martedì 16 dicembre 2008

C'era una volta...



C’era una volta una Città … beh, c’è ancora, anche se un po’ cambiata. Ma una volta - ai tempi di Napoleone – condivideva il titolo di “città” solamente con una quarantina di comuni italiani. Infatti già a quel tempo poteva vantare scuole, un’accademia umanistica, numerose chiese, servizi sanitari, eccetera, eccetera. Al punto che due intellettuali gesuiti del posto (uno si chiamava Mauro e l’altro Stefano) si omaggiavano dell’appellativo di “Pericle in questa Atene”; salvo poi ricorrere all’immagine di “Sparta” quando le truppe del solito Napoleone rompevano … l’incantesimo.

La Città, da sempre libera dai latifondi e priva di una vera classe nobiliare, aveva allora circa 8.000 abitanti ed era favorita da una solida economia basata principalmente sull’agricoltura e sulla lavorazione della seta; una prosperità che in seguito fece nascere anche diverse opere di beneficenza.

Questa “Età dell’oro”, per farla breve e rubando lo schema di Esiodo, continuò ad illuminare anche la successiva storia locale: le età dell’argento, del bronzo e del ferro (alle quali in questa sede si propone di aggiungere la fase di una materia ancor meno pregiata). Tant’è vero che verso la fine del Novecento qualcuno per descrivere la nostra Città ricorreva alla metafora iperbolica di piccola Atene”, senza troppa originalità, dal momento che la stessa figura retorica veniva usata da tempo per Sabbioneta, Treviso, Pietrasanta ed altri luoghi.

Poi venne l’ultima era, che coincise con l’ascesa al potere di nuovi dominatori. Questi, al grido druidico “R. ladrona”, “P. libera”, promettendo sfracelli, installarono il loro principe che, piano piano, volle far conoscere alla Città un periodo che non aveva mai vissuto: quello feudale.

Allora il principe, circondato dai suoi fedelissimi ed affiancato dal suo luogotenente, diede il via al suo programma.

Tanto per cominciare, in omaggio alla sfericità dello scudo celtico, sostituzione di tutti gli incroci con tante belle rotonde; talmente belle che dovette vendere il patrimonio immobiliare della Città.
Poi lanciò una serie di grandi progetti chiamati “Poli”, poli di qua … poli di là. Ma, siccome i soldi non bastavano, li lasciò disegnati sui tabelloni e si limitò a tradurre in ostrogoto il nome della Città sui cartelli d’ingresso.

C’è da dire che inizialmente voleva cacciare dal feudo tutti i forestieri, ma poi voleva anche aumentare la popolazione di 7.000 persone, per riempire le nuove case che i suoi amici dovevano costruire. Sta di fatto che in poco tempo i forestieri, invece di sparire, raddoppiarono.

Nel frattempo, per tenere fede al grido di guerra, estese i propri confini e posizionò una chiappa sulla Città-feudo e l'altra proprio al centro di “R. ladrona”.

Infine, con l’occasione della bega sullo spostamento mercato, sistemò anche l’antico Consiglio dei Venti (inteso come numero): da quel momento i suoi cortigiani ebbero la facoltà di usare le deliberazioni dell'antico Consiglio come carta igienica.

E fu così che la Città entrò nellEtà della m@@da.


Beppe Vavassori


P.S.: Ogni riferimento a persone o a fatti realmente accaduti non è puramente casuale, perché è auspicabile un risveglio dei "mandarini della Piccola Atene" (copiato dal titolo di un romanzo di Enzo Fontana su Treviso), prima che il sonno della ragione generi mostri (tanto per finire con un'altra citazione).

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6 commenti:

Anonimo ha detto...

consiglio "Marco Dotti - La Cultura clarense e gli uomini-imbuto" in http://jordigalbiati.ilcannocchiale.it/

Tanto per completare il quadro.
manuel
PS contiene anche un parere del giornalista del Manifesto (nonché docente univ e molto altro...) sulla nomea di "Atene" de noantri della ridente (ma che ciavrà da ride poi...) cittadina..

Anonimo ha detto...

Letto, letto e riletto. Forse un fine intellettuale, per di più di sinistra, per farsi capire da qualche persona in più dovrebbe usare una sintassi meno aristocratica.

Anonimo ha detto...

Non hai torto. Nello stesso tempo, per rimanere nelle iperboliche metafore, se "Atene" sta piangedo, non è che Sparta si spanciasse dal ridere... Semplicemente, ride e rideva di quello che vuole, tacciando gli altri (tutti gli altri) di scarso senso dell'umorismo.. Così non si va da nessuna parte...
PS immagino la risposta al mio precedente sia dell'autore, quindi fuori dal caso specifico proporrei di impedire in questo blog i commenti anonimi, non vorrei tornassimo ai tempi dell'Infor(n)machiari

Beppe ha detto...

L'anonimo non ero io, anche se devo dire che l'osservazione è ampiamente condivisibile (sostituirei il termine "sintassi" con il termine meno tecnico di "linguaggio"). Però anche tu ... dovresti essere un po' più chiaro: non si capisce chi piange, chi ride (Sparta?). Scusami sono un vecchio pedante.
Ciao Beppe

Anonimo ha detto...

Sono rimasto scottato dalle denunce che mi sono cadute addosso proprio partendo da pezzi del blog, e se vogliamo sono diventato talmente criptico che, in effetti, fatico a capirmi da solo. Mi riferivo e riferisco alla giunta della quale anche tu hai fatto parte, e della deriva dei suoi esponenti di cui parla Marco nel pezzo. Forse è un po' incomprensibile (sprt da chi quella sera non c'era o chi non ha parlato con chi c'era, come me), ma credo che Marco (con il suo linguaggio, i suoi difetti e le sue incazzature, tutte cose alle quali non credo sia grande fatica fare la tara...) dica cose giuste. Sono basito da alcuni fatti, non ultimo gli esponenti pd di napoli che sto ascoltanto parlare a radio24 e dire che "Assolutamente non penso a dimettermi, bisogna continuare a lottare". Lottare? LOTTARE? Io credevo che proprio in situazioni come queste avremmo marcato la differenza, ma non solo per i voti e il potere, ma per poter continuare a guardarci nello specchio senza sporcarlo di catarro ogni mattina. Invece siamo come gli altri ne più ne meno. Guarda Beppe, avrà avuto le sue porche ragioni, ma la persona che ammiro di più in questi giorni è Fini, e non credevo che sarei arrivato a questo. Tornando a noi: io credo tu abbia capito benissimo di chi e di cosa parla Marco, e a me piacerebbe sapere cosa ne pensi. Si può, se volete, trasferire qui quel pezzo, o trackbaccarlo, come volete. Basta nn far finta di niente.
manuel

Beppe ha detto...

Capisco le tue incazzature, come penso di avere capito ( ma a grandi linee) l'intervento di Marco Dotti. Però, se vuoi per ragioni di limiti personali (nonché igieniche), tralascerei la politica sul piano nazionale dove c'è il rischio di perdere la bussola, quando il Fini eretico ci fa dimenticare il ruolo di scudiero di Berlusconi. Al livello locale invece potremmo essere più incisivi(forse), anche perché non mi pare che ci sia stata una deriva (verso dove?)dei componenti della precedente giunta Facchetti.
Caso mai si può parlare di un disimpegno, sul versante politico, dell'ex-sindaco. Vorrei infine precisare che io, pur simpatizzando ma nel contempo non lesinando le critiche, non ho mai fatto parte di quella giunta, per il semplice fatto che a quel tempo ero un dipendente del Comune.