“Il pensiero del Morcelli può essere interpretato in cento modi, ma è molto chiaro: questo patrimonio deve andare a finire metà di qua e metà di là” (Consiglio Comunale 12.07.2010)
“Si tratta di far pervenire al Comune, attraverso una donazione, una parte del patrimonio della Fondazione da investire nella realizzazione del Polo scolastico di via Roccafranca...un lavoro di 6 o 7 milioni...”(Giornale di Brescia 20.11.2010)
Con la brutalità di linguaggio che gli è tipica, il Sindaco esprime, con queste dichiarazioni, il chiaro obiettivo dell’Amministrazione Comunale: rinunciare a un suo rappresentante in seno alla Fondazione “Istituto Morcelliano” per avere in cambio la metà del patrimonio dello storico ente. Eliminati tutti i fronzoli e le libere interpretazioni di ciascuno, l’affare della modifica dello Statuto della Morcelliana si riduce a questo: una separazione consensuale fra Parrocchia e Comune, con conseguente, profumata liquidazione di quest’ultimo. Una vera manna dal cielo. Tutto il parlare sulla necessità di “ampliare le possibilità operative dell’Ente”, sulla “conversione e valorizzazione del suo patrimonio”, sono espedienti dialettici utilizzati per giustificare un’operazione altrimenti ingiustificabile.
Occorreva tutta la caparbietà di Beppe Ramera per portare la questione alla luce del sole. Fosse dipeso dal Sindaco e dal Parroco, la cosa sarebbe rimasta nel riserbo delle “segrete stanze”, come fosse cosa privata. Ma la cosa privata non è, perchè la Fondazione, istituita quasi due secoli fa dall’Abate Stefano Antonio Morcelli, è un patrimonio della città di Chiari e il Prevosto e il Sindaco non possono disporne a loro piacimento. Non possono.
Nessuno comunque ha ancora spiegato come si possa valorizzare un patrimonio cedendone ad altri la metà. Evidentemente la finanza creativa ha trovato nuovi adepti anche sulle rive della Castrina e quello che ai comuni mortali appare evidente, per certi soloni evidente non è. Bisogna dirlo chiaro e forte: dopo questa operazione l’Istituto Morcelliano varrà, in termini patrimoniali, la metà e nessun illuminato argomento potrà cambiare questa semplice e lapalissiana verità.
Si voleva valorizzare il patrimonio? Bene, che necessità c’era di cambiare lo Statuto? Che problema creavano le norme in vigore sino all’altro ieri? Nessuno.
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il sen. Sindaco Sandro Mazzatorta |
La modifica dello Statuto è invece funzionale a questa Amministrazione Comunale per reperire i fondi necessari alla realizzazione di un nuovo Polo scolastico.
Dopo aver buttato 9 e più milioni nella realizzazione di un numero indefinito di rotonde già sfasciate, dopo aver speso 6 milioni e mezzo per tirare su un inutile Museo della Città, dopo aver sperperato una montagna di soldi in consulenze che nulla hanno dato alla città, per non parlare dei soldi dati ad Eleca e spesi nel fantomatico Polo della Cultura, oggi questa Amministrazione si trova alla canna del gas. Cerca disperatamente di reperire fondi per fare qualcosa e mettere mano alle scuole che di questo passo cadranno a pezzi. Il Patrimonio Comunale è stato ampiamente venduto, dissipando in breve tempo quello che era stato messo da parte in lunghi anni da coloro che l’avevano preceduta. Oggi si tenta di vendere in tutti i modi anche quel poco che rimane (vedi l'ennesima asta deserta per la vendita scontata dell'area di via Ricci). L’indebitamento è stato portato alle stelle e accedere a nuovi mutui è diventato complicato. Dove trovare soldi, dove mettere le mani?
Rimangono i gioielli di famiglia, quelli che si portano al banco dei pegni quando la situazione è disperata, quelli che ci hanno lasciato i padri dei nostri padri dei nostri padri, testimonianza di una società lungimirante e solidale: le Fondazioni. Gli occhi avidi del Sindaco e della sua Giunta guardano, sospirando, questi gioielli posti nel cassetto. Perchè lasciarli lì quando “abbiamo bisogno di tante cose”, perchè non mettere in movimento questo “patrimonio immobiliare sterminato”?
E così queste gloriose Istituzioni che hanno attraversato i secoli, passando indenni attraverso guerre, rivoluzioni e rivolgimenti politici e sociali, vengono oggi saccheggiate nei loro patrimoni per mettere le pezze a una politica scellerata che ha fatto dello spreco del denaro pubblico il proprio indirizzo.
Dispiace che la Parrocchia voglia assecondare questo cammino, soggiacendo a strategie persuasive di personaggi il cui unico scopo è quello di fare cassa. Politiche giovanili, minori in difficoltà, situazioni di disagio, sono questioni che neppure vengono prese in considerazione da costoro. Qui si parla solo ed esclusivamente di soldi : “metà di qua e metà di là”.
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Istituto Morcelliano |
Restringere poi la propria azione a un recinto più esclusivo e “un po’ più povero”, sembrerebbe quasi tradire le indicazioni dell’Abate Morcelli che ha indicato nei massimi rappresentati della città (quello civile e quello religioso) i responsabili della cura dei giovani, in particolare quelli in difficoltà. Col nuovo Statuto questa sinergia rischia di terminare. Il Comune continua a ritrarsi da una responsabilità che gli è propria, delegando alla Parrocchia e alle persone che gestiscono la Fondazione e i Centri di Aggregazione Giovanile il compito di seguire il delicato settore delle politiche sociali rivolte ai giovani.
Affermare che il vecchio Statuto fosse un ostacolo allo svolgimento di quelle attività necessarie per mettere la Fondazione al passo con i tempi e in grado di valorizzare il proprio patrimonio è contraddire quello che è stato fatto negli ultimi anni e di cui giustamente ci si compiace. Il vecchio Statuto considerava la possibilità di svolgere “attività accessorie” in quanto “integrative allo scopo istituzionale”. Questo ha consentito di organizzare da parte dei bracci operativi della Fondazione (i Cag) “concerti, manifestazioni sportive o culturali” e tutte quelle attività aggregative che, in quanto rivolte ai giovani, ne possono prevenire il disagio. Questo ha consentito ai rappresentanti della Fondazione di ideare nuove soluzioni per valorizzarne il patrimonio (vedi campo fotovoltaico). Non sembra che su questo siano mai stati sollevati problemi o obiezioni insormontabili.
La modifica dell’art. 3 dello Statuto, nella parte in cui prevede la “cessione senza corrispettivo di parte del patrimonio attraverso donazione modale o datio ob causam” “ad altre organizzazioni e/o enti pubblici” “al fine di garantire il raggiungimento dei propri fini statutari” si pone in conflitto con l’art. 4 dove sta scritto che “il patrimonio della Fondazione è costituito dai beni immobili destinati a sede degli uffici... e dagli altri beni immobili e mobili inventariati, già ricevuti o di futura acquisizione attraverso eredità, lasciti e donazioni o per effetto di trasformazioni patrimoniali, destinati alla produzione di redditi da impiegare per il raggiungimento dei fini istituzionali.” Se ciò non bastasse, viene ribadito che la “Fondazione ritrae i mezzi necessari per l’esercizio della sua attività istituzionale: a) dal reddito del proprio patrimonio mobiliare e immobiliare” come sopra pervenuto “b) da rette, tariffe e contributi versati da enti pubblici in genere, nonchè da soggetti privati; c) da ogni altra rendita o entrata non destinata ad incremento patrimoniale, ma al finanziamento dell’attività.”
Mi pare evidente che i padri fondatori si siano massimamente preoccupati di salvaguardare l’integrità del patrimonio in quanto solo un patrimonio integro, ben conservato e, se possibile, incrementato, può consentire il raggiungimento dei fini istituzionali.
Questo è stato fatto per quasi duecento anni. Sarebbe una bestemmia se oggi, di fronte alle assurde pretese di chi non ha saputo neppure tutelare il patrimonio appartenente alla città di Chiari, si contravvenisse platealmente a questa precisa e ineludibile prescrizione.
Le Fondazioni non sono galline da spennare. Sono il prezioso lascito dei nostri padri che noi abbiamo ricevuto e che abbiamo il dovere di trasmettere alle future generazioni.
Enzo Maragucci