. 
Si trattava di gestire una fase molto delicata, in cui dovevano essere contemperate due esigenze: la trasformazione del patrimonio che per forza di cose doveva avvenire in modo graduale e la continuazione della “mission” dei vari enti che era, non dimentichiamolo, quella di carattere socio-assistenziale.
Gli amministratori però, aperti i forzieri e visto che in essi erano contenuti “patrimoni sterminati”, per usare le parole dell’ex Sindaco Mazzatorta, hanno perso il lume della ragione. Sollecitati da Prevosto e Sindaco, in breve volgere di tempo hanno avviato spregiudicate operazioni immobiliari volte alla vendita di buona parte del patrimonio dei vari enti da cui, come è facile supporre, sono derivate lucrose mediazioni. Ma poiché i soldi ricavati non erano sufficienti per ristrutturare le antiche sedi o avviare gli ambiziosi progetti, essi hanno acceso mutui e prestiti che hanno appesantito in modo insostenibile la situazione debitoria di tutte le Fondazioni. 
Quanto sia stata proficua l’opera di valorizzazione dei patrimoni ce lo può chiarire la seguente slide che è stata redatta sulla base dei dati forniti in sede di audizione presso la competente Commissione Consiliare dal Presidente della Fondazione Opera Pia Bettolini

Situazione patrimoniale Fondazione Opera Pia Bettolini

Come si vede nell’arco di 10 anni il patrimonio delle ente è diminuito di 2milioni 673 mila euro e i debiti verso le banche sono passati da zero a 3milioni e 43mila euro. Il fatto grave è che tale situazione si è determinata solo negli ultimi due anni, cioè a partire dal progetto di trasformazione del patrimonio esistente nell’unità immobiliare di viale Cadeo. Insomma, l’Opera Pia Bettolini da Fondazione ricca è stata ridotta, in breve volgere di tempo, a una

scatola vuota ormai priva di valore.

Non è però un fatto isolato.
La situazione della Fondazione Bertinotti Formenti apparentemente sembra meno compromessa, ma è solo un’impressione. Il patrimonio è sì aumentato di valore a seguito della ristrutturazione del complesso di via Rangoni, ma sono lievitati esponenzialmente anche i debiti e quel che più conta, anno con anno si stanno accumulando perdite che riducono drasticamente il Patrimonio Netto.  
La Fondazione non ha entrate sufficienti per far fronte regolarmente al pagamento delle rate di mutuo e sono già stati notificati alcuni decreti ingiuntivi per lavori, prestazioni e imposte e tasse non pagate.
La cosa più incredibile è che il costo della ristrutturazione della storica sede di via Rangoni è lievitato del 100%. Da un preventivo iniziale di 1 milione e 500 mila euro, si è passati a un costo, non ancora definitivo di 3 milioni di euro.  Purtroppo i lavori non sono ancora terminati e una parte dello stabile risulta ancora da ristrutturare. 


Parlare di questo immane dissesto esigerebbe ben più di un articolo, anche perché ci sono questioni che richiederebbero una trattazione a parte: mi riferisco alla vicenda del Bocciodromo e a quella paradossale del Cinema S.Orsola. Per non parlare poi della organizzazione interna delle Fondazioni, dei conflitti di interesse esistenti, della documentazione relativa a importanti operazioni carente o addirittura inesistente, delle operazioni avulse dall’attività propria degli enti. 
Come definire tutto questo? A voler essere benevoli si potrebbe parlare di sciatteria e superficialità, ma a essere benevoli si rischia di essere conniventi. Anche perché non si tratta di situazioni in qualche modo risolvibili. Qui ne va della vita stessa delle Fondazioni.   
Spero che i cosiddetti “uomini del fare” si rendano conto dei danni arrecati alla Città, ma a giudicare dalle prime reazioni sembrerebbe proprio di no.