Mi chiedo cosa succederà quando l'emozione per la morte del povero Aylan scemerà e tutti saremo presi dai nostri piccoli grandi problemi che ci faranno dimenticare che là fuori c’è un mondo in subbuglio. In questi giorni la morte di quel bambino e le sue immagini terribili ci hanno a tal punto scosso che siamo stati costretti a prendere atto del dramma che si svolgeva sotto i nostri occhi, ma che facevamo di tutto per non vederlo.
Le immagini hanno la capacità di suscitare emozioni e spesso arrivano dove le parole non ce la fanno. Noi possiamo riempire enciclopedie di parole, possiamo scrivere libri, articoli su giornali, post su siti e blog. Eppure i problemi non ci prendono perché le parole, solo quelle, non riescono a creare la necessaria empatia che ci faccia dire “questo problema è anche mio”.
Le immagini, quelle sì. Specie se sono immagini vere, cioè immagini che riprendono la pura realtà, quelle che raccontano la storia mentre si sta svolgendo, immagini che non hanno bisogno di artifizi per rappresentare quello che vogliono rappresentare.
L’emozione passerà, ma i problemi continueranno ad assillarci. Saranno talmente duri che faremo di tutto per stornarli da noi. Ci prenderà il timore di non riuscire a governali e forse avranno la meglio i fomentatori di paura, quelli che hanno buon gioco a dire “vedete che avevamo ragione ad avvertirvi che non esiste altra via se non quella di alzare muri? Siamo due mondi incompatibili: noi la civiltà, loro la barbarie”.
Siamo a un momento di passaggio. L’umanità è su una barca malferma che fa fatica ad andare e imbarca acqua. O ci salviamo assieme o periremo tutti. Non c’è altra soluzione.
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