Ricevo da un amico che si firma scherzosamemente Annibale Scannagatti questo bellissimo, breve racconto. Lo pubblico perchè parla di noi, del nostro mondo, delle nostre regole, della nostra difficoltà di capire gli altri, di guardarli senza pregiudizi. Persone. Persone che arrivano qui da mondi lontani, attraverso esperienze che manco immaginiamo. Non voglio fare la parte di chi pensa che i problemi siano semplici e facili da risolvere. I problemi sono complessi, maledettamente complessi, ma forse noi ci mettiamo un di più per renderli ancora più complicati. Il racconto alla fine solleva un problema reale che ci riguarda da vicino. Forse sarebbe utile che i nostri consiglieri e non solo loro se ne facessero carico.
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Una mattina
Mi sono alzato
O bella ciao, bella ciao, bella ciao ciao ciao
Una mattina
Mi sono alzato
E ho trovato l’invasor.
Scrivo al buio, quindi perdonatemi la forma. Scrivo al buio della cantina dove sono nascosto ormai non so più da quanti giorni. Con mia moglie. Sono nascosto con mia moglie, che è pure incinta. Qui in Africa le cose vanno così, dicono. Io non l’ho mai creduto, forse perché non ho mai voluto crederlo.
Sono arrivati alle 5 del mattino. Per mia fortuna ero sveglio. Curo la rassegna stampa per un radio della capitale, e alle 6 devo essere in redazione. Il sergente che ha bussato alla porta non aveva più di 11 anni, a giudicare dalla voce, ed era sicuramente fatto come un cavallo. Io e mia moglie ci siamo infilati nella tromba della spazzatura (santi palazzi coloniali!!) e l’abbiamo scampata per un pelo. Ma adesso, quanto dovremo stare nascosti fra topi e scarafaggi?
Mio suocero mi ha portato 3000 dollari americani. Mi ha detto che se riesco ad uscire dal paese, posso raggiungere un ufficio dell’ONU, così sarei salvo. “Anche se sei muzzu” mi ha detto. Lui è tafti. Fino ad oggi non l’avevo mai considerato un tafti, come non mi ero mai considerato muzzu. Chi pensa anche solo un minuto al giorno con la propria testa sa che questa è una distinzione che non esiste, che non ha basi scientifiche. Tuttalpiù tribali. In ogni modo, ci ha portato 3000 dollari americani, i risparmi di una vita.
La situazione è cambiata, ma scrivo sempre al buio. Da quattro giorni siamo accampati davanti alla ambasciata francese, non più nel nostro paese, dove c’è la sede dell’ufficio ONU per i rifugiati o per i richiedenti asilo. Abbiamo il nostro bel numeretto, 12973.
L’addetto al rilascio dei documenti per lo status di perseguitato ha parlato chiaro “Lei non è in grado di dimostrare di essere perseguitato dall’attuale governo del suo paese, quindi noi non possiamo fare nulla”. Ha telefonato al ministero degli Interni del mio paese, dove gli hanno detto che posso tornare quando voglio, mi aspettano a braccia aperte. Il coglione, in fin dei conti, sono io: avrei dovuto far firmare un documento alla squadra della morte che è venuta a prendermi, o almeno farmi lasciare il numero di cellulare del sergente…
Abbiamo deciso, andiamo in Europa. Via Libia. Io parlo lo swantzi, l’inglese e il russo, sono laureato in filologia inglese e ho pubblicato numerosi saggi, oltre al lavoro in radio. Troverò ben lavoro in un paese civile.
Scrivo al buio, scusate la forma. Sono passate diverse settimane, mia moglie è al sesto mese ormai. Ci hanno pure separato, in Libia, e siamo riusciti a ritrovarci solo una volta usciti di prigione. Sì, ci hanno messo in prigione. Dice che queste sono le normali procedure con i richiedenti asilo o con i “sospetti”. In poco più di tre mesi sono passato da “stimato dottor” a “sospetto”. Non mi lamento, sono vivo. Scrivo al buio perché stiamo aspettando chi ci porterà verso la libertà, l’uguaglianza e la giustizia: l’Italia. Stiamo aspettando il barcaiolo, il nostro Caronte al contrario.
Scrivo al buio, scusate la forma. Mi hanno nuovamente separato da mia moglie, qui nel centro di prima accoglienza dove ci hanno rinchiuso dopo lo sbarco. Avrei voluto spiegarmi con i Carabinieri (qui in Italia la polizia si chiama così) che ci hanno accompagnato, ma nessuno di loro parlava accettabilmente l’inglese o il russo.
Sono passati due mesi e mezzo, e mia moglie dovrebbe, credo, partorire fra poco. Qui nel centro di prima accoglienza tira una brutta aria, sembra che ci rimpatrieranno.
Scrivo al buio, scusate la forma. Siamo scappati, io, mia moglie e la bambina. Abbiamo approfittato del ricovero per il parto. Mia moglie, fra l’altro, non è riuscita a spiegare la propria allergia ad alcuni farmaci (con tutto che lei è medico…) perché nessuno in ospedale parlava in modo accettabile l’inglese o il russo. Uno dei medici, con un accento diverso degli altri (mi dicono che è del nord) mi ha detto che sapendo di immigrare in Italia avrei dovuto imparare la loro lingua, i loro costumi e la loro religione. Ha ragione, il cretino sono io, avrei dovuto chiederlo al sergente della squadra della morte che è venuta per prenderci “Secondo lei dove trovo un libro di italiano, comprensivo di usi e costumi?”. Me ne sono dimenticato. Colpa mia.
Siamo scappati al nord. Scusate se scrivo al buio, ma in questo appartamento, con tutti immigrati senza documenti, la luce elettrica non si accende, altrimenti capiscono che ci viviamo in 15. Ho trovato anche un lavoro, metto i sanpietrini nelle strade, qui a Chiari. Mia moglie aiuta i venditori abusivi quando hanno un problema di salute, anche se essendo esperta in studio del DNA non è che possa fare molto. Ma almeno quelli parlano accettabilmente l’inglese e si può fare una anamnesi accettabile.
Ovunque andiamo la gente ci parla a voce altissima e ci da subito del tu. Io ho imparato l’italiano alla fine, ma nonostante i tre anni trascorsi qui in provincia di brescia, ancora non ho i documenti. La gente ci guarda storto, forse a causa della crisi economica, o forse perché siamo muzzu, ma mia moglie è tafti!, ho provato a dirlo al signore dell’ACSU, ma lui mi ha risposto che non gliene frega nulla dei nostri orientamenti sessuali.
Scrivo al buio, scusate la forma. Ho deciso di mandare mia figlia a scuola. Vorrei che seguisse la tradizione delle nostre famiglie e si laureasse, magari in astronomia, come il nonno. Ho scoperto che la costituzione di questo paese garantisce l’istruzione a tutti, proprio a tutti. Finalmente una cosa all’altezza della storia italiana!
Scrivo al buio, per risparmiare sulla bolletta della luce. Devo pagare quasi duemila euro per il primo anno di mia figlia alla scuola materna, li devo pagare tutti insieme e subito. E’ perché lei non è residente a Chiari e neppure in Italia (visto che non esiste per lo Stato) e quindi per darci una mano ad uscire dal cono d’ombra ci chiedono di pagare tutti i servizi (bus, mensa eccetera) in una volta sola (gli italiani pagano ogni due mesi) con una maggiorazione di 300 euro. Io credo che sia perché io sono muzzu. Non vedo altra spiegazione.
scritto da Annibale Scannagatti
3 commenti:
tanto bella e commevente che nessuno la commenta
Naturalmente non una parola sulla sostanza, il pezzo è solo brutto, quando non si trova un buon argomento per controbattere, vai con gli insulti: quando eri assessore te favorivi tuo cugino! sei un ciccione! e via così. Se è vero che addirittura siete pagati per farlo (come spero, altrimenti sarebbe veramente grave...), la pagnotta potreste guadagnarvela meglio... Vabbè che a giudicare dal resto del lavoro, questo è il livello.
Questi addetti alla vigilanza informatica a spese del cittadino riescono a formulare sì e no dieci parole:
"vi brucia
rosicate
siete dei meserevoli
mi fate pena".
Di più i loro sparuti neuroni non riescono a elaborare.
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