Alessandro Cugini, Segretario della Lega di Chiari, forse a causa della giovane età e della mancanza di esperienza, non si rende conto della gravità di certe parole e derubrica come “cazzate” affermazioni quali: “Io a questi qua un colpo in testa avrei il coraggio di darglielo” - “Caro Sindaco, spero che uno di questi profughi scappi, ti ammazzi la famiglia e ti stupri la moglie” - “Ci vorrebbero i forni” - “Solo due parole: pulizia etnica”.
Le frasi sopra riportate sono solo una parte di quel florilegio che circola sulla rete e in particolare sulla pagina “In Piazza a Chiari”, che come ognuno sa è il luogo virtuale dove di preferenza amano scrivere i leghisti clarensi.
Se Cugini avesse un minimo senso dell’etica politica, eliminerebbe subito quei commenti che si prefigurano come incitamento alla violenza, all’odio razziale e alla xenofobia. Ignaro dell’importanza delle parole, egli invece alza le spalle e risponde “cazzate!”.
Il problema di fondo di questi dilettanti allo sbaraglio è che non sono capaci della minima analisi politica. Se lo fossero, forse cercherebbero di spiegarsi il perché una città conservatrice come Chiari abbia oggi un’Amministrazione di centrosinistra.
Mazzatorta ha avuto dalla sua tutto: numeri, soldi, fortuna. Eppure i risultati sono stati modesti. Sono state più le cose non fatte che quelle fatte, sono stati di più i fallimenti che i progetti realizzati. Non starò a ripetere la litania, sarebbe troppo lunga. Due cose però gridano vendetta al cielo: i soldi buttati in quel pozzo nero rappresentato dal Polo della Cultura - a proposito il milione regalato a Eleca non siamo riusciti ancora a recuperarlo - e le due voragini di via Sandella. Mi fermo qui per carità di patria.
Se ci fosse capacità di analisi, i cari amici leghisti e i loro alleati, si interrogherebbero sul valore di quella stagione politica che si è conclusa miseramente con l’arresto di uno dei loro più insigni rappresentanti e con il fallimento delle secolari Fondazioni, orgoglio di una Chiari munifica e solidale. Come spiegato in altra sede, “seppure si tratti di questioni fra loro assai diverse, entrambe traggono origine dallo stesso modo di concepire il rapporto fra politica ed economia, un rapporto perverso fra strutture affaristico-speculative e il sistema politico istituzionale che ha consentito di affondare le mani nella borsa del bilancio pubblico e negli sterminati forzieri delle Fondazioni”. Le risposte a questi fatti di una gravità inaudita, sono state reticenti e infastidite.
Oggi, messi di fronte al fallimento certificato delle Fondazioni da loro gestite, sollevano lo schiamazzo su rom, moschee, profughi e furti. Non avendo altro da dare alla città, le offrono le loro ossessioni, e pur di sollevare polveroni ciarlano di “forni”, “pulizia etnica” e “colpo in testa” .
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